Anna Maria Vanalesti per Alessio Brandolini - Nello sguardo del lupo
![]() Nello sguardo del lupo
|
|
autori: | Alessio Brandolini |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
ABITARE NELLO SGUARDO DEL LUPO
Sulla poesia di Alessio Brandolini
Risalire dalle profondità del tempo e dell’esperienza vissuta, diviene l’obiettivo da raggiungere ed è operazione lenta, paziente, nel corso della quale, rivede luoghi ed eventi, cercando sempre di ricostruire una propria identità e di contemplare se stesso, nelle sue disilluse aspirazioni. L’io, in tutto questo, è collocato fuori centro, mentre il poeta si affida ad uno scenario familiare, di una Roma rappresentata in tutta la sua maestà e la sua miseria, città con cui c’è un rapporto di amore ma visto in negativo. Il linguaggio si fa diluviante, cadenzato da parole-chiave come sguardo, diluvio, groviglio, gabbia, disfare, trucchi, varchi, rifare. Si disegnano così dei temi precisi: il desiderio di trovare l’altrove nell’altro, il bisogno di dare l’esatto nome alle cose, l’amore ferito, ritrovato e riperso, l’esigenza di avere un risarcimento per un’infanzia da riscattare, il dover attraversare l’ombra, il doverne affrontare la paura e, ancora, la sofferenza fisica, la certezza che al lupo la conoscenza viene dal buio. La poesia per Brandolini non è salvifica, (la poesia non è la forma che salva), né consolatrice, ma è isolamento, ferita, consapevolezza di essere isolati, davanti al male e quindi, da questo, nasce l’urgenza di fare chiarezza, di sciogliere l’intrico, di ridare significato alle cose.
Nelle sette sezioni che compongono il libro e che vanno lette in sequenza, senza saltare alcun passaggio, perché fanno parte di un itinerario progressivo preciso, il poeta prende via via coscienza di sé, attraverso una meditazione che muove da una poesia siderale, nella prima sezione Costellazioni e si addentra nel bosco Germogli nei grovigli, ove l’autore, divenendo già lupo, entra nel suo corpo, sotto la forte suggestione di quei varchi del silenzio che appaiono in L’altro e l’altrove. Si decentra gradualmente l’io poetante in Chiamo da un altro pianeta, per arrivare alla sezione di Parole suggerite allo specchio, uno specchio che parla; qui alla poesia si accompagna la prosa, senza nesso di continuità, quasi che la parola poetica, insufficiente ad esprimere la smania del poeta di approdare ad una lingua che aspira alla perfezione, ceda al periodo lungo e discorsivo della prosa per spiegarsi meglio. Grovigli, barricate, labirinti, porte blindate, metafore degli infiniti ostacoli dell’esistenza, mai rinunciando a cercare l’amore, che comunque, pur lacerato e minacciato, si ostina a resistere, perché l’amore è lo sparo che sgombra vene, rimuove / i sibili del vento.
C’è in ogni momento in queste poesie la coscienza di un dolore universale che coinvolge tutti, ma anche la convinzione che sia il destino a lanciare i dadi (il destino lancia i dadi, brucia le nostre dita, si legge nella penultima sezione L’ombra dei funghi), tuttavia il poeta continua a scrivere e il foglio è per lui un prato verde in cui avanzare (scrivo prato e il verde prosciuga / la palude e una canoa procede / tra le canne). I versi di questa sezione sono asserzioni taglienti, che scandagliano la realtà e ne dichiarano a chiare lettere la trama insidiosa: rifare il trucco all’infanzia negata, la traccia è quella del lupo / gli vado dietro mentre dorme, la notte è un groviglio di nodi, nulla si cancella ma tutto si dissolve, non voglio l’assoluto.
Dobbiamo prendere queste asserzioni come lampi di luce che illuminano il percorso del lupo, segni che il poeta coglie per tracciare la sua mappa di ricerca, mappa che si completa nell’ultima sezione, Nello sguardo del lupo, che dà il titolo al libro. Qui tornano nomi, persone incontrate, amici, giorni, movimenti del mondo e il lupo non si aggira più nel bosco, ma è uscito allo scoperto dall’ombra, diventando egli stesso luce da proiettare sul cammino. Da figura di morte, il lupo si è trasformato in luce, quasi simbolo di una conoscenza nuova di cui egli è portatore. Poesia e prosa si alternano in un spasmodico inseguimento delle parole più esatte, più idonee a rendere il caos della mente e del cuore, più consoni a cercare la pacificazione con il tutto. Di pacificazione, infatti, bisogna parlare come della corda più consona a Brandolini, che se da un lato riconosce lacerazioni e agguati mortali da parte della vita, dall’altro desidera ricomporre i conflitti, sedare l’animo mai quieto, arrivare ad una pace interiore, in cui la parola poetica abbia finalmente il suo definitivo appagamento.
Non siamo certo di fronte ad una poesia facile, perché quella di Brandolini è non solo poesia colta e raffinata, ma densa di pensiero, stratificata a vari livelli linguistici, in quanto ingloba accanto alla tradizione, uno sperimentalismo moderno, mai sazio di sfide nuove da lanciare, che richiede da parte del lettore attenzione e volontà, non tanto di una decodificazione, ma di una coerenza nel leggere fino alla fine il libro che, lo ripetiamo, non va interrotto, nel suo filo portante, perché si dipana in una sorta di plot da romanzo poematico, con un suo incipit e una sua ineludibile fine, o conclusione.
E la conclusione giunge puntuale con il volteggio dei gabbiani sulla cupola di Sant’ Ivo alla Sapienza (non poteva mancare l’ultima scenografia romana) mentre l’io del poeta, non più decentrato, ora segue lento una nuova traccia, non del lupo, ma del cane che dorme.
Metaforico linguaggio, irto di simbolismi affascinanti, ma soprattutto carico di tensione emotiva e di forza figurale. In definitiva questo è un libro nuovo, diverso e decisamente “altro” rispetto al trionfo dell’attuale, dilagante “poetichese”.
Alessio Brandolini, Nello sguardo del lupo, La Vita Felice, 2014, pagg. 96, euro 13.