Rita Pacilio [voce]

Rita Pacilio recita la sua poesia finalista all'European poetry Tournament 2013, inedito che apparirà nella raccolta di prossima pubblicazione "Quel grido raggrumato" (LVF, 2014) - Musiche di Claudio Fasoli
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Ricorderà il suo peso affaticarsi
Ricorderà il suo peso affaticarsi
il raffreddore uscire dalla casa
quello spigolo di gomito avere
fame, sete e digiuno.
Respirava il sapore della stalla
una tinta più forte della libertà
vorrebbe fare un fischio alla sua cagna
farsi leccare semplicemente.
Quando si ruba la carne di un'altra
si procede in modo veloce
conserva il fiato, tace, aspetta
il momento buono per smettere il gioco.
(Prima le ginocchia erano strette e la schiena al suo petto era ferma all’indietro. Una mano sulla bocca a tacere l’urlo, l’altra lì a setacciare il nome dall’impalcatura. Pensava fosse così la morte: con le dita d’acciaio, inanimata, senza voce. Le galline nel pollaio lamentavano l’uovo e fremevano al godere disfatto del lattaio delle ore otto. Dai suoi pantaloni sudici di mucca munta lei scendeva taciturna e aperta, come da una tempesta o una vetta).
Questa poesia di Rita Pacilio affida all’implacabilità della memoria le tracce indelebili di uno stupro. Lo fa senza decori o rancori: ci consegna un fatto crudo, visto da differenti angolazioni, consegnandoci una sequenza cinematografica in cui l’occhio dell’osservatore incontra i corpi e i vapori, i dettagli di una scena che diventa archetipica. Il gesto dominante è il rubare, che diventa atletismo e guerra, condizione disumana del vivere la sottomissione, come quella di tutti gli esseri che patiscono “fame, sete e digiuno”. La specifica violenza raccontata non è tuttavia soltanto un episodio di lotta fra due esistenze, dove l’una soccombe e l’altra gode: rappresenta piuttosto la condizione di ogni relazione in disequilibrio estremo, senza dialettica, dove in gioco è il potere e, per converso, la libertà dal vincolo. Che sia di un singolo o di un popolo poco cambia. È il carnefice che decide i tempi e i luoghi del sacrificio, compiuto a proprio esclusivo interesse; è la vittima che patirà per sempre il ricordo di quella morte simbolica. Che poi, qui, simbolo non significa astrazione, bensì violenza tatuata, memoria indelebile anche olfattiva, uditiva, che tornerà ogni volta che la vita vorrà, per l’alchimia imprevedibile che la caratterizza. Brava la Pacilio a portarci emozioni e ambiente in due quartine senza tempo, grazie ai verbi coniugati all’infinito e all’imperfetto, per poi, nell’ultima quartina, rendere lapidario il commento, raccontandolo al presente. Il “ricorderà” incipitario è la cicatrice indelebile, il tatuaggio, appunto, che nessun futuro potrà cancellare.
Stefano Guglielmin in blanc de ta nuque
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Quel grido raggrumato | ||
autore: | Rita Pacilio | |
collana: | Le Voci Italiane | |
€ 9,50
€ 10,00
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