Anteprima Poesia: La nobiltà dell'ombra (Corrispondenze) di Valerio Mello
![]() La nobiltà dell'ombra - Corrispondenze
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autori: | Valerio Mello |
formato: | Libro |
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Prefazione di Francesco D’Episcopo
Introduzione di Guido Baldassarri
Valerio Mello è poeta della Magna Grecia, che, come tutti i suoi conterranei, sente e pensa contemporaneamente, e questa congiunzione antropologica certamente favorisce la sua avida ricerca di quella corrispondenza tra le parole e le cose, che la poesia è chiamata a incidere sulle pietre dei suoi antichi templi. Ma Mello vive a Milano e la lontananza, in poesia sempre fonte di vicinanza, acuisce il senso di una partecipazione emotiva ed esistenziale, che rischia di raffreddarsi sotto le pulsioni di un pensiero poetante, rivolto a ricercare l’archetipo che regge il mistero del mondo.
Mello vive così un corpo a corpo tra l’esistere, che invoca i suoi spazi e i suoi tempi, e lo scrivere, che scandisce i ritmi segreti dell’essere, nel tentativo proprio di sottrarli a quel velo che li avvolge e talvolta li offusca nell’inevitabile usura di un vivere quotidiano, che non prevede generalmente dentro di sé una diversa interpretazione del mondo. Ma il poeta è poeta e Mello è poeta vero; come tale, non può sottrarsi alla sua vocazione più autentica: quella di togliere alla vita ciò che è resistente e superfluo per poterla sentire in tutta la sua scabra essenza.
[...] la poesia di Mello è la ricomposizione di un universo sepolto o smarrito; la voglia, fortemente fisica, prima che metafisica, di sentire palpitare dentro di sé la voce di una natura delusa e sconfitta, che, attraverso la parola, possa riconquistare la piena consistenza di quel paradiso perduto, anima del simbolismo francese [...] ma, in fondo, di ogni vera poesia.
dalla prefazione di Francesco D’Episcopo
[...] L’emergere dall’ombra non guarda però soltanto a una langue che diviene parole, traguardata magari attraverso uno scavo nell’io, e persino nell’inconscio («la tela dell’inconscio/ che s’annoda a sé» del componimento a pag. 55). Guarda anche e soprattutto a una omologia tra vita e poesia, o per meglio dire fra esistenza e scrittura: in cui la seconda, come tante volte nel Novecento non solo italiano, si carica di una valenza conoscitiva. Ciò che compare sulla pagina ambisce nella sua transitorietà a un orizzonte di senso: “nasce”, in qualche modo, come una creatura vivente e consapevole destinata a svanire...
[...] Una poesia consapevole e transitoria («io che scrivo nel giacere del tempo/ [...]/ stridulo ho il verso/ che urta e arranca;/ in frantumi il mio scritto/ come l’onda bianca./ Oggi roccia, poi sabbia», Il gabbiano, pag. 34): una poesia alla “ricerca di un senso”, come è stato detto assai opportunamente. Ma il suo apparire sulla pagina, per un processo che ha a che vedere più con le “intermittenze” care a tanto Novecento europeo che con le leggi della memoria consapevole, è di per sé portatore di senso: nei termini in cui unicamente ciò può risultare possibile, nella vita come nel libro...
Guido Baldassarri
dalla sezione CORRISPONDENZE - Taccuino milanese
Mattino in via Farini
In questi colori di piante, di pietre
e di prati – distanti
dal verde dell’isola nostra –
scende improvviso un quieto lamento;
mi assale blu dalla ruota di nomi
nell’alto famedio e bianco il silenzio,
di là dal cancello
stridono i tram nel cerchio cittadino,
stridono d’acciaio le curve rotaie,
sembra che piova a tratti, tinte
chiare sul bronzo,
grigio è mattino.
Ritratti di foglie
Lungo la lamina reca un tuo detto
la foglia del grecale,
scrive e non scrive di quel reame,
così presunte le nostre corrispondenze,
amare e più straniere
– oggi parli per ossee pieghe.
***
La meta ch’io respingo e invoco
è il ritratto della foglia calpestata:
l’ultima messaggera brucia
d’autunno nelle venature,
chiede un’altra rugiada.
Scruto il chiasmo addentro nell’incendio
di freddo e fuoco,
l’ostinazione del ricrearsi contro il giacere.
dalla sezione CORRISPONDENZE - Paesaggi del ritorno
Si manifesta la scrittura
sulla pagina bianca
ieri dicevo lontana
scoscesa come pietra di scoglio
nascosta all’ombra del primo verso
lettera minuscola
cosa vorrà oggi l’estro
nella gabbia senza punteggiatura
dove ogni spazio fra i termini
produce vita e ancora più vita
e a questa punta di matita
obbediente al movimento
demando ogni luce ogni perdita
rivolgo supplici le mie dita
ed è così piccolo l’attimo delle idee
presto un ricordo nella moltitudine
smarrito nel creare vorticoso
oltre il fiume
restano le pause le incertezze
poi altre maledette stesure
dalla sezione RIVE
Sicilia
Ti saluto, sabbia leggera,
racconto di antichi approdi,
a grevi anni da grevi ricordi
mi cresce nel petto quest’uomo
che scrive per te e filtra i richiami,
le nuvole sul ripido fianco,
ti scopre forma del volto perduto,
sconfitto e rinato. Chimera,
fulgida resina, lucente su spiagge,
dalle tue coste alle mie stanze
segrete nel corpo sperduto,
odore di alghe.
dalla sezione SEGNI
Platani nel parco
I miei abissi nidificano tra le chiome
dei platani cittadini,
i miei abissi sopra queste cortecce
a chiazze non cercano né un dio
né l’occasione per il conforto.
Come gli alberi porto pazienza
sui marciapiedi, fra i clacson
delle strade chiassose, ed immobile
nell’urbano fragore attendo il sole
sulle foglie dispiegate.
E con le radici soffocate
dal cemento e dalle cicche,
la mia quiete è nel legno invisibile
al di là di ogni umana fede,
oltre ogni punto di domanda su dio.