D. Mega per Orlando
![]() Mi fa male una donna in tutto il corpo
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autori: | Matteo Maria Orlando |
formato: | Libro |
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UNA NOTA CRITICA ALLA SILLOGE “MI FA MALE UNA DONNA IN TUTTO IL CORPO”
DI MATTEO MARIA ORLANDO (ED. LA VITA FELICE)
Recensione pubblicata anche sul periodico "La voce di Corsano" del 1/1/2013 (scarica l'allegato qui sotto)
è un piccolo canzoniere d’amore quello offertoci da Matteo Maria Orlando dal titolo “Mi fa male una donna in tutto il corpo”, edito da La Vita Felice.
In versi raffinati e straordinariamente musicali, il poeta, con maestria e abilità, nonostante la giovane età, racconta il suo bisogno d’amore, descrive le bellezze della sua donna, lamenta la sua assenza, il “disteso martirio / della vibrante attesa” o il dolore dell’allontanamento sancito da versi come “partire / in fondo cos’è / se non morire?”
Già le parole di Jorge Luìs Borges, citate in apertura e nel titolo della silloge, introducono in un’atmosfera incantata, in un universo vibrante di emozioni : nella contemplazione di una figura reale si esprime e si espande l’affetto del poeta.
La donna, sintesi razionale e sensibile della perfezione, è descritta come un’apparizione miracolosa, assurge a simbolo di verità e di fede, anche se di tanto in tanto, con elegante soavità, se ne loda la corporeità. Grazie a lei, scrive Orlando, “l’infante s’è fatto uomo, e l’uomo / poeta.”
In molti testi, sempre sorretti da solide reminiscenze culturali e letterarie, è possibile rinvenire stilemi di diversa provenienza, apporti di paesaggio del Sud (il poeta è salentino), per non parlare degli echi stilnovistici in versi come “S’avanza / tra fango e nebulosa / col ritmo incalzante dell’onda” o “il cosmo si flette / al suo passaggio.”
Nonostante il monologo serrato, evidente in alcuni versi, l’autore resta sempre “in relazione” con l’oggetto d’amore. Da emozione intima e individuale l’amore diviene sentimento universale e trascendente, tanto che anche la storia e la realtà circostante sono assimilate ai tratti fisici della donna, “la storia ha gli occhi, / come i tuoi, / atroci.” È forza che travolge e deterge, “violento il tuo fluire, è avanzata di falange” così come “milizie” sono le sue labbra, diviene viatico di conoscenza, sentimento del mondo quando scrive “leggo / sul tuo palmo / l’esatta geografia / dell’universo.”
Di qui il passo è breve, facile desiderarla sposa, madre dei propri figli, cibo stesso, “Sei il pane che s’accalda / nelle mani della madre”, dove gli elementi pane - calore – mani - madre diventano allusivi di benessere, di un calore familiare che riscalda e che sostiene fino a considerarla l’ultimo approdo, “l’isola che l’esule / rimpiange / nell’ultimo sospiro” che ricorda certi temi e atmosfere foscoliani. Ed è così che nello stesso verso coesistono elegia e dramma, contemplazione appassionata di ciò che è nobile e bello e contenimento del proprio dolore segreto.
Come scriveva Borges “ È l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce, / la speranza e la memoria”.
Deborah Mega
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