Su Ophelia blog intervista a Luciana Benotto
![]() Il Duca e il Cortigiano
|
|
autori: | Luciana Benotto |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
https://stefaniaromito67.wordpress.com/intervista-a-luciana-benotto/
Intervista a Luciana Benotto
Carissimi amici, oggi sono particolarmente contenta di presentarvi una scrittrice milanese che stimo davvero molto per la sua competenza e professionalità. Il suo nome è Luciana Benotto e a breve approfondiremo la sua conoscenza con questa bellissima intervista
Ciao Luciana, tu sei un’insegnante di Lettere, appassionata e molto attenta all’aspetto geo-storico del nostro territorio, infatti hai pubblicato diverse ricerche di questo tipo studiando gli insediamenti umani e produttivi nell’area sud di Milano. Sei anche una giornalista impegnata, per tre anni hai tenuto una rubrica sul settimanale “Città Oggi”, intitolata: “Eventi e personaggi del nostro territorio”. Ci vuoi parlare di queste tue esperienze?
Vedo che sei andata a frugare nei miei cassetti e hai rilevato l’interesse che ho per la geografia e la storia; effettivamente mi laureai con una tesi geografica sul Sud Milano, perché questa disciplina mi è congeniale: amo viaggiare e scoprire il mondo in quanto ritengo apra la mente. Chi parte con la consapevolezza di essere un viaggiatore e non un semplice turista, ritorna arricchito. Il turista è colui che ha fretta e a questo proposito è stata coniata la frase “mordi e fuggi”, il viaggiatore invece si siede anche sulle panchine ad osservare con calma il nuovo posto e le persone che lo abitano. Questo interesse mi ha dato la possibilità di diventare giornalista e occuparmi di territorio. Ho tenuto rubriche per ben nove anni sui giornali dell’alto milanese, dove attualmente risiedo, seguite da fan che ritagliavano i miei consigli di viaggio e le storie che andavo a scoprire nel passato. E intanto l’amore per la scrittura narrativa lievitava.
Veniamo, infatti, alla tua passione per la scrittura. Hai pubblicato numerosi racconti in antologie redatte da associazioni culturali e riviste tra cui “Inchiostro” e hai pubblicato anche diversi romanzi storici: Armonia mundi, Il carnevale dei misteri, Il mondo di sotto e Sortilegio. Posso chiederti il motivo che ti ha indotta a privilegiare questo specifico genere letterario?
Ora forse ti verrà da sorridere. Pensa, da ragazzina non sopportavo la storia, poi, man mano che scrivevo articoli per i giornali (ho lavorato anche per Tuttoturismo e per quotidiani nazionali nella pagina per l’appunto turistica) è cresciuta dentro me la passione per gli avvenimenti del passato, per i luoghi, per quelle persone che ora sono sparite, ma che sono state vive e hanno amato, sofferto, gioito proprio come noi adesso. Per quanto riguarda i libri che hai elencato, posso dire che mi ero ritrovata un racconto sulla rivista Inchiostro dopo aver partecipato a un concorso letterario e ciò mi aveva fatto molto piacere; d’altronde ho partecipato a molti di questi concorsi perché io sono partita proprio dal racconto, e ho vinto di tutto: da stilografiche a medaglie, da notti d’albergo a pubblicazioni, denaro, eccetera eccetera. Relativamente ai romanzi, per correttezza tengo a precisare che “Armonia Mundi” è un romanzo ambientato nella Ferrara estense del XVI secolo, ma lo catalogherei nel genere definito realismo magico, perché la realtà storica e il fantastico si intrecciano senza però trasformarlo in un fantasy; “Il carnevale dei misteri”, invece, è un noir ambientato durante il carnevale veneziano del 1982; “Il mondo di sotto” è stato definito da una mia lettrice un romanzo filosofico e qui non mi pronuncio, ma lascio chi legge libero di catalogarlo come meglio crede e infine, “Sortilegio” è propriamente una raccolta di racconti fantastici ambientati ai giorni nostri. Per rispondere alla tua ultima domanda, posso dire che il romanzo storico è un genere che ho voluto affrontare per mettermi alla prova perché bisogna avere un bel bagaglio di conoscenze per cimentarsi ed io, essendo una lettrice forte, mi sono detta, perché non provare?
Di recente hai dato alle stampe un bellissimo romanzo storico dal titolo “Il Duca e il cortigiano. Imprese d’arme e d’amore”. Una vicenda appassionante ambientata in epoca rinascimentale nella raffinata corte urbinate di Federico da Montefeltro. Ci vuoi spiegare cosa ti ha indotta ad ambientare il tuo romanzo in quel particolare contesto?
Il libro è nato dopo un viaggio in quella città, che già conoscevo e che mi aveva affascinato già a partire da quando avevo diciannove anni e la vidi per la prima volta. Ma ciò che mi ha dato il la, è stato vedere due dipinti che raffiguravano uno, Guidobaldo e l’altro, sua moglie Elisabetta Gonzaga. Essi appaiono mesti e malinconici, espressioni che non ho mai riscontrato nei ritratti dei personaggi dell’epoca che di solito appaiono tronfi e pieni di sé. Quindi mi ero chiesta, ma perché questi due sono così tristi? Allora ho cercato di scoprirlo ed è nato il mio romanzo.
Caratteristica dei romanzi storici è quella di integrare personaggi storicamente esistititi a personaggi di pura fantasia. L’abilità del narratore si misura proprio nella capacità di realizzare questa “fusione” nella maniera più naturale possibile. Quali sono gli espedienti narrativi che hai utilizzato per ottenere questo difficile risultato?
I personaggi di fantasia devono essere verisimili e credo, senza falsa modestia, di essere riuscita a creare quella che tu definisci “fusione”. Un bibliotecario che conosco e che è un fine lettore, mi ha detto che gli sono particolarmente piaciute due figure e ed è andato a cercare la storia di una di loro: il cortigiano che compare nel titolo del romanzo e, non avendolo trovato, mi ha chiesto dove avevo preso le informazioni su di lui. A me era venuto da sorridere perché non è mai esistito, eppure è così vero, mi aveva detto lui e io ricordo di avergli risposto: se hai creduto possibile la sua esistenza, questo significa che ora è diventato reale e che cammina con le sue gambe.
Nel tuo bellissimo romanzo intriso di cultura, passioni e forti ideali, spiccano due figure femminili di grande fascino: Elisabetta Gonzaga, moglie del duca Guidubaldo, e Aura di Middelburg, figlia di un mercante fiammingo. Ti va di tratteggiarci i loro aspetti più rappresentativi?
Elisabetta Gonzaga è stata una moglie esemplare, innamoratissima del marito. Si erano sposati giovanissimi e la loro unione era stata voluta dalle famiglie, come si usava all’epoca, eppure, tra loro è scoccata la scintilla dell’amore. Guidubaldo appena la vide, raccontano le cronache dell’epoca, si invaghì perdutamente di lei: insomma, sono stati una bella coppia nonostante le travagliate vicissitudini che hanno vissuto a causa di Cesare Borgia. Per quanto riguarda Aura di Middelburg, ho voluto rappresentare una donna moderna per quell’epoca, in fondo lei è un’artista, in quanto ceramista e conoscitrice delle opere pittoriche più famose di quegli anni, della mitologia e quindi delle storie che poi riporta sugli oggetti che decora. È bella, ma è simpatica, perché non dà peso a questa sua qualità e a volte pure pasticciona; è ardimentosa anche se poi rischia di finire nei guai. Insomma, ci si può rispecchiare in lei.
Uno dei protagonisti maschili è Cesare Borgia, figlio illegittimo del papa Alessandro VI, un personaggio alquanto controverso che abbiamo imparato a conoscere attraverso il trattato di Machiavelli “Il Principe”. Nel tuo romanzo, quale aspetto della sua ambigua personalità hai preferito evidenziare?
Cesare Borgia rimane sullo sfondo. Di lui hanno scritto tutti e di tutto e girato film sulla sua vita, quindi ho preferito mostrarlo facendolo vedere attraverso gli occhi di Guidubaldo, ovvero di uno che è stato da lui tradito e che si è ritrovato di punto in bianco senza feudo, correndo pure il rischio di essere ammazzato da chi gli si era proclamato amico fraterno. Di Cesare metto in evidenza la parte bestiale di cui scrive Machiavelli, quella nera, quella che non ha pietà per gli altri, perché il fine giustifica i mezzi e pur di possedere il potere si fa di tutto.
L’altro personaggio maschile di rilievo è il duca Guidubaldo, figlio di Federico III. Oltre al suo valore cavalleresco, quali altri aspetti di lui tendi a far emergere nel romanzo?
La sua mitezza, la bontà, la giustizia con cui governa i suoi concittadini; egli è una figura morbida, quella di un giovane delicato e dalla salute precaria che però ce la mette tutta pur di reagire di fronte alla sventura.
Per i tuoi prossimi lavori prevedi di sperimentare altri generi letterari, oppure di rimanere fedele al romanzo storico?
Ho già scritto un altro romanzo storico ambientato nel Trecento, nel quale protagonista è un Visconti, la cui figura appena tratteggiata, mi aveva affascinato leggendo un romanzo della Bellonci e che il mio agente sta al momento proponendo a delle case editrici. Incrocio le dita. Inoltre, sono alle prese con un nuovo libro che sto portando a termine, nel quale protagonista è invece una donna del passato, un pittrice a mio avviso ingiustamente poco o niente ricordata che invece ritengo debba tornare a far parlare di sé per la sua incredibile vita.
Ti ringraziamo davvero tanto, Luciana, perché nei tuoi romanzi sei riuscita in un nobile intento, tanto caro agli illuministi e ai romantici, che è quello di “istruire dilettando”. Le vicende da te narrate riescono a catturare il lettore e a farlo appassionare alla storia, materia non sempre molto amata dai ragazzi proprio perché troppo spesso insegnata in maniera nozionistica, non ponendo l’accento sugli aspetti passionali come l’onore, gli ideali, il sentimento. Tu riesci magistralmente in tutto questo.