Pino Farinotti su Libero per «Il prefetto della Giudea»
28.01.2020
![]() Il prefetto della Giudea
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autori: | Anatole France |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Pilato che non voleva uccidere Gesù
Ripubblicato un racconto in cui Anatole France descrive il prefetto della Giudea come un anziano pieno di rimorsi
di PINO FARINOTTI Ho ricevuto un libro straordinario, Il prefetto della Giudea (La vita felice, 65 pagg. 7 €), scritto da Anatole France, premio Nobel, nel 1902. Raramente incontri un testo che ti trasmette qualcosa di diverso, una riscrittura, una revisione, che ti porta a riflessioni, magari a sentimenti, che sembravano acquisiti e consolidati. Sul processo a Gesù sono arrivati tuffi i racconti, di tanti narratori, a cominciare dai suoi amici evangelisti, magari "troppo" amici. E arrivata la roba apocrifa, spesso a contrasto, persino grottesca. In questo mare davvero magnum l'uomo ha dovuto destreggiarsi, per poi arrivare a una sua idea personale e a una sua fede personale: una volta stabilito che quell'ebreo, galileo del primo secolo, diceva cose straordinarie, indicava una rivoluzione buona che ha cambiato il mondo. E dunque fonti o non fonti, quella grazia e quella forza, a qualcuno dovevano appartenere. Determinante è la postfazione del testo, di Giovarmi ludica, professore ordinario di diritto civile della "Cattolica". ludica, giurista, racconta il Pilato giurista e "prefetto" interpretando i ricordi dello stesso Pilato, ormai vecchio e stanco che Anatole France colloca in località Baia, sul Tirreno, frequentata dai romani ricchi. È li che l'antico governatore della Palestina ritrova un vecchio amico, Lamia, tomato dopo un lungo esilio per ordine dell'imperatore Augusto. Pilato richiama la vicenAna ,'Ore l'(usfr. IL PREFETTO DELLA GIUDEA da di Gesù. In quei giorni il prefetto si trovò in una situazione difficile, controversa, che non aveva sbocchi. Era uno scontro di mentalità, di cultura e di filosofia. Per il romano era impossibile accettare l'intolleranza e il fanatismo degli ebrei, e assumere quella passione maniacale verso le loro liturgie ancestrali e verso il loro misterioso, innominabile dio. Legato alla giurisprudenza e alla religione romana, assolutamente permissiva, si scontrò con l'autocrazia rigida della mistica ebraica, così dovette arrendersi alle istanze, implacabili, del sinedrio. Del resto una delle regole fondamentali della legge romana era di rispettare le tradizioni dei popoli vinti. Così dovette cedere.
BARABBA Cercò di trovare un compromesso consentendo, a malincuore, che il Galileo fosse torturato e frustato. Preferì non assistere, ritirandosi nelle sue stanze, con la moglie Claudia Procula, che aveva mostrato simpatia verso quell'uomo buono e onesto. Tutta la vita, in tutte le sue notti, racconta l'autore, nei suoi sogni notturni Pilato fu perseguitato da quella tremenda parola che il popolo dei Giudei gridava ripetutamente e forsennatamente: crucifige, crucifige, crucifige... «Ebbene» racconta Pilato «ancora oggi risuonano nelle mie orecchie quelle grida di morte e ricordo con rabbia il mio desiderio di sterminare, con le mie legioni, quei fanatici urlanti. Il mio senso del dovere me l'impedì, e non potei fare altro che lavarmene le mani. Lasciando cadere su quella sudicia marmaglia la responsabilità e la colpa di quell'ingiustizia». Pilato prese dunque quella decisione in grande sofferenza. Scrive Giovanni ludica che «Pilato è ricordato nel Credo di Nicea ed è considerato beato nella Chiesa copta e santo nella Chiesa eritrea». La vicenda rimanda all'aspetto di quell'unica fonte storica, non trasmessa dai Vangeli, dell'esistenza di Gesù: la lettera di Plinio il giovane all'imperatore Traiano, dove scrive di "questi cristiani" e di come sono trattati in Bitinia e nel Ponto. Il vecchio Pilato narrando, non ha mitigato ricordo e il dolore, tanto che non riesce neppure a pronunciare "Gesù", un nome che è diventato per lui un esorcismo insuperabile. Lamia domanda: «Ponzio, ti ricordi di quell'uomo?» Pilato aggrotta le sopracciglia e si porta la mano alla fronte. «Gesù? Gesù di Nazareth? No, non ricordo bene». Gerardo Mastrullo, l'editore, ha lavorato dieci armi al progetto con passione e devozione. C'è stata grande cura nella traduzione. Le pagine di sinistra riportano il testo francese. Il risultato è un piccolo tesoro recuperato. Un'operazione preziosa e benemerita, in questa epoca in cui i libri sono quasi sempre strumenti che niente hanno a che fare con la cultura e la letteratura, quella vera, quella di Anatole France.
BARABBA Cercò di trovare un compromesso consentendo, a malincuore, che il Galileo fosse torturato e frustato. Preferì non assistere, ritirandosi nelle sue stanze, con la moglie Claudia Procula, che aveva mostrato simpatia verso quell'uomo buono e onesto. Tutta la vita, in tutte le sue notti, racconta l'autore, nei suoi sogni notturni Pilato fu perseguitato da quella tremenda parola che il popolo dei Giudei gridava ripetutamente e forsennatamente: crucifige, crucifige, crucifige... «Ebbene» racconta Pilato «ancora oggi risuonano nelle mie orecchie quelle grida di morte e ricordo con rabbia il mio desiderio di sterminare, con le mie legioni, quei fanatici urlanti. Il mio senso del dovere me l'impedì, e non potei fare altro che lavarmene le mani. Lasciando cadere su quella sudicia marmaglia la responsabilità e la colpa di quell'ingiustizia». Pilato prese dunque quella decisione in grande sofferenza. Scrive Giovanni ludica che «Pilato è ricordato nel Credo di Nicea ed è considerato beato nella Chiesa copta e santo nella Chiesa eritrea». La vicenda rimanda all'aspetto di quell'unica fonte storica, non trasmessa dai Vangeli, dell'esistenza di Gesù: la lettera di Plinio il giovane all'imperatore Traiano, dove scrive di "questi cristiani" e di come sono trattati in Bitinia e nel Ponto. Il vecchio Pilato narrando, non ha mitigato ricordo e il dolore, tanto che non riesce neppure a pronunciare "Gesù", un nome che è diventato per lui un esorcismo insuperabile. Lamia domanda: «Ponzio, ti ricordi di quell'uomo?» Pilato aggrotta le sopracciglia e si porta la mano alla fronte. «Gesù? Gesù di Nazareth? No, non ricordo bene». Gerardo Mastrullo, l'editore, ha lavorato dieci armi al progetto con passione e devozione. C'è stata grande cura nella traduzione. Le pagine di sinistra riportano il testo francese. Il risultato è un piccolo tesoro recuperato. Un'operazione preziosa e benemerita, in questa epoca in cui i libri sono quasi sempre strumenti che niente hanno a che fare con la cultura e la letteratura, quella vera, quella di Anatole France.
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