Italia Oggi 17.7.13 - D. Gabutti per I sommersi e i dannati
![]() I sommersi e i dannati
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autori: | Filippo Maria Battaglia |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Italia Oggi Numero 168 pag. 12 del 17/7/2013
- Diego Gabutti per I sommersi e i dannati
Reggono Gadda e Guareschi. Scomparso Moravia. Ecco perché
Sulla letteratura italiana, anche la più chiaccherata e blasonata dalle gazzette e dalle tirature, scende subito l'oblio, come sui vincitori delle medaglie d'oro di tiro con l'arco. Non appena l'autore passa a miglior vita, oppure le sue ossessioni invecchiano, il suo nome sparisce dai cataloghi e dalla memoria. Sopravvivono al secolo delle ideologie rococò e degli sperimentalismi stucchevoli solo pochi nomi: Tomasi di Lampedusa, Gadda, Guareschi, Calvino, Sciascia, forse Buzzati. Degli altri, Moravia e Pasolini compresi, si sono perse le tracce. Ogni tanto, qualcuno li nomina ancora, Pasolini per le bambinate sulle lucciole o per il suo «io so» da invasato, Moravia per «Lui» e poco altro (eppure, a differenza di Pasolini, di cui c'è poco da salvare, salvo forse una o due storie borgatare, Moravia è l'autore degl'Indifferenti e del Conformista, libri che, dopo tanto tempo, non si sono del tutto usurati). Raramente ci si ricorda di Pavese o Pratolini o Vittorini. Tutti gli altri scrittori svaniscono e basta, come la signora che scompare nel vecchio film di Hitchcock: nessuno ricorda più che fosse sul treno.
Alcuni meritano di sparire: valevano poco, troppa fuffa, troppa ideologia. Altri non lo meritano. Erano bravi, ma stavano fuori dalle cricche, non avevano santi nel paradiso delle terze pagine e delle riviste letterarie, oppure (peggio di tutto) non erano abbastanza organici al partito. Filippo Maria Battaglia, in questo suo I sommersi e i dannati, Otto/Novecento 2013, pp. 118, 12,00 euro, esamina l'opera degli scrittori ingiustamente svaniti dalla memoria dell'editoria e dei lettori. Sono brevi saggi, di poche pagine, densi e polemici: un po' ritratti un po' à la Spoon River della letteratura morta e sepolta. Si entra nel dettaglio di carriere letterarie prestigiose eppure cancellate dalla censura spietata del tempo che passa. Tra gli autori della prima metà del Novecento: Corrado Alvaro, Marino Moretti, Grazia Deledda, Federigo Tozzi, Ada Negri, Cesare Zavattini, Giovanni Papini (che io metterei, per la verità, tra i giustamente dimenticati). E poi, tra gli autori della seconda metà del secolo, Carlo Cassola ed Elsa Morante, Mario Tobino e Manlio Cancogni, Angelo Maria Ripellino e Natalia Ginzburg, Giovanni Arpino e Geno Pampaloni, Mario Praz e Luigi Russo. Tutti nomi importanti, che, a tempo debito, ebbero folle di lettori, e che, scrivendo, si guadagnavano da vivere, e da vivere bene. Eppure nessuno li legge più. C'è una ragione, naturalmente: così come il lettore italiano è per lo più un lettore di libri tradotti, allo stesso la nostra editoria è per lo più un'editoria di traduzioni. Sono soprattutto stranieri gli autori che viene voglia di leggere. E anche per questo c'è una ragione: la nostra letteratura, paperinesca, moralista, similprogressista, non è semplicemente in gara con la grande letteratura straniera, realista, generosa di trame, disorganicissima, votata all'intrattenimento.
Come scrive Battaglia nell'introduzione al libro c'è di peggio d'una letteratura fiacca e vanesia: una critica letteraria insensata. «Scrittore eversivo», leggiamo, «uguale scrittore talentuoso: da decenni l'equazione dilaga nel giudizio del nostro Novecento letterario. Supportata da un teorema, inemendabile, secondo cui un vero narratore ha l'imperativo di stravolgere la propria lingua, renderla infuocata, increspata, se possibile ribelle e illeggibile. È un falso mito che ha radici antiche e inossidabili. Nella seconda metà del secolo scorso, lo si rintraccia per lo più nella devota deferenza nei confronti di una categoria, l'espressionismo, filtrata da un magistero come quello di Gianfranco Contini e praticata da una scuola critica che ha visto nel monolinguismo e nello stile cristallino un limite, non una qualità. [_] Per essere più espliciti, e più diretti: negli ultimi decenni, nel giudizio di una certa critica, lo scrittore chiaro è diventato troppo spesso lo scrittore piatto e banale». Arpino vale zero: scrive chiaro. Nanni Balestrini invece è un genio perché non sa lui stesso quel che dice. Di qui l'oblio indiscriminato.