Adriana Gloria Marigo per Fabio Dainotti con «Ultima fermata»
![]() Ultima fermata
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autori: | Fabio Dainotti |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Tracce circostanzialiste e parmenidee nello spazio e nel tempo di Ultima fermata – Poesie e racconti in versi
«Quando siamo ancora fortemente proiettati verso il futuro, il nostro passato con i suoi peculiari piaceri non ha alcuna presa su di noi. Giungerà a suo tempo l’ora delle “Memorie”, il volgere la testa all’indietro. In quel momento l’uomo compensa la sterilità del suo avvenire con un insperato rinverdirsi di tutti i paesaggi inariditi.»: sono le parole di José Ortega y Gasset contenute nel Prologo per gli spagnoli di quelpregevole libro che è Il tema del nostro tempo, e bene attengono all’ultima raccolta del poeta e presidente onorario della Lectura Dantis Metelliana Fabio Dainotti Ultima fermata – Poesie e racconti in versi, La Vita Felice, 2021. Fin dal titolo, a modo di dichiarazione inevitabile, esplicita, iscrizione di frontone autorevole, esaustiva, il poeta ci pone di fronte a una circostanza il cui carattere è la ‘conclusione’: di un viaggio, o percorso, o piuttosto percorso di un certo viaggio che ha esaurito le proprie urgenze, le fascinazioni, i contributi di apprendimenti che formano, affinano, capitalizzano la vicenda personale durante tratte di vita reale e simbolica, chiude il tempo dei progetti sognati e realizzati, degli ideali e apre il tempo dell’andare à rebours: tempo non avulso da certa nostalgia e revêrie che tracciano versi dai sentori di malinconia sfiorata da amabile ironia. La percezione della fine del viaggio avvia l’osservazione sul passato, sui particolari dell’accadere che si manifesta sia per forme oggettive – le cose quotidiane, gli incontri, le perdite, gli eventi banali o straordinari – sia per atmosfere e ritmi di eventi – la grazia della meraviglia, la mestizia delle sottrazioni, la numinosità dell’ineffabile – secondo una misura cara all’Autore e che consiste in una nota che ha la melodia delle cose in penombra, sfiorate da luce lieve, propensa ai toni della malinconia dei poeti crepuscolari: si tratta del paradigma di quel carattere attento ai modi di una sottile eleganza intellettuale e formale che trova riscontro nell’uso della parola, della versificazione solo all’apparenza semplice, incline al discorsivo: in realtà il raggiungimento di un fraseggio comprensibile e al contempo carico di suggestioni come quello evidente in Ultima fermata – Poesie e racconti in versi è il risultato di attenzioni ineludibili per la parola pregna di auree immaginali, mnestiche come ha rimarcato in Nota il poeta e critico Luigi Fontanella. Lo sguardo rivolto all’indietro – questa rassegna perlustrativa dell’avvenuto con le sue dissonanze esistenziali e le sue fragili delicate virtù – consegna poesia in cui la costante presenza umana attraversata da sinfoniette paesaggistiche come in Paesaggio sul Ticino disegna spazialità intramate di tempo il quale, per sua natura essenzialmente astratta simultaneamente presente e assente, non è immobile, ma percorso dal cambiamento. E il cambiamento che «permette di discernere uno stato precedente di un corpo dal suo stato successivo, che si è originato solo in seguito allo stato antecedente che, come dice il termine stesso, lo ha preceduto, ossia è occorso prima di esso temporalmente, di modo che, attraverso il mutamento, è possibile approssimarsi alla comprensione dell’avvenire del tempo mediante la distinzione netta di un prima e di un dopo.» (Giovanni Mazzallo, Il tempo in Parmenide e Einstein) consente al poeta di scrivere «Ma il berceau è spoglio, rotta la panchetta, / dove leggevi romanzi d’amore / tutta sola, protetta, / nel sole, da una paglia fiorentina.»: le immagini–fotogrammi che sembrano immobili, cristallizzate nostalgicamente in un tempo lontano, sono percorse da una coloritura che emana onde vibrazionali, suggestioni che raggiungono il presente dove si percepisce che l’immobilità appartiene al passato, mentre la suggestione al presente e che in tale rapporto si situa l’immaginazione che è ponte, vitalismo del tempo. Cose e persone sono connotate e descritte ‘in essere’, in momenti attivi dove la nostalgia resta sospesa, aleggiante, preferendo l’affioramento della circostanza: avviene che i versi in Primi Juke–Box «Si andava “Da Gisella”, nelle sere / d’estate, in Franciacorta, / a sentire il juke–box, / un cerchio di splendore / e intorno l’ombra.» siano a confermare un tratto evidente che percorre il libro e corrisponde, ancora una volta, all’espressione di José Ortega y Gasset «Io sono io e la mia circostanza»: «la trasognante attrattiva di questi versi» (Luigi Fontanella, Nota) emerge da una sapienziale architettura poetante in cui la narrazione lirica mette in atto una serie di esistenze ed eventi in circostanze determinanti, poiché la vita accade non «al di fuori di ogni luogo e di ogni tempo» (José Ortega y Gasset, Prologo per gli spagnoli), ma nel manifestarsi di coordinate spaziali e temporali che Fabio Dainotti tratteggia con versificazione sicura, ferma e sentimento lirico di grande armonia formale rifuggente da ogni artificiosa astuzia rimaria.
dic 2021