Anteprima Poesia: Dialoghi con l'altro mondo di Salvatore Contessini
![]() Dialoghi con l'altro mondo
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autori: | Salvatore Contessini |
formato: | Libro |
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Dialogo in versi con 11 poeti che hanno scelto di porre termine alla loro esistenza terrena. A fine volume, un'originale sezione per le note riferite ai poeti suicidi.
Quello proposto è un dialogo tra interlocutori di cui solo uno è presente, come “interrogante” in qualità di autore (versi in tondo bandierati a sinistra); l’altro, “l’interrogato”, è colui che risponde avvalendosi di alcuni versi (riportati in corsivo) che appartengono a undici poeti – identificabili dalla citazione d’apertura di ogni dialogo – integrati da versi originati da una sorta di sdoppiamento dell’autore.
Si tratta di un percorso per voci, una sfida in cui ci si trova impigliati e in cui si determinano progressivamente le soste successive, fino all’ultima.
Sono epigrafi che portano memoria e inchiodano il pensiero all’essere e, nel pensiero avviluppati, ci si allontana verso un dove che non si conosce.
Il viaggio irretisce, le incognite hanno l’opportunità di virate improvvise per mantenere una direzione che appare come pianificazione anteriore. Non parla la mente, sono le emozioni che assalgono e prendono il sopravvento.
***
Lasciarsi cullare in questo luogo di rifugio meditativo è stato per me lenitivo: il silenzio dell’eremo interiore raggiunto ha dato vita a una composizione fatta di testi con attributi teatrali, come si conviene a un esorcismo.
La scelta (degli 11 dialoganti) è avvenuta secondo due criteri: l’esclusione di poeti che hanno già avuto il beneficio della “popolarità allargata”, per proporre autori che non portano la stessa notorietà, e una preferenza di voci femminili, più che per una questione di genere, per un personale gradimento della sensibilità e della espressività creativa delle donne. Infine, anche se limitatamente, ho cercato di valicare i confini nazionali. La forma del dialogo ha giocoforza prodotto un sottoinsieme circoscritto, ma rappresentativo, con l’intento di non gravare il lettore oltre che con il tema, anche con il numero degli autori proposti.
La curiosità indagatoria nei confronti di chi ha descritto l’abisso, dopo averlo fissato, ha consentito una personale trattazione del soggetto. Ne è derivata una somma di pensieri partecipati che mi appartengono, ma che non sono certo sintesi di quelli che mi costituiscono.
Credo di aver trovato interrogativi che si convengono a ognuno di noi e che, in ognuno di noi continuano a permanere nella loro insoluta interrogazione.
Ho tentato risposte attraverso un calibro di versi che, utilizzando gli scritti degli assenti, fornisca una possibile interpretazione dei quesiti posti alla loro e alla mia esistenza.
Cosa portiamo dei vivi che hanno accettato di vivere rifiutando il precipizio del dolore? Nulla.
Quello che portiamo dei morti volontari è una fine che si racconta nello sgranarsi del tempo da loro assegnatosi. Una responsabilità che ha pesato e pesa come fardello collettivo, per i rimasti e le persone care. Un fardello annichilente.
È qui che ho tentato di fissare lo sguardo, in un varco difficile che subitaneamente si richiude. Qui ho provato a registrare una cronaca come teorema poetico, con la consapevolezza che il significato degli scritti consultati e dei versi letti, ancorché parziale, porti in nuce il superamento della transitorietà di quanto ci tocca nell’iperbole dell’esistenza.
Quello che residua è la riflessione postuma, l’esame tardivo, la limitazione di un pensiero privo del conforto, in primo luogo per gli assenti temporalmente a noi più prossimi e, soprattutto, per la loro ricorrente giovane età.
A loro, in memoria di quanto ci hanno lasciato, dedico questa silloge.
INDICE
11 Dialogo Impari (Saffo)
14 Dialogo Primo (Carlo Michelstaedter)
18 Dialogo Secondo (Georg Trakl)
21 Dialogo Terzo (Antonia Pozzi)
24 Dialogo Quarto (Anne Sexton)
27 Dialogo Quinto (Cesare Pavese)
30 Dialogo Sesto (Amelia Rosselli)
33 Dialogo Settimo (Stefano Coppola)
36 Dialogo Ottavo (Nadia Campana)
39 Dialogo Nono (Salvatore Toma)
42 Dialogo Decimo (Claudia Ruggeri)
46 Note
***
Signore, lo giuro sulla dea beata:
non più voglio stare sulla terra,
desiderio di morte mi prende,
di vedere le sponde d’Acheronte
fiorite di loto...
Saffo
Dialogo Impari
Se le parole al modo di tempesta
usano vesti di consigli accolti
undici vite predicate lasciano spaiate orme
singole orme, diafane danzanti ombre.
Numero che marca limite
di comprensione umana,
di forza visionaria con pari proprietà
dei due princìpi. Densi gli accordi
oscillano a memoria, infranta, labile, memoria.
È vero di Gorgone l’incanto fatto pietra?
Cosa c’è
in fondo ai tuoi occhi
dietro il cristallino
oltre l’apparenza?
Dove il tempo
d’improvviso
si ferma
e
la mia anima
sulle tue labbra
resta
sospesa?
Svesto la suggestione della roccia viva
che s’apre a contenere salme oltre il salmastro
mare, specchiato in colpi per l’oblio scolpiti.
Ioniche volute dedicate, oltre i millenni, officiano
il luogo del ricordo con una bruma, densa di inganni.
La rupe ha visto il mare e scalpellini accorti
sospesi nel lavoro quotidiano omaggio al titolato
che pensa il suo riposo come una permanenza.
Vieni.
Inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell’angolo più
astuto di quanto taciuto del sapere
sbarra l’umano amore del creato
o sguardo fermato all’orizzonte
tinge d’azzurro l’iride che specchia la marea,
un pelago di rocce emerse
nell’isola bagnata ad onde
in una trama di diletto estranea
alla metà del pomo che non è mela.
La voce ascolto ed il racconto
di sfumati sentimenti
al genere rivolti, ma non solo
ad un amore che si stringe con la morte,
alla salsedine del mare ed al natante
che non fa ritorno.
Mi guardi e non comprendi
i tuoi occhi scivolano
sui miei versi
con leggera diffidenza.
Le mie parole si confondono
ai tuoi pensieri scontati.
Non puoi sapere dell’ignoto
se tale ne rimane il senso,
non puoi sapere ciò che non puoi,
solo accostarti ti è permesso
all’aura di colore donna che mi cinge.
Guidami i passi allora non a questo fiume,
del Cocito mi occorre riva per un traguardo
che sia la ripartenza fino allo Stige
prima che loto mi circondi e l’asfodelo
disponga, a chi rimane, tumuli del lutto.
Aprimi al velo di tenebre perenni
come per altri è stato il pronunciare
quel vaticinio della fine in versi.
Non è concesso innalzare il lamento funebre
nella casa delle ministre delle Muse... questo a noi
non converrebbe
questo è il divieto
per noi che in vita
... non vi era danza
né sacra festa...
da cui noi fossimo assenti
né bosco sacro in cui celebrare rito.
Chiedo il favore della scelta,
un indirizzo a cui vocare
il desiderio di conoscere l’altrove
con chi dimora nell’assenza
con chi la forma ne ha trattato.