D. Mega per G. Montanari
![]() Arsenico e nuovi versetti
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autori: | Gabriella Montanari |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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DEBORAH MEGA PER ARSENICO e NUOVI VERSETTI
DI GABRIELLA MONTANARI, ED. LA VITA FELICE
Una proposta originale, dissacrante, caustica come l’arsenico, quella offertaci da Gabriella Montanari in “Arsenico e nuovi versetti” per i tipi de La Vita Felice.
Si tratta di una scrittura provocatoria, una presa di coscienza disincantata della meschinità della vita, della mancanza di ogni senso, una vivisezione del male di vivere nel tentativo di comprenderlo e liberarsene. Anche il ricordo, più che risultare anestetizzato dal tempo che passa, diventa corrosivo nella rievocazione lacerante e ossimorica tra follia e ragione, bestemmia e preghiera, liricità ed esibizionismo corporale.
Lo stile della Montanari ricorda il sarcasmo beffardo e l’insofferenza alle regole di un Bukowski, l’invettiva provocatoria di un Cecco Angiolieri quando si parla ad esempio del “fottutissimo padre padrone” o quando si afferma “finiremo tutti nel limbo dei senza fede”. Nulla si salva, non la religione, perfino il papa “impartisce dal deposito degli orrori / inaccertabili benedizioni / farcite di bocconi reazionari”, non i parenti deceduti “gli avi li ho conosciuti solo in bianco e nero”, non la natura in tutte le sue manifestazioni, non i libri perché “cos’avranno mai avuto da dire di tanto speciale, ... tanto, prima o poi, li vendo al chilo…” Nell’intenzione dell’autrice, mentre ammicca al lettore intessendo una catena di rimandi e di correlativi oggettivi, il progetto è quello di spogliarsi del tutto da sovrastrutture, orpelli, pudore per mettere a nudo se stessa, ritrovarsi e resistere agli assalti della vita.
Testi in prosa introducono le tre sezioni: in essi anche l’espressione così fisicamente esplicita diventa “sfogo appagante, la soddisfazione di un bisogno impellente”, una necessità primaria come il cibo, come il sesso.
Dopo l’iniziale sconcerto il lettore si adegua al cinismo e al disincanto che serpeggiano per l’intera silloge, fino a condividere molti passaggi, fino a divenire un compagno di viaggio.
Paradossalmente c’è anche amore in questa raccolta, l’amore per la parola, onesta, vera, a volte incontrollata e poi la conciliazione tra verità e poesia, odio e amore, carne e pensiero. L’evidente disposizione a una poesia realistica di tono conversativo, spesso infiammata da bagliori ribelli e insofferenti, definisce la poetessa come romanticamente tormentata e dilaniata, e in questo senso si spiega anche l’uso di un linguaggio indisciplinato e iperbolico. Non sopportando la realtà né respingendola la descrive dall’esterno con distacco nelle curiose o a volte drammatiche apparenze dei suoi contrasti, analogie, cause ed effetti. Il mondo diviene spettacolo a cominciare dalla propria persona, da notare infatti la prepotente soggettività della Montanari: lei stessa infatti e non solo i casi narrati è il vero soggetto della sua poesia.
Non c’è alcuna idealizzazione evanescente o rarefatta: anche il lessico è quotidiano, familiare eppure preciso e incisivo nelle sentenze, “gli porto in dono la morte/ che rende vittime anche i carnefici”, “non è così che doveva andare. Non come i cani, non come una femmina”. Tanto la consapevolezza è la stessa, per tutti, “la vita è un incidente di percorso… un finanziamento a fondo perduto…” e su questo non si può che essere d’accordo.