A.Paganardi per C. Bagnoli
![]() Casa di vetro
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autori: | Corrado Bagnoli |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Corrado Bagnoli, Casa di vetro, La Vita felice, 2012
In quest’ultima opera Bagnoli sviluppa l’attitudine poematica già espressa nel precedente libro dialettale Fuori i secondi e presente, a tratti, nelle raccolte di versi. Il bisogno di comunicare verità richiede un respiro sempre più ampio. Anche il verso si spalma, rompe con il ritmo tradizionale. La storia dell’artista Pierantonio Verga s’ intreccia con la vita del poeta, che non compare mai in veste di personaggio, ma solo verso la fine, come spettatore e interlocutore; essa accoglie l’esperienza di tante persone che – come scrive Bagnoli stesso in una nota finale – sono entrate nel libro e l’hanno fatto insieme a lui. I tre atti o “quadri” del poema rispecchiano un ordine cronologico, arricchito da intensi flash back, che non tocca soltanto la vita e l’arte di Verga, ma l’ambiente e la Storia: la pianura padana, la Brianza negli anni contraddittori del boom economico, le radici piemontesi, il capoluogo lombardo con le sue periferie sempre più squallide; tanti viaggi di conoscenza e d’amore, esperienze profonde fra le quali spicca, fondamentale, quella cristiana. La fede innerva l’intero libro, fino a generare un linguaggio comprensibile soltanto alla luce di tale principio informatore. Penso alla parola “accoglienza” e ai suoi correlati: “abitare”, “portare”, “tenere”. «Accogliere e obbedire sono la stessa strada» (p. 104); «Accogliere è il verbo che ha imparato» (p.72); «Portare è il verbo, da dove a dove/ come un fiume che si tira dietro tutto» (p.108); «Accogliere e raccogliere in una forma» (p.71) l verbo portare è suggestivamente legato, in alcune lingue come l’inglese e in alcune formule del parlato dialettale, alla gravidanza: è proprio questo sguardo, paterno e materno insieme, che l’autore associa alla “casa di vetro”, opera di Verga, ma anche simbolo di una parola poetica in grado di accogliere il mondo. Altro aggettivo frequente è “buono”, legato a immagini di calore mai retoriche, così come l’attesa e la pazienza: «che l’attesa è la certezza di un posto/ caldo e buono voluto per noi» (p. 103). Non è facile né consolatoria la risposta alla fatica di seguire responsabilmente una vocazione. Sembra anzi un ossimoro a cui non bastano mai le forze: «tenere, lasciando andare» (p.70. Se non lo si fa viene a mancare la capacità di sostenere il fuoco: l’arte stessa sarà sterile. Per esprimere un messaggio tanto inattuale l’autore abbraccia gli strumenti dell’epica: la vastità narrativa, la mescolanza dei registri, un contrappunto di voci, la solennità di versi quasi formulari. L’etica si fa poetica; ne risulta una coralità nuova. La poesia ritrova la funzione che è nel suo stesso nome, poiesis. E i versi sono «modi per vivere/ il mestiere di uomini». (p. 73).
Alessandra Paganardi