Alessio Brandolini per Rita Pacilio su «Prima di andare»
![]() Prima di andare
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autori: | Rita Pacilio |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Prima di andare LVF, 2016
di Rita Pacilio
I poeti leggono i poeti
Cara Rita,
avevo letto con interesse e attenzione i libri che mi avevi mandato, soprattutto Il suono per l’obbedienza per via del comune amore per la musica.
Ora, al ritorno dalle ferie in montagna, ho trovato sulla mia scrivania Prima di andare (LVF, 2016).
L’ho letto con vivo e crescente piacere e vi ho ritrovato la tua densa e sensuale scrittura, la mescolanza di prosa e poesia. Mi piace la coerenza tematica del testo, pur cogliendo - con sapienza e bravura - le diverse sfumature di vite piene ma prossime al loro ultimo viaggio. E poi in questi giorni di dolore, di lutto.
Un viaggio a ritroso, alle radici del tempo, dell’esistenza umana. Non ci sono risposte ai perché ma constatazioni e allora viene fuori l’uragano incustodito, quella lava lenta che scorre giorno dopo giorno e costruisce la nostra vita, destinata comunque a svanire. La raccolta poetica è dura, a tratti, nel cogliere l’assenza di pietà, la solitudine, lo sgretolarsi di aspettative e convinzioni, ma è un libro dove la bellezza ha forme strane, inattese e per questo colpiscono ancor più il lettore e così ci sono attimi (e versi) in cui i sentimenti arrivano a un punto luminoso e profondissimo. Allora un ramo riesce a raccontare tutta la vita di un albero, a partire dalla sua prima radice e i ricordi trovano un rifugio, una casa per poi tornare, con calma, alle cose passate / come si fa con i sogni taciuti. Un volo radente (si avverte l’odore acre della terra) che si ripercuote all’interno del libro, lo fa vibrare con intensità vera, sincera e questo stimola il pensiero, muove i nostri passi, ci mette in viaggio nei nascosti (oscurati) sentieri della tenerezza umana.
Prima di andare è un libro che non si dimentica e per questo va riletto ogni tanto, magari al ritorno dalle ferie.
Un abbraccio, Alessio Brandolini
Quando sono qui non ho parole
lascio fuori il mio uragano
incustodito, lascio a casa
la rabbia di cenere e carbone,
la tua bestemmia
pronunciata in basso, fino allo scorno
persuadendo il vizio dell’amore.
Le ore e i giorni ci portano contro
ci scontentano la vita, il letto,
questa miserabile ombra che scende
prima del tramonto, prima dell’inedia.
Certo non lo fai apposta ad andare via
fanno così le persone anziane, senza
speranza, fanno come te quando ti bagni
gli occhi e poi scompaiono naturalmente.
Il sognatore senza piedi
Quel desiderio inconfondibile di sparire
rimpicciolire nei filamenti di una lumaca
scendere nella terra in maniera sottile
sfumare al crepuscolo
tu fai così quando saccheggi il mio cervello
ti infili nell’insensatezza della mente
lo chiami sogno e io inquietudine.
Accendi la sigaretta dopo il bacio
per la prima volta contempli il soffitto
fai spazientire
le lettere stracciate nel cestino
le cartoline.
Poi imposti la direzione del braccio
lacrimogeno per non intossicare la gola,
servo la cena con dedizione.
Assottigliandomi verso l’uscita
brancolo spaiata e sbieca negli ultimi passi.
***
Mi sono allungata accanto a te l’altra sera
sembravo diluita nella lacrima distesa
avvertivo il cambiamento dell’intelligenza
le parole mi abitavano con una forza viva
forse il mio seno si preparava a rotolare via
dalla lontananza sfiorandoti come qualcosa
rimasta laggiù, in un giorno andato, accartocciato,
lavato dalla pioggia e scolorito
un tempo di paure o mille ceneri
come fossero teli che ci condensano e ingrigiscono
una seconda volta, ripetendo ombre in tanti soli,
città stellari dove vorrei vivere, fatte di lapilli
e piccole promesse. Sei tu il bradisismo di cristallo
sei tu il petto solitario e le mille donne nude
di schiena sullo scoglio, strette tra rose e ginestre
incorniciate
lì per te darò alla luce una calla dal cuore giallo.