Roma 25.11.15 Manuela Minelli e Femmine che mai vorreste come amiche (Video)
![]() Femmine che mai vorreste come amiche
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autori: | Manuela Minelli |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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25 Novembre – Giornata Internazionale contro la violenza sulla Donne – Femmine che mai vorreste come amiche di Manuela Minelli – Presentazione del Libro all’Enoteca Letteraria
http://www.hdtvone.tv/videos/2015/12/12/25-novembre-giornata-internazionale-contro-la-violenza-sulla-donne-femmine-che-mai-vorreste-come-amiche-di-manuela-minelli-presentazione-del-libro-allenoteca-letterariaUna chiacchierata fra amiche, quasi come in un salotto dove scambiare opinioni e condividere esperienze. Il 25 Novembre, Giornata Internazionale Contro la violenza sulle Donne, quattro di loro si sono date appuntamento all’Enoteca Letteraria in Via della Quattro Fontane a Roma per un incontro di sensibilizzazione, Letture, proiezione di video ed interviste. Organizzatrice dell’evento la Giornalista e Scrittrice Manuela Minelli che ha presentato la sua ultima fatica letteraria “Femmine che mai vorreste come amiche“. Ospiti due Donne con due percorsi, professionali, molto diversi ma che in comune hanno l’impegno a favore delle Donne vittime di violenza; la Dott.ssa Anna Maria Anselmi, Avvocato e la Dott.ssa Rosanna Liburdi Psicoterapeuta, a moderare l’incontro, la poetessa Cinzia Marulli. Ma partiamo con ordine: il Libro di Manuela, che se vogliamo è stata “la scusa ufficiale” per l’incontro, descrive alcune situazioni, a volte paradossali, a volte ragionevolmente “reali”. Racconta, in forma romanzata, sia il disagio che gli effetti della violenza di genere. Una serie di racconti brevi il cui filo conduttore altro non è che la totale assenza di rispetto per le “femmine” e per le Donne come esseri umani. Fare un freddo resoconto della serata sembra, da parte mia, quasi irriverente, non tanto in quanto Donna, ma proprio per il senso profondo dell’evento stesso. Come spesso avviene in questi casi, si “pizzica” un dettaglio e poi, da quello, si sviluppa il ragionamento, si amplia il concetto, se ne valutano le sfumature fino ad ottenerne, per quanto parziale, una vista complessiva il più possibile ampia. Il “casus belli”, se così vogliamo identificarlo, è stata la lettura di alcuni passi di uno dei racconti brevi contenuti nel libro di Manuela Minelli; da li, da quella storia inventata, da quei personaggi che vivono solo nella fervida immaginazione dell’autrice, ma che potrebbero benissimo esistere in qualche angolo di mondo, varcare la soglia delle realtà oggettiva, francamente, il passo è fin troppo breve. Con l’ausilio di quattro video-monologhi, o per meglio dire, un corto teatrale in quattro atti intitolato “La Valigia“, e tutti interpretati dalla davvero brava Laura Mazzi, per la regia di Alessandro Merletti de Palo e Giovanni Caloro e scritto da Betta Cianchini, facciamo un altro passo in avanti, cominciamo a percorrere quel tunnel, quel cilindro oblungo di matematica, o idraulica, memoria che sappiamo dovrà avere una fine. Dovrà, forzatamente, condurci da qualche parte anche se, per percorrerlo, dovremmo farlo a carponi, come metafora della fatica della ricerca. Le parole di Laura Mazzi ci fanno intravvedere quanta fatica occorra, quale sforzo sia necessario, di quanta energia bisogna disporre per giungere in prossimità della meta. Qui si inserisce l’esperienza clinica della Psicoterapeuta. La Dott.ssa Rosanna Liburdi, ci “soccorre” dandoci la misura, quasi scandendo il tempo di questo percorso. Una sorta di sentiero marcato da cippi miliari obbligati e che non sempre si è in grado di riconoscere. Potrei aver usato una metafora diversa, qualcosa del tipo “red flag” ma, credo, che pur risultando maggiormente immediata, non sarebbe riuscita a disegnare, e definire, in maniera compita il senso reale di questo percorso. Un tunnel, un traforo, una condotta, un sottopasso in comune hanno un inizio ed una fine. Quelli stradali sono sempre, immancabilmente, ben marcati, evidenziati e segnalati. Si sa dove inizino e quando finiscono, nel caso della violenza di genere, purtroppo, questo quasi mai accade. Il più delle volte è come se ci si risvegliasse da un brutto sogno non ricordando nemmeno di essersi addormentate. Il più delle volte ci si ritrova tragicamente già “incanalate” senza averne avvertito i sintomi o, magari. senza averli saputi, o “voluti”, riconoscere oppure interpretare. Le ragioni sono le più varie ma, quando si riesce a trovare la forza per cercare un sostegno, per farsi aiutare, c’è sempre una mano tesa in grado di fornire supporto. Supporto che potrebbe essere anche legale, come evidenziato dalla Dott.ssa Anna Maria Anselmi, avvocato penalista. Si, non basta, magari, solo il fuggire da casa, serve, ed è molto importante, avvalersi della consulenza di un legale per poter intraprendere tutte quelle azioni che sono tese alla “messa in sicurezza” della persona oggetto di violenza. Anche la Dott.ssa Anselmi, più che dare consigli, ha condiviso, con tutti noi, le storie di alcune Donne alle quali ha prestato il suo aiuto. Credo che più dei consigli sia utile sapere, per meglio comprendere, sia necessario condividere per meglio prendere consapevolezza, sia meglio chiarire per saper riconoscere. Forse mai, prima d’ora, ad un incontro, alla presentazione di un libro, sono riuscita a cogliere distintamente parola per parola quanto veniva detto, e questo non perché mi trovassi seduta in prima fila. Il silenzio in sala era totale. L’atmosfera era ferma, piatta, quasi l’aria fosse solidale con la materia; i numerosi ospiti, vale la pena sottolineare il sostanziale paraggio di genere, avevano i recettori acustici e visivi completamente focalizzati sugli oratori che si sono alternati. Un argomento, quello trattato, che ha tenuto inchiodati alle sedie il numerosissimo pubblico; forse lo sdegno o forse la solidarietà nei confronti di tutte quelle Donne offese nel fisico e vilipese nello spirito oppure, forse, solo la consapevolezza che non ci si può semplicemente girare dall’altra parte pensando che “tanto sono cose che capitano solo in situazioni di disagio, e di sicuro non capiteranno a me”. Così, purtroppo, non è. Prendere coscienza di questo, e riuscire a cogliere i segnali premonitori, nella stragrande maggioranza dei casi, vuol dire evitare il susseguirsi di quella pletora di accadimenti che portano, il più delle volte, al compiersi di tragedie che, con il senno di poi, la cronaca definisce annunciate.
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Michela Cossidente
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