Cristina Raddavero per Stefano Vitale con «La saggezza degli ubriachi» su dictamundi
![]() La saggezza degli ubriachi
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autori: | Stefano Vitale |
formato: | Libro |
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Ma tu quella volta c’eri?
E’ scuotimento e risveglio l’interrogativo di Stefano Vitale.
Invito a partecipare la domanda che, carsica, scorre nell’intera raccolta ove convergono istanze di ordine e caos ad un tempo, ove la linearità del tempo necessita della trasformazione in circolo giacché la circolarità delle parole, melodie che ri-tornano, permettono la saggezza degli ubriachi che del tempo umano si fanno beffe per consegnarlo a un rivisitato modello di umanità.
Si entra nelle liriche di Stefano con le movenze della danza dionisiaca che per essere tale abbisogna di un composto registro apollineo e viceversa la misura si plasma nel suo contrario con la sfida del canto, vero, autentico momento di consapevolezza.
E allora ma tu quella volta c’eri assurge a sempre esser-ci. Esser-ci per porsi in sintonia con la voce universale che nell’atto poetico racchiude l’eco dell’Essere con cui il poeta atavicamente si confronta.
Vitale “gioca” con alcuni infiniti nell’equazione vivere è:
Vivere è trattenere rabbia e abbagli chiudere loro il campo che non facciano altro scempio e andare oltre il vino versato il bicchiere frantumato, la giacca macchiata, la parola sbagliata, il mazzo di fiori dimenticato, le mele lasciate marcire. Siamo fatti della stessa materia dei nostri sbagli distratti da una mano invisibile che rovescia il respiro nella torsione dell’attimo sgrammaticato in cui precipitiamo trascinati per il collo a una festa d’ubriachi.
Sono indicazioni preziose che vivificano l’attimo giacché il senso ha il “suo” motivo nel marcire per farsi altro.
La poetica di Stefano è atto di lealtà nella stanza degli interrogatori, dove il baro ha le ore contate:
Poi si sta dentro a una stanza ore e ore in silenzio nel grigio presente dei minuti pesanti. Seduti come sul bordo di un precipizio aspettiamo il momento dei saluti fingendo d’essere normali facciamo i nostri conti del tempo andato a male ciascuno col suo lumino acceso in mano.
Ed ecco ancora, di nuovo, il lumino acceso per orientare spodestati orientamenti di senso…un orizzonte che non si orizzonta mai se non nella sfida a raddrizzare quadri storti:
Scegliere la posizione della giusta distanza senza mostrare torsioni o disperazione dinanzi a chi ci serve pietanze avvelenate evitare l’impatto e la possibile disfatta è un’arte raffinata. Non a tutti è dato saper mostrare cecità diventare muro, insetto, foglia e volgere gli occhi altrove. Sempre ritorna l’ansia del combattimento, il pensiero di andare oltre la soglia sotto un cielo carico di tempesta al passo con la dignità offesa come gli eroi che non s’arrendono e spendono la vita a raddrizzare i quadri storti, a costruire il tempo che nessuno ancora ci ha servito.
E’ in questa stortura, in questa lussazione del vivere che Stefano intinge il pennino e il risultato è nella resa di un incedere rigorosamente soave a rinserrare armonia e confusione nell’approdo alla saggezza ridisegnata in uno sguardo che sa muovere i passi oltre se stesso:
Gli occhi strizzati nel buio vedono stelle evanescenti perfette costellazioni di niente nella nera calma che inonda il mondo.
Allora e solo con questa predisposizione all’ascolto di Vitale potremo dire: Sì, quella volta c’ero.