Anteprima poesia: I destini partecipati di Filippo Davoli
![]() I destini partecipati
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autori: | Filippo Davoli |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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In uscita a fine ottobre 2013
Lo sviluppo del progetto poetico qui raccolto riporta al trittico «Stati d’animo» di Boccioni, in cui i tre quadri «Gli addii», «Quelli che vanno» e «Quelli che restano» sono incentrati sul tema esistenziale che tutti accomuna: la transitorietà della vita terrena e l’ignoto che ci attende.
Nell’assenza, il ricordo si fortifica e Davoli, non indenne da una pacata malinconia, o forse meglio, dalla nostalgia con cui evoca la voce, i gesti, la relazione quotidiana con chi, caro negli affetti, è mancato, si addentra nel tema della precarietà di questo nostroesistere con quieta consapevolezza, da non confondere con la rassegnazione, intesa come rinuncia a lottare, indifferenti alla vita. Anzi, forte è il messaggio vitale che emerge e ancora più vigorosa la certezza che sia l’amore a condurre questo nostro “viaggio” perché «qualcosa di noi deve restare/ come traccia del vissuto su questa terra» anche se «siamo frecce/ puntate verso l’azzurrità».
Pomeriggio in piscina II
A volte credo che ti ho visto crescere.
Mi tornano, più che le cose, le venature
delle mani, la liscia e ossuta
traccia dei polpastrelli. La voce invece
la coltivo da sempre, dentro di me
e quando certi momenti sto solo in casa
l’aria la porta ovunque ti rivedo.
Sapessi come fiorisce la primavera,
negli anni che non ci sei. Ma forse mi guardi
anche tu, da una sparuta nuvola
con grazia e distacco. Forse sorridi
perché è una cosa da uomini essere cauti
e lasciar correre il mondo.
La madre, le madri I
Oggi saresti forse come lei,
un viluppo ridotto di foglie
in un cono di ombre. Saresti forse
le sue poche parole ripetute
a litania, i suoi occhi che scrutano
per riconoscere. Interpreto
nella zia vecchia che neanche io riconosco
come saresti oggi tu,
se mi fossi vissuta altri dieci anni
e quanta delicatezza nell’accudirti.
E quanta regalità, tenendoti
come uno scrigno di perle nelle rughe,
nei denti caduti, nei bianchi
capelli che si sfanno.
Una tenera foglia che si accartoccia
bianca nel suo stupore.
*
Dove la vita si tocca con la morte,
dove il respiro la bacia e dischiude
l’altro soffio vitale. Noi non cogliamo
la tenerezza del volo,
quando trasmigra l’anima e si volge
leggera a chi rimane. Noi restiamo
incatenati nella morte, perdiamo
il brivido del bacio innamorato,
morti noi. L’ombra invece
sorride allontanandosi. La sua
è una fanciullezza non immemore
che si fa nuova.
*
Tutto passa, in questa vita. Si avvicendano
anche in noi – sentimenti, abitudini
che credevamo insormontabili, e invece...
tutto trascorre inesorabilmente
ed è bene così. Siamo frecce
puntate verso l’azzurrità. Ce ne andiamo
di viaggio in viaggio, di vecchiaia in vecchiaia
verso una giovinezza che non termina.
Oh certo, nell’andare di volta in volta rimaniamo
un po’ di noi avvinghiati agli affetti
e questo è un doloroso fastidio
ma pure qualcosa di noi deve restare
come traccia del vissuto su questa terra.
Tu non dolertene oltre misura.
*
L’alba è quella di sempre, un risveglio
che rimanda alla morte. Trema il cuore
nel vedere che nulla ci appartiene
nel brulichio del mondo che obbedisce
ai suoi moti istintivi, al suo trascorrere.
Solo lo sguardo innamorato sazia il fondo
buio della domanda. È così che si può
sentirsi parte viva dell’ordito, capire
il disfarsi delle cellule, la spoliazione.
Altro non sono che liberare l’amore
dal carcere sublime delle cose.