Mariele Rosina per Carla Spinella su «Fatti speciali di gente comune»
![]() Fatti speciali di gente comune
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autori: | Carla Spinella |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Carla Spinella
"Fatti speciali di gente comune"
Presentazione di Mariele Rosina
Biblioteca Chiesa Rossa
Milano 23 novembre 2016
Ringrazio Carla Spinella per avermi dato l'opportunità di parlare della sua recente opera e lo farò dall'altra parte della cattedra, da allieva che segue il suo corso da alcuni anni e che ha per Carla il rispetto e l'affetto che si deve a una prof per vocazione; e questo è importante in un mondo in cui le vocazioni sono sempre più rare.
Sì, perché l'insegnamento e la dedizione alla scrittura, sia essa poesia o prosa, fanno di lei una professoressa con la Maiuscola, conferendole autorevolezza nei confronti di chi deve apprendere il difficile mestiere dello scrittore.
È severa al punto giusto, senza mai appesantire la mano e togliere la fiducia a chi è alle prime armi.
Ricordo che, all'inizio, la cosa che più mi colpì di lei, fu la sua grande disponibilità e la pazienza con cui ci seguiva capillarmente, correggendo e cercando di trarre da noi quello che noi stessi non sapevamo di possedere (la maieutica è una dote che fornisce a un docente una marcia in più).
Credo di parlare a nome del gruppo se dico che negli anni il rapporto di tutte è maturato insieme a noi, che siamo passate dalla fase di apprendimento a quella del dialogo, poi a quella della condivisione e del confronto di idee, e infine alla critica dei testi nostri e di altri scrittori e poeti.
Infatti, nelle sue lezioni, Carla non si limita alle spiegazioni, ma sembra animata da "un demone didattico": ancora oggi prepara ogni incontro con cura, andando a scovare quegli articoli di cronaca e di critica che sono attualissimi, che stimolano la nostra voglia di scrivere e sollecitano il nostro interesse per la letteratura, rendendo quello del giovedì un appuntamento irrinunciabile, perché dietro ogni lezione non c'è solo competenza, ma amore.
Vorrei aggiungere che gli interessi e le attività di questa donna, poeta e scrittrice, si estendono anche nell'ambito del teatro, dove dirige un gruppo bene affiatato che si integra con quello della scrittura, tant'è che alcune scrittici recitano, alcune attrici scrivono e altre, che non recitano, hanno imparato a scrivere anche per il teatro.
Ma veniamo ora alla sua opera: "Fatti speciali di gente comune".
È la storia di un'anima che si racconta, risalendo alle sue radici in un remoto paesino della Calabria dove è avvenuto un miracolo che ha salvato lei, neonata, destinata a morire.
In alcuni episodi Carola è la protagonista e in altri è una testimone, ma è sempre presente, attraverso i personaggi, anche là dove apparentemente non c'è.
E il tutto è raccontato con un registro lirico, perché Carla è poeta anche nella prosa. E nella lettura incontreremo diversi spunti poetici che emergono dal testo come note musicali o come pennellate di colore. Perché Carla ci insegna che la poesia è musica e la musica la si crea con la scelta e la collocazione delle parole che devono essere connotative, devono cioè suscitare emozioni.
Tornando al romanzo, vorrei fare una carrellata secondo un piano trasversale, cioè per argomenti, soffermandomi su quelli che ritengo delineino meglio la figura dell'autrice. Li propongo come spunto di riflessione e come invito a cercarne altri.
Ma facciamo parlare il suo libro
Il primo tema è proprio la poesia
Già nell'incipit incappiamo in una frase che potremmo mettere in versi:
gli alberi stormivano lievemente/mossi dalla brezza che saliva dal mare/aureolata da leggera foschia.
Sembra di sentire la musica prodotta dal suono delle "s" e là, dove c'è musica, c'è poesia. Ma oltre a questo c'è la scelta delle parole, una in particolare: aureolata che qui assume una connotazione poetica. Un "non poeta" avrebbe usato un termine diverso per descrivere la brezza che veicola la foschia, ma qui con la parola aureolata abbiamo un'immagine luminosa che si oppone, contrasta con la foschia. L'aureola, infatti, è quell'alone di luce che circonda le figure dei grandi, dei santi e degli eroi, e qui ci dà l'idea della nebbia lieve che si diffonde sul paesaggio per renderlo luminoso, surreale, come è surreale lo stato d'animo della protagonista sospesa tra lo spavento e il presentimento di qualcosa che sta per accadere.
Continuando con gli esempi un'altra parola squisitamente poetica la troviamo a pagina 28: lucore.
Il lucore è qualcosa di diffuso, dai confini indefiniti, quasi tattile, quasi olfattivo, proprio come splendore e sentore. Non è una parola abbacinante, anzi, è vereconda, delicata, non adatta al brillare abbagliante del sole. È una luce discreta che sembra voler attenuare la disperazione della protagonista.
E ancora a pagina 40 due bellissimi versi:
gli interminabili crepuscoli /che avevano il colore delle storie;
e a pagina 82:
nuova energia che dava ali ai suoi gesti;
e a pagina 170:
La letizia s'irradiava dai filari di papaveri/ che abbellivano la strada.
Questi sono solo alcuni esempi ma il libro è costellato di espressioni poetiche che non sono messe lì a caso: anzi ognuna rappresenta in un'immagine un mondo.
E il parlare di mondo ci porta al secondo tema che è il paesaggio e l'ambiente
Il paesaggio partecipa attivamente e sembra condividere lo stato d'animo del personaggio, diventando esso stesso personaggio. Lo vediamo già dalle prime righe:
Amelia si guardò intorno spaventata: la campagna era deserta e come immobilizzata in una pace surreale.
E poco più avanti:
Eppure sentiva aleggiare intorno un soffio potente di morte, che smentiva la pace distesa come un manto sulle colline, sugli alberi, sui prati, che nel crepuscolo apparivano meno aridi, più vitali.
A volte il paesaggio è consolatore come se la bellezza della natura volesse preparare il protagonista al colpo duro che sta per ricevere. Lo abbiamo visto a proposito del lucore e lo vediamo ancora a pagina 23 con le immagini che aprono il capitolo:
Il viaggio aveva qualcosa di magico tra quegli isolotti che sbocciavano miracolosamente in mezza alla grande distesa marina abbellita da increspature grigio-argento in quell'ora del tramonto che spesso tinge il cielo di sfilacci rossi, rosa e oro
Altre volte la natura si integra con l'angoscia del personaggio, diventando tetra e inquietante come a pagina 25:
Quella notte la luna pareva la bocca di un vulcano dormiente, spalancata in un sinistro sogghigno su un luogo sperduto nel nulla. Il suo moto, impercettibile all'occhio umano, lasciava una scia sanguigna, che ricopriva come un tetto tutte le vite disseminate sulla terra.
E ancora a pagina 117, dove il Naviglio diventa la tomba per una coppia di poveri contadini che, con il viaggio della speranza, erano giunti in città confidando nell'intervento del "luminare" per guarire la donna.
Chiude gli occhi e, nella sua mente confusa, il Naviglio che scorre oltre il margine erboso diventa tutt'uno con la strada che sta percorrendo. Il veicolo si deposita sul fondo con dolcezza, come chi poggia la testa sul cuscino per disporsi al sonno. Scivola e va alla deriva il corpo di lei; e gli occhi spalancati ancora guardano l'uomo con espressione stupita. Il vecchio annaspa, beve, deglutisce con un colpo di tosse simile al ringhio di un animale strozzato.
Qualche bolla muove appena per alcuni secondi la superficie dell'acqua. Poi più niente. E tutto torna tranquillo.
L'ambiente fa parte dell'incubo in un altro episodio che finirà tragicamente (pagina 167):
Non c'era più il sole a darle coraggio, a fare chiarezza nella sua mente confusa. Chi era davvero Luca? La giornata, iniziata con tante belle promesse, era stata inghiottita da una nube temporalesca che non le impediva di sudare, in preda, com'era, a un calore innaturale. L'aria immobile generava un'afa che appiccicava al corpo i vestiti, rendendoli più pesanti
Il terzo tema è la vocazione
Carla manifesta fin da bambina una spiccata immaginazione che la rende diversa dalle altre.
Ricorda, infatti, che quando raccontava alle coetanee le storie che ideava al momento, si estraniava dal mondo circostante, dimenticando persino la sorellina che le era stata affidata e che, in una di queste occasioni, si era ferita proprio perché incustodita, lasciando poi all'autrice spiacevoli sensi di colpa.
Un'altra cosa, insolita per una bambina, era che Carla alimentava la sua fervida ideazione con la lettura e lo studio al punto che gli stessi professori, ritenendola più matura rispetto alla sua età, consigliarono ai genitori di farla studiare di meno e giocare di più, com'è naturale nell'infanzia. Ma lei, ostinata, se non poteva studiare di giorno, lo faceva di notte.
Scrive infatti a pagina 42:
E si giunse all'assurdo, lei nascondeva il libro nel letto, poi, si coricava, fingendo stanchezza, e leggeva fino a notte inoltrata con la luce nascosta sotto la coperta, per non svegliare, magari con un barlume, i genitori che dormivano nella stanza vicina.
E questa sua creatività, insieme all'esigenza di scrivere, la porterà all'amore per la letteratura e al desiderio di trasmettere questo amore attraverso l'insegnamento.
Si laurea quindi in lettere e comincia a insegnare da giovanissima mettendoci tutta sé stessa.
E di questo ci parla nel racconto "Storia di una vocazione".
La vocazione è una chiamata impellente e irrinunciabile (che ha sentito fin da bambina quando si faceva regalare per il compleanno una scuola con tanto di banchi e lavagna per insegnare alle compagne) a cui ha risposto con entusiasmo e generosità a costo di grandi sacrifici, perché era lo scopo della sua vita professionale.
L'insegnamento per lei è sempre stato fonte di gioia come dice a pagina 82:
Alla fine erano tutti esaltati e sulle ultime parole di Carola si riversò un'ovazione fragorosa e insieme il suono stridulo della campana che annunciava la fine delle lezioni. Uscì dall'aula felice dell'entusiasmo destato, felice della brillante lezione, felice del lavoro meraviglioso che aveva scelto di svolgere. C'erano tanti mestieri che assicuravano notevoli gratificazioni economiche; ma quella purissima gratificazione spirituale, che le suscitava un senso eccitante d'ebbrezza, l'insegnamento soltanto poteva donarla e forse anche la medicina, se esercitata in una certa maniera. Era stata fortunata davvero a capire fin dall'infanzia la sua vocazione".
E ancora a pagina 97:
Considerava o meglio "sentiva" l'insegnamento come comunicazione gioiosa - e perciò coinvolgente e travolgente - di un bene posseduto. La cultura che si fa "habitus" mentale di tolleranza delle idee altrui, di accettazione dell'altro nella sua inevitabile diversità, che permette una generosa circolazione dei doni dell'intelligenza, insomma la vera cultura, che usa le "conoscenze" non come fine, ma come strumento per la "conoscenza" dell'uomo, sarebbe stata la salvezza del mondo.
E oggi Carla non ha finito di insegnare, ma come afferma a pagina 100, mette ancora il suo cervello a disposizione delle persone che nel mezzo del loro cammino, chiarita a se stesse l'intenzione di realizzare il sogno della scrittura e del teatro, avessero bisogno di un aiuto competente.
Il quarto tema è il rapporto con la malattia, il dolore e la morte.
Anche questo è un argomento caro a Carla e lo percepiamo subito con sua madre, Amelia, che si prodiga durante la guerra per quelli che hanno bisogno: li accoglie nella sua casa, cura i feriti, recuperando risorse che vanno oltre le sue capacità e che non avrebbe mai immaginato di possedere.
Che dire poi del calvario di Erminia quando scopre di essere condannata da un male incurabile? Ma sentiamo le sue parole pagina 26:
Le scintille di ottimismo che a sprazzi partivano dal suo corpo, ancora innamorato della vita, avevano breve durata. E morivano lì sul posto senza svilupparsi in un fuoco capace di scaldare l'anima intirizzita.
e, poco più avanti:
Sentiva che la sua resistenza e l'usuale capacità di reagire al dolore con il sorriso e lo scherzo si stavano frantumando in quella livida notte sotto il peso incombente e insostenibile della morte, quella appena avvenuta e quella temuta.
E il racconto continua, intessuto di sofferenza, fino alla conclusione fatale. Qui la morte è vista come liberazione, raggiungimento della pace agognata.
Pagina 34:
Erminia sorrideva: ora stava correndo in un giardino pieno di rose, una gloria di colori nelle aiuole, nei rampicanti, negli alberi. Sul prato all'inglese erano disseminati innumerevoli nontiscordardimé. Sorrideva a una luce bianchissima, straordinaria, che non abbagliava e non bruciava. Sorrideva alle formiche operose, alle farfalle svolazzanti qua e là, agli uccelli che cantavano "vieni e canta con noi". Sorrideva alle coccinelle che aprivano e chiudevano le ali rosse punteggiate di nero.
In mezzo a quella festa Erminia andava, veniva, cantava, sorrideva.
Di nuovo sorrideva.
Di morte si parla anche nel racconto dedicato al fratello "E fu dolore". Ma qui la morte è prematura e quindi contro natura. È disperazione per un fiore reciso prima di sbocciare. Il brano struggente a pagina 78 si potrebbe mettere in versi perché è poesia, tessuta di musica:
E fu dolore, silenzio e preghiera/ per un miracolo che non avveniva./ Passarono i mesi e fu straripante dolore/ silenzio d'attese e latente follia./ Passarono gli anni. Ed è sempre dolore/silenzio e finzione di vita.
Si parla ancora di malattia e di morte a proposito della sorella Roberta. A pagina 89 Carla definisce la malattia come lo spartiacque tra uno scorrere di giorni normalmente infelice e l'imprevisto sconvolgimento di un'onda anomala che si abbatte senza controllo.
In questo episodio assistiamo all'accanirsi del male e alla lotta disperata che Roberta ingaggia contro di esso, in un crescendo di tensione che rende partecipe il lettore della sofferenza, fino all'exitus che anche questa volta è visto come liberazione. Pagina 94:
Era bella con il volto disteso e atteggiato a un sorriso indecifrabile eppure consolatorio.
E, dulcis in fundo, parliamo dell'amore.
Leggendo i due racconti "La narratrice" e "La festa" ci facciamo l'idea che Carola sia una persona riservata che rifugge le frivolezze e schiva gli svaghi perché la distoglierebbero dal suo interesse primario che è lo studio, la conoscenza e la voglia di trasmettere ad altri quanto ha appreso. Ma poi constatiamo che è capace di sentimenti forti e, quando l'amore la sollecita, risponde con generosità ed entusiasmo. Questo accade con Marco ne "La narratrice" e con Davide ne "La festa" ma si tratta di sogni o di realtà? Ecco il demone dello scrittore: trasformare i fatti anche quelli più banali in qualcosa degno di essere scritto e tramandato.
Nel romanzo anche altri episodi hanno per tema diretto o indiretto l'amore. L'amore materno nel coraggio di Amelia che non si rassegna alla perdita della sua bambina e che poi con generosità darà amore per ricambiare il bene ricevuto; l'amore per il fratello Ottavio, per la sorella Roberta e per i suoi allievi. In particolare viene ricordata Alessia, con la quale Carla ha un'affinità elettiva, e che le verrà strappata da un'implacabile malattia.
E poi c'è l'amore per chi ha perso l'amore e trasforma il dolore in amore per gli altri, come nel caso di Mario.
Per Carla l'amore è volere non il possesso, ma la felicità dell'amato.
E questo passa attraverso l'accettazione dell'altro, il rispetto delle sue idee e della sua libertà.
A pagina 141
Anche il proprio sentimento per lui era Amore con la maiuscola: era il bene velle dei latini. Ricordava bene la distinzione, spiegata dall'insegnante di lettere tra "amare" e "bene velle". Perciò, volendo soprattutto il bene di Gianni, doveva lasciarlo in pace per non confonderlo ulteriormente.
A pagina 148
"Per una donna" pensava ", il meglio è che il proprio uomo la stimi e ne consideri intelligente e originale ogni affermazione. Ma è importante almeno che non si opponga a lei metodicamente e quasi per partito preso, causandole frustrazione e conseguente depressione".
E in tema d'amore non poteva mancare quello per il marito. Sono due i racconti che Carla gli dedica: uno è un sogno a pagina 103 "Senza dimensioni" e l'altro una fiaba "La dimora della felicità" a pagina 107.
Vorrei concludere con questa riflessione: è tanto e tale l'entusiasmo di Carla che da lei emana una forza inversamente proporzionale alle sue dimensioni fisiche di donna minuta e apparentemente, ma solo apparentemente, fragile. Questa forza nasce dalla sua volontà di lasciare una traccia di sé ai posteri. Lei stessa dice nell'ultimo racconto "La svolta" che è "triste morire senza aver proiettato il proprio nome nel tempo futuro".
Ma lei l'ha già fatto lasciando un segno indelebile non solo nei suoi testi, che sono una testimonianza di come si deve scrivere, ma soprattutto nella mente e nei cuori degli allievi.