Alessandra Corbetta per Adua Biagioli con «Il tratto dell'estensione»
Il tratto dell'estensione
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autori: | Adua Biagioli Spadi |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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I Fiordalisi – Il tratto dell’estensione
di Alessandra Corbetta · 30 marzo 2018
Il tratto dell’estensione (La vita felice 2018), ultima produzione poetica dell’eclettica Adua Biagioli Spadi, è un’opera, prima di tutto, intensa. Intensità che si evince già da quell’atto del tracciare per estendere del titolo: un gesto semplice, in apparenza, ma necessitante di precisione e volitività. Un titolo, poi, presupponente che l’estensione possa avere o abbia un segno grafico in grado di denotarla e renderla riconoscibile; mutatis mutandis che l’andare oltre, il superamento del confine e tutti gli altri sensi attribuibili metaforicamente all’originaria estensione grafica possano essere valevoli di extra-ordinarietà.
Articolata in tre sezioni (La linea fragile; Il segno possibile; Perdersi non più), ognuna aperta da una citazione di David Grossman, la raccolta si muove tutta insieme in un climax crescente di ritmo e profondità, cosicché l’estensione arrivi a coinvolgere il lettore su ogni piano, sensoriale e pure semantico. La Biagioli annida il suo versificare dentro una natura onnipresente, a significare continuamente l’imprescindibilità dell’esistenza umana dall’esistenza in quanto tale, appartenente a tutte le cose del mondo additabili di vita.
Cosa ne faranno le lune
di questo cuore in disuso dimmi,
dei tuoi occhi di foresta che il tempo mi concesse
colpe divise a schiera quasi fossero
biglie per gioco, ferite inferte, veleno per piante.
Ho chiesto alla rosa il senso del fragile,
il precoce spezzarsi della ghianda:
il silenzio trova sempre un posto per inserirsi,
scava sempre il niente e il tutto per estensione.
È proprio negli elementi della natura, considerati nella loro forma reale, seppur assunti senza sosta a termine di paragone ed elemento descrittivo dei moti interiori dell’uomo, che l’autrice ritrova l’espressione tangibile e visibile di ciò che anche per la parola è difficile spiegare, costretta com’è ad andare sempre oltre, a estendersi oltre sé stessa. Nell’incontro, però, tra logos poetico e iconografia, offerta dalla spontaneità del creato osservato dallo scorcio dell’occhio attento, la possibilità di ricostruzione del senso passa dalla potenza all’atto, verso una deiscenza inaspettata, ma fortemente voluta, che non può che portare a dire che la vita è un’apertura rosso ciliegia.
La linea esistenza-natura-parola prosegue poi, quasi obbligatoriamente, con l’amore, indice dell’unica direzione valevole di creare un percorso da seguire.
Qui la margherita
fiore-foglia, luce-devozione
aggiusta un dialogo mai allestito
mentre tu procedi a fianco invece
alludi ancora ad alterne ampiezze
ai confini empi dell’appartenersi.
Si viene così a determinare un tratto composito che, come il filo del cucito infilato nella cruna dell’ago, procede in un dentro-fuori/fuori-dentro intermittente ma in grado di costruire, di generare; non è infatti un movimento oscillatorio quello con cui la Biagioli dirama i suoi versi, bensì uno scatto teso e preciso, talmente definito da richiedere l’ausilio di tutte e cinque le sfere sensoriali per poter essere colto nella sua interezza: da qui, l’uso marcato e ricorrente della sinestesia, emblema retorico della totalità ricercata nel vivere.
Il sorriso grasso di un bambino apre cieli di finestre
scombinato atto o danza di falene,
nasconde il senso della vita bambole, campane
tracciati permanenti di delfini
ultrasuoni di farfalle in pieno mare.
Ad avere l’ultima parola, in questo cammino regolare e denso, è il tempo, nei suoi incessanti inizi e nelle sue inevitabili fini: non c’è malinconia del passato, né tensione enfatica al futuro quanto piuttosto un ragionamento garbato e vivo, impregnato di consapevolezza, su quello che è stato e ciò che sarà, all’apice di un esser-ci nell’hic et nunc reso da versi penetranti, di reale valore poetico.
L’ultima penna ha un flusso indefinito
un sentire pesante la levità delle stelle,
c’è sempre un vortice che fa morire dentro:
cicatrice scivola la scrittura
ricominciare ha il sottile sapore del ritrovare senso.
Una raccolta differente, di quelle che non fanno chiudere il libro anche quando si è finito di leggerle: i suoi versi accompagnano, inscrivono, incidono, tracciano nuove forme di pensiero, allargano ed estendono lo scrivere e il vivere. E a chi allarga ed estende queste dimensioni imprescindibili dell’essere bisogna sempre essere grati.
Perdersi non più,
ti cercherò altrove
oltre il tempo di un sovvertito spazio
di improbabili equilibri.
Il divenire è evoluzione,
meta umana della genesi.
Adua Biagioli Spadi, pittrice, Maestra d’arte e Operatrice Culturale opera a Pistoia; presente in numerose pubblicazioni antologiche di premi letterari nazionali e internazionali, tra cui Ambrosia, presentata a EXPO’ 2015 – Milano, e “Novecento e non più. Verso il Realismo Terminale” presentata alla Fiera di Roma 2016 ed. La Vita Felice (MI), in Agende Poetiche (Ibiskos Olivieri – Otma Edizione) e Collane Letterarie – Schegge d’Oro – Montedit ed.; Agape (La Vita Felice). Socia di diverse accademie letterarie, a giugno 2015 pubblica l’Opera Prima “L’Alba dei papaveri” – Poesie d’amore e identità- Edito ‘La Vita Felice’ (MI), 2° Premio Letterario Giovane Holden 2016 per la sezione poesia edita e finalista al premio letterario Alberoandronico 2016. Interessanti recensioni sul libro si trovano su riviste letterarie (“La Nuova Tribuna Letteraria” / “Qui Libri”). A maggio 2017 pubblica “Farfalle” – Gaele Editore, un piccolo libro d’Arte a tiratura contenuta di pezzi unici contenenti unica poesia e disegni dell’autrice. Da luglio 2017 lo stralcio di una poesia tratta da “L’Alba dei papaveri” viene scolpito su stele in pietra serena e ubicato in località San Pellegrino di Sambuca Pistoiese per la valorizzazione della cultura e della montagna (Progetto culturale Parole di Pietra). Cura il Sito Internet www.aduabiagioli.it.