E LA POESIA? BENE, GRAZIE! (Guido Oldani)
21.09.2015

E LA POESIA? BENE, GRAZIE!
Quotidiano Avvenire 30 luglio 2015
Quotidiano Avvenire 30 luglio 2015
D’estate, si sa, quando le notizie scarseggiano, nei giornali c’è posto persino per la poesia. Stavolta. però è diverso, c’è aria da ultima ripresa negli incontri di pugilato. La collana storica della Mondadori è stata spazzata via. Erano però anni, gli ultimi, in cui sembrava di essere agli sgoccioli della Repubblica sociale di Salò. Vi era una specie di doppiezza per cui quello che veniva detto ai microfoni o nei sempre più rari articoli giornalistici di critica, era l’opposto di quanto sentivi bisbigliare con furore nei corridoi. In realtà, al di là di singoli nomi e responsabilità, si era chiuso un periodo storico e se ne apre, credo, un altro. L’esercito poetico avanzava lungo, schematizzando, tre colonne. Gli ultimi bagliori di una neoavanguardia che, per il vero, trovava dimora abbastanza periferica; il mito che, a furia di spremere l’edulcorato limone della bellezza, si era trovato oramai ai noccioli della bruttezza; il serenismo che col fluire dei decenni diveniva sempre più raffinato ed implosivo. Ciò naturalmente non precludeva ai singoli autori di poter pronunciare ancora una valida parola. Ricordo bene quando nell’85 Raboni lamentò l’inadeguatezza della ricerca poetica editoriale. All’inizio del millennio, si era rovesciata la bilancia e la maggior parte dei terrestri si era catapultata a vivere nelle metropoli. Anche gli orsi quando si scioglie, frantumandosi, il ghiaccio sotto le loro zampe per non annegare si gettano a nuoto. Da noi, inspiegabilmente, la cultura non seppe prendere atto ed esprimere quello che stava accadendo. Non c’era più ghiaccio sotto i piedi ma si persisteva a camminare sulle acque. L’occidente era sempre più piccolo e trascorreva il suo tempo a ruminare le sue spaventose guerre mondiali ma il mondo era incredibilmente di più. Come diceva Husserl:“ La verità è più ampia dell’evidenza”. La globalizzazione era la nuova gabbietta e ricordo, agli inizi del 2000, il convegno di Losanna “Varcar frontiere”. Denunciai l’insufficienza, in poesia, nell’espressione della realtà. Subii un contrasto isolante da parte della delegazione italiana, solo il vecchio Luciano Erba fu con me. Il tempo galoppava e mi accorsi della definitività della betoniera metropolitana. Un mescolamento di corpi umani e oggetti prevalente e crescente. L’Italia lo sa persin troppo bene. Gli oggetti erano diventati oramai l’unità di misura del linguaggio, la pietra di paragone nella “similitudine rovesciata”. Si poteva ridire daccapo il mondo in un modo completamente altro. Nacque, nel 2010, il Realismo Terminale, che dava voce a tutto ciò. Si accese un dibattito proficuo e gli studenti, con le loro tesi, diedero nuova linfa. Così venne al mondo il nostro mondo. Condividemmo la partita con il marchigiano Giuseppe Langella, la siciliana Elena Salibra e il calabrese Franco Dionesalvi. Si unirono anche narratori come il giovane Marco Pellegrini e Paolo Lagazzi, di cui non posso non segnalare il notevole recente romanzo Light stone, acutamente realistico terminale fino al midollo. Si aggiunsero inoltre gli attori Gilberto Colla e Corrado Calda ed un manipolo di artisti visuali, tra i quali Alessandro Mangiarotti, Francesca Nacci.e Michele Cannaò. Ora, nella mia misuratissima collana Argani dell’editore Mursia, stiamo per proporre un’antologia generalista di poeti, a cura di Daniela Marcheschi e un’altra di tendenza realistico terminale, a cura di Giuseppe Langella. Vi sono riviste come la venticinquennale Kamen di Amedeo Anelli che riflettono bene sull’oggi ma a partire dal primo novecento. E’ lì che sta per essere partorita, con le edizioni Ticinum, una collana dedicata ai poeti stranieri. E i giovani? Sono stati dati in pasto strumentalmente alla supposta fine delle poetiche, mentre possono rappresentare, e lo fanno, una decisiva scossa alla paralisi poetica Noi realisti terminali abbiamo una proposta da offrire, ben diversa dal niente o dal serpeggiante inutile rancore. La poesia, così come le religioni, fra alti e bassi, non finirà mai. E dunque, come va il lavoro poetico? Bene, grazie.
Guido Oldani