A. Gloria Marigo per Luciana Moretto con «Veder chiaro»
![]() Veder chiaro
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autori: | Luciana Moretto |
formato: | Libro |
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Nota in margine a Veder chiaro di Luciana Moretto, La Vita Felice, 2016
Veder chiaro è la seconda silloge di poesia che la poetessa trevigiana Luciana Moretto affida alla mia lettura e per questa fiducia la ringrazio e, maggiormente, poiché questo suo essere presenza alla mia attenzione è da me sentito come un predestinato esercizio di comprensione delle “cose schiave”, di riconoscerle nella costanza della loro ragione d’essere e anche nel loro assurgere incombente nelle alternanze dei giorni, del tempo che si declina indifferente a noi che lo attraversiamo con le nostre vite. Mi colpisce il titolo: breve, assoluto: il verbo che implica la vista – il senso che consente al mondo di entrare nel nostro pensiero immaginale – e il sostantivo o l’aggettivo sostantivato che comporta la luce o, quanto meno, la fuga, l’abbandono del buio. Mi raggiunge immediato un ricordo: La memoria non ha palpebre, il libro pubblicato nel 2012, testimonianza della perdita di una vita cara che lascia quel vuoto d’affetti per cui è inevitabile la domanda su quanto si sia stati prossimi o distanti, su quanto l’“incontro” sia stato vero e carico di significazione nel tempo concesso e modulato sul pentagramma del sentimento e della ragione, così che tutto quanto ci riguarda ha struttura sia semplice sia complessa e a ciascuno è dato il compito di “veder chiaro”, se si accoglie la vita nelle sue inevitabili e profonde implicazioni. Intuisco che vi possa essere un fil rouge tra le due sillogi e più tardi, alla lettura di Veder chiaro, riconosco che quanto intuito è reale e inevitabile, poiché quando la scrittura raggiunge la maturità consapevole del proprio dettato, non può fare a meno di portare alla luce quello che in un termine letterario si definisce “poetica”.
Veder chiaro si presenta quale ulteriore costruzione che, non dimentica dell’architrave – intimistica – che la precede, stipula una consecutio temporum efficace a dimostrare che in Luciana Moretto la parola della poesia è forma e contenuto all’unisono e procede con i crismi creativi di realtà che s’innesta sulla precedente, ma la supera in ulteriori dettagli di mondo, di maieutiche di mondo, di sapienze e afflati che ne discendono. A questo proposito, nel chiarire la complessità del rapporto che la poetessa intesse con persone e mondo è interessante osservare la scelta degli ex ergo alle cinque sezioni: sono tutti esattamente funzionali e, in un crescendo che stipula uno sposalizio esemplare con le poesie, trovano in Spostare l’ombra la dimostrazione della cura, della devozione che la poetessa intesse con l’immediato e il più distante intorno: per lei, per il suo essere perpendicolare agli accadimenti umani della storia intrapersonale e interpersonale è fondamentale, vitale essere presente alla natura fisica e metafisica del mondo «... lucidando a specchio...» quanto è consentito.
«Se ogni cosa al mondo è molto più / di ciò che appare, se oltrepassa / non si sa come la propria misura.../ allora come pensarmi sola /per solitarie vie di campagna /apparentemente sempre le stesse: / c’è una corona di presenze /
tutto intorno all’anno, / una fragile compagnia / che mormora qualcosa, / di volta in volta /di consolazione o consiglio – // non saprei dire chi ha potuto /assegnare loro un messaggio per me, /richiamo involontario /a uno stato interiore / popolato di malve violacee /di salvie rifiorite a novembre /di fiori di cicoria azzurri /come lo sguardo ahimè / di chi se n’è andato...» ( Spostare l’ombra).
Adriana Gloria Marigo
Luino, 4 dicembre 2018