La Mosca 24: S. Aglieco su Osip Mandel’štam a Voronež
Sguardo e visione (24)
|
|
autori: | Gabriela Fantato |
formato: | Fascicolo carta |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Estratto dal nro 24 de LA MOSCA DI MILANO – Intrecci di poesia, arte, filosofia per acquisti e abbonamenti
Sebastiano Aglieco
La parola permeata
Osip Mandel’štam a Voronež
Se mi prendessero i nostri nemici
e gli uomini smettessero di rivolgermi la parola;
se mi privassero di ogni cosa al mondo,
del diritto di respirare e di aprire le porte
e di ripetere che ci sarà la vita
e che è il popolo giudice che giudica;
se osassero tenermi come un animale
e per terra mi gettassero il cibo
– non resterò in silenzio, non trangugerò il dolore,
ma traccerò dei disegni a mio piacere
e suonando a stormi il corpo nudo
e destando l’angolo della tenebra ostile
aggiogherò dieci buoi alla mia voce
e spingerò la mano nel buio come un aratro
e stretto in un mare di occhi fraterni
cadrò con la pesantezza di un intero raccolto,
con la concisione di un giuramento che prorompe lontano,
e nella profondità della notte di guardia
avvamperanno gli occhi della terra-manovale,
balenerà lo stormo degli anni fiammeggianti,
matura tempesta, Lenin stormirà,
ma sulla terra scampata allo sfacelo
Stalin distruggerà ragione e vita.
Voronež 1937
(traduzione di Serena Vitale)
Quando, nel lontano 1995, mi chiesero di scrivere un testo teatrale 1 per evocare uno dei tanti campi di concentramento presenti in Italia – Ferramonti di Tarsia in Calabria, il più vasto – avevo fra le mani una vecchia edizione delle poesie di Mandel’štam edita da Garzanti e curata da Serena Vitale.
Si trattava di rendere la voce di un poeta, una presenza cosciente che si aggira fra acquitrini e malaria, richiesta di chinino e pane al mercato nero: una voce che non rinuncia alla propria necessità di testimonianza, al proprio taccuino sgualcito, a costo di perdere la vita. Non scrissi quel testo ma semplicemente mi parve necessario riportare la chiarezza di una parola pronunciata a voce alta, e cioè alcuni versi del grande poeta russo: «Le ciglia pungono. Nel petto s’incrosta una lacrima./Senza terrore fiuto l’approssimarsi della tempesta./Qualcuno, strambo, mi spinge a scordarmi di qualcosa;/mi manca l’aria, eppure ho una voglia da morire di vivere».
E’ incredibile come, ancora nel 1972, la critica si trovasse impreparata di fronte agli ultimi testi inediti di Mandel’štam, spartiacque netto, certo, rispetto alla prima fase della sua produzione: «Non più spazi stellari, planetari, ma monotone pianure, «asmatica vastità» […] Non è ancora il momento, forse, per un approccio specificatamente critico alle poesie condannate di Mandel’štam: troppo recente è la loro scoperta, troppo emotiva la lettura che esse impongono in prima istanza».2
C’è già, in effetti, in questo primo approccio, l’idea di uno sguardo vasto e verticale contrapposto a uno sguardo orizzontale, di pianura, in cui la parola non sembra più indicare una visione ma subisce, invece, la visionarietà di un’utopia storica: «Mi incalza alle spalle il secolo-canelupo».
Si è parlato, a proposito di questo Mandel’štam grandioso, di capacità di intessere vaste campiture re; gesto da costruttore, da mosaicista: vastità omerica, pindarica. E come grandi costruzioni architettoniche ci appaiono, in effetti, i testi degli anni venti 3.
Questo passaggio dalle soluzioni lapidarie e gelate delle prime poesie 4, è da intendersi come una declinazione necessaria dal simbolismo all’acmeismo. L’atemporalità, il verticalismo del primo, della turris eburnea distaccata e lontana dal mondo e più vicina all’idealità delle stelle, si contrappone la visione di una poetica in cui bisogna amare l’esistenza delle cose più delle cose stesse, il peso di una cultura vissuta ma profonda; di una disponibilità esistenziale. 5 [...]
Continua la lettura dell’intero articolo sul blog di Aglieco “Compitu re vivi”
Note:
1 Ferramonti di Tarsia, compagnia teatrale DelleAli.
2 Dall’introduzione di Serena Vitale a poesie, Garzanti 1972: testo di riferimento per la stesura di questo lavoro.
3 Per esempio: Trovando un ferro di cavallo, Ode all’ardesia, 1 gennaio 1924.
4 Pietra, Tristia.
5 Serena Vitale nell’introduzione.