Alfredo Rienzi per «Autobiografia del silenzio» di Cinzia Marulli
17.10.2022
![]() Autobiografia del silenzio
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autori: | Cinzia Marulli |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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su blog DI SESTA E DI SETTIMA GRANDEZZA –
Il nuovo lavoro in versi di Cinzia Marulli, Autobiografia del silenzio. L’orco e la bambina (La Vita Felice, 2022) ci proietta direttamente in uno degli irrisolti vortici di senso del fare poesia, ovvero se questa abbia fine e scopo in sé stessa o se possa, e in che modo e in che parte, essere con altrettanta lampanza, mezzo e strumento.
Certo non è possibile sviscerare qui la questione, e nemmeno addentrarsi adeguatamente in essa, ma si vedrà come l’autrice stessa orienti il lettore sul suo specifico intento, deponendo un primo indizio già nella dedica iniziale ai bambini violati.
E già che ci siamo, ci si pone, di fronte a quest’opera, tanto esile quanto intensa, a un’altra questione basilare, ovvero su cosa può essere efficacemente detto in prosa o in poesia o, meglio, su come venga veicolato e arrivi lo stesso messaggio, espresso in prosa versus poesia (per semplificare, ché, infatti, non potrà più essere lo stesso, al momento che si scelga una o l’altra via).
Perché ciò?
Non tanto perché l’opera inizia (Il prima) con sei brevi prose, cui si aggiunge quella che chiude la seconda parte, L’orco e la bambola, ma perché tutta la vicenda – fattuale ed interiore – è in fin dei conti narrata sui due binari. Attraverso i ventuno testi poetici, le già citate prose brevi e la narrazione asciutta e nuda, Il fatto, che apre la Nota dell’Autrice, a chiusura del libro. Non è una questione esegetica o critica. È esperienziale. La lettura e, prima ancora, il pensiero in versi, è al tempo stesso esplorazione, catabasi e catalisi, processo alchemico, apertura, interrogazione, creazione e resurrezione. La stesso fatto, nella narrazione prosastica, anche in quella elevata di Lettera per tutti voi (che chiude il libro e pone il sigillo alla mia domanda iniziale sul senso del fare poesia, questa poesia), lo stesso racconto, dicevo, è “solo” un grumo di dolore che si incide a margini netti, precisi, antipoetici, nelle viscere del lettore.
Dunque, assolutamente, è necessario leggere prima i versi e le prose poetiche e solo in un secondo tempo la Nota, come sempre dovrebbe essere e come saggiamente propone l’autrice.
Veniamo allora allo sviluppo di Autobiografia del silenzio.
Una poesia incipitale isolata è quasi un indice in pectore, che introduce i tre protagonisti, due corporei, l’orco e la bambola, ed il terzo immateriale, il perdono.
Le sei prose poetiche della prima sezione introducono, con una sorta di reverie scenografica la bambina-bambola, che, trattandosi di una vera autobiografia, ha nome e volto impliciti. Gli occhi (scuri) e soprattutto i «sogni» tratteggiano lo spazio di vita all’orizzonte e oltre; il «grembiulino […] inamidato» , il «vestito buono, le scarpette lucide di rosso» descrivono una infanzia di cura, serena, con le pastarelle della domenica e la poesia di Natale.
Un cielo, insomma, sereno. Candido, virginale, da contrapporre alla crudezza che verrà narrata.
Nella seconda sezione, L’orco e la bambola, si compie “il fatto” che incombe senza riparo, già nei primi versi:
«Sono il mostro che ti prenderà
non puoi scappare bambina
non ci sono ripari nel bosco scuro»
(pag. 21)
La devastazione è improvvisa, un fulmine nero, e latrice di una violenza definitiva:
«in pochi istanti il male
il male per sempre.»
(pag. 22)
La gravità del male ha, in quel «sempre», una connotazione infernale, dove le pene sono «l’aria immobile del terrore», «le lacrime rosse di sangue», «la vergogna immonda».
Il dopo, terzo e ultimo tempo, è quello di una titanica, prodigiosa resurrezione, un canto alla sacralità dell’umano, alla forza imparagonabile del perdono. Con pochi versi al tempo stesso evocativi e chiari, Cinzia Marulli offre al lettore il percorso di ritorno alla vita e la conseguente intima risalita della parola dall’”indicibile” verso ciò “che deve essere detto”. Uno smacco al male. Un doloroso trionfo.
«dimmi tu – dimmi
ci sarà un giorno
il bianco velo della resurrezione?»
(pag. 35)
«il suo biancore immenso
rende luce tra quel nero»
(pag. 36)
«…un giorno
[in cui] la bambola si è risvegliata
viva»
(pag . 37)
Lo scatto salvifico risuona nei versi del testo a pag. 42, da esporre nella sua interezza:
«Quello che è stato è stato
il male è indietro
la vita ha vinto sulla vita
dall’interno la luce
ha dipinto di sole
la cicatrice
nessuno ha potuto offuscare
l’amore
quell’amore che cresce
nel mio grembo
e che ha il volto meraviglioso
del bene.»
Ma, a questo punto, occorre fare ancora un passo e andare a chiudere – nel cerchio che si completa – le risposte alle domande che l’opera pone e che in apertura ho in parte indicato, sulla poesia come strumento e sulle diverse modulazioni espressivo-comunicative del verso e della prosa. Dobbiamo, cioè, andare In fine, ovvero nell’ultima sezione dell’opera, il cui testo poetico è il testamento poetico della vicenda, ordita di dramma e di speranza:
E con questo
è stato detto tutto
nulla si può aggiungere alla storia
che la bambola ormai è cresciuta
trasformando in amore
il suo dolore osceno
tiene tra le braccia l’uomo nero
lo accarezza e lo perdona
e con lui se stessa
gira poi la testa
verso l’alto
guarda oltre
nel registro della memoria
conserva solo il bene.
(pag. 47)
Profonda è la commozione che generano questi versi, ma Cinzia Marulli va oltre, nella Nota, nel convogliare l’energia emotiva verso la finalità etica. La poesia si dichiara allora strumento, senza più dubbi. Occorrerebbe riportarla per intero, la sua dichiarazione finale. Invoglierò a farlo riportandone solo brevissimi stralci:
«Ho portato dentro di me questo segreto per tutta la vita. Ho iniziato a scriverne otto anni fa, dopo la morte di mia madre. […] Solo recentemente ho deciso di pubblicare […] per dare voce a tutti quei bambini che, come la me di allora, non hanno la forza né il coraggio di parlare.»
Ed è per questo, in nome di quei «bambini violati», con la dedica ai quali comincia Autobiografia del silenzio, ora che «finalmente, si è aperta la parola, passando attraverso la conoscenza del male fino allo splendore del bene».
Una lezione in versi e parole, ma soprattutto un inno alla grandezza che si annida e sostiene, spesso insospettata o addirittura negata, ogni creatura umana sulle sponde del mondo.
Alfredo Rienzi
30 settembre 2022