A. Vetere per Bolis - L'organo della divisione
![]() L'organo della divisione
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autori: | Maddalena Bolis |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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L’organo della divisione
di Maddalena Bolis
Dalla penna di Maddalena Bolis, nascono cinque poemetti, felici risultati di una lettura profonda e vissuta del pensiero di Marina Cvetaeva. L’autrice così ci restituisce vibrazioni poetiche, proprie della autrice russa, morta suicida a soli quarantanove anni. Infatti, è dal tragico che riparte Maddalena Bolis ed in particolar modo dall’aspetto taumatologico che impregna tutta l’opera della poetessa amata. Ma ciò che ci sorprende leggendo il libro, è la sinergia poetica condotta in perfetta assonanza con i versi studiati; in pratica, un transfert emotivo che risolve il krime tra due parti opposte: la vita, con le sue tremende esperienze e la morte con il suo meraviglioso mistero che la accompagna. La morte (ci dice l’autrice), ha un sapore completo, è un ritorno/. Solo i contorni anneriscono/ traducono sguardi avanti e indietro, perché tutta l’immagine di Dio/ ha una carne dissimile/ -corpo astrale da difendere. Lo stesso titolo: L’organo della divisione, appare nella sua fulgida rivelazione già scritto sul palmo di una mano, lo stesso che segna il destino dell’umano divenire. Solo pietre sfregate, / incantesimi tirati giù,/ ecco la sfera- mondo inospitale/ Arrivo!/ Obbedisco alle ossa,/ non distinguermi cammina lontano:/ la legge è sul palmo, la vita-una linea. L’opera di Maddalena Bolis, è tutta una figurazione retorica che ricalca una poetica immersa in una atmosfera orfica, dove il limen tra vita e morte si confonde per l’artifizio poetico che cerca la parte di te che scende/ che tende nel verbo dell’Ade, vero superamento dell’esistere. La poesia è colei che cancella l’errore di una limitante e superficiale definizione di fine. All’idea reiterante della divisione, si oppone l’esigenza di presentare la morte come sovrapposizione alla vita, ora vista senza soluzione di continuità, dove luoghi, passioni, percezioni, situazioni, fanno da sfondo al ciclo che compone l’eterno presente. Questo è il solo modo di riparare alla separazione operata dal suicidio. Infatti: Nutro questa posa/ - arco che non sa chiudere./ Dov’è la pelle dell’invertebrato peccato?/ Il filo di Arianna che trova il minotauro?/ Questa volta l’occhio non verrà accecato:/resta il coraggio di lasciarsi guardare. Per l’autrice, la vita nasce entro una malattia che, ben inteso, non è intesa come rottura dell’equilibrio biologico, ma divisione tra lo stupore e il tremendo; scindibile sul piano filosofico, ma inscindibile sul piano dell’arte e perciò indagabile attraverso i canali che solo un poeta può percorrere seguendo la traccia lasciata da una poetica amata.
Aky Vetere