A. Lillo per Marco Amendolara
![]() Il corpo e l'orto
|
|
autori: | Marco Amendolara |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Antonio Lillo per Marco Amendolara
Marco Amendolara, IL CORPO E L’ORTO, La Vita Felice, Milano 2014
Non si può che definire splendida quest’ultima raccolta di Marco Amendolara, pubblicata postuma ma ordinata nella sua sequenza dallo stesso autore poco prima della morte. Ed è difficile, infatti, non ravvisare o perlomeno separare il senso ultimo dell’opera dalla vicenda umana e autobiografica del poeta campano. L’opera, ovviamente, nella sua sfaccettatura offre molti più appigli e significati nascosti di quanti se ne possano semplificare qui, eppure il tema cardine, di chiare influenze classiche, riguarda la dolorosa presa di coscienza del passaggio dalla gioventù alla maturità – il libro è stato scritto intorno ai quarant’anni dell’autore –, l’avvertire come questo passaggio porti il corpo, irreversibilmente, alla corruzione, lo conduca all’inevitabile fine, e come ne consegua l’ossessiva ricerca di una possibile estrema soluzione, che il poeta ci offre in un’immaginifica, cruenta e a tratti morbosa metamorfosi.
«Vorresti abbandonare il corpo/ rimanendo in vita» scrive rivelandosi, e poi «quando non hai corpo ti conosci meglio». Il resto del libro è una lunga sequenza dei tentativi di avvicinarsi, attraverso la parola, a quell’ideale salvezza: farsi orto, perché «il corpo con nessun corpo coincide» e deve quindi (non potendo salvarsi nell’altro) farsi natura; ritornare di continuo attraverso le stagioni e le cure, accogliere in sé e sfamare, e in senso più fantastico essere attraverso la popolazione microscopica dell’orto, che sembra venir fuori da un acquerello di Paul Klee: gatti, ranocchi, uccelli, insetti e piante, vitali e brulicanti nel sogno, «e tu, dissolto, cenere,/ tu stesso orto». Poesia, dunque, sulla fine del corpo e contro la sua fine, sul lungo processo di dissoluzione del corpo stesso e mutazione in orto, in terra. Il corpo e l’orto, a dispetto quindi della prima impressione, che può far pensare al diario di un uomo che si appresta a lasciare la vita, è invece, di contro, il canto d’amore alla vita di un uomo che si sente inadeguato ad affrontarla e chiede così di potersi espandere oltre se stesso, fino ad abbracciarla e farsene pervadere: «era tutto orto, lo spazio/ che ti abitava». Polvere alla polvere. Polvere alla vita.