D. Mega per Palmieri
![]() Studi lirici
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autori: | Francesco Palmieri |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Articolo pubblicato anche su La Poesia e lo spirito
UNA NOTA CRITICA ALLA SILLOGE STUDI LIRICI
DI FRANCESCO PALMIERI (ED. LA VITA FELICE)
“Studi lirici” di Francesco Palmieri, opera d’esordio edita da la Vita Felice nella collana Agape, raccoglie composizioni dedicate al sentimento d’amore.
Il termine Studi richiama quegli approfondimenti di tecniche e strategie messe in atto per appropriarsi di una conoscenza specifica o delle relazioni che intercorrono tra una conoscenza e altre ad essa correlate. In questo caso materia di studio e di approfondimento è l’amore e, attraverso di esso, l’espressione di sé.
Quando si parla di lirica non si può non fare riferimento a G. Leopardi, che definì la lirica “espressione libera e schietta di qualunque affetto vivo e ben sentito dall’uomo” (Zibaldone, 15 dicembre 1826). “Non è facile parlare d’amore”, si scrive in prefazione proprio perché parlare d’amore significa aprirsi e dare sfogo alle proprie emozioni.
Non è facile soprattutto quando il momento dell’ispirazione, quello che spinge a scrivere, in molti casi è quello della delusione e dell’indignazione, quando gli occhi con cui si guarda l’altra persona non sono più incantati e attenti come all’inizio di un amore.
Tre sono le sezioni del libro, introdotte da pochi significativi versi, posti in evidenza : nella prima è descritta la fase dell’innamoramento, quando c’è complicità, entusiasmo, speranza, gioia, esaltazione; la seconda è dedicata al ricordo e alle visioni oniriche che ancora confortano e sostengono; l’ultima parte è dedicata al commiato, ai ripensamenti, ai rimorsi, all’abbandono. Il percorso appare infatti dapprima fiorito e speranzoso, lo stesso mare è “oceano segreto / in cavo di conchiglia, / un infinito a nascere / dentro parola e labbro”.
La donna amata “posta in alto / fra cherubini e stelle” diviene acqua, sorgente di vita, quando la catena correlativa Riempimi-bagnami-irrorami-trascinami tracima altri elementi che appaiono contrapposti, arsura-calura-zolla dura. Non mancano le immagini e i colori accesi in questa bella silloge “tu sei vento io il grano / poi papaveri in fiamme / tutti i baci alla bocca”. Niente ha senso nella vita di un uomo se non c’è l’amore, dice il poeta.
“Non capisci / che non c’è luce o colore / volo allegro di venti / nudi sotto al balcone / se tu non bussi alla porta / se io non vengo e ti apro…”
Si ritrova talvolta l’eco stilnovistica, altro riferimento d’obbligo quando si parla di lirica d’amore, in versi come “tutto il mondo è gonna / che fascia la tua carne, / lì rotazione, spazio, / la cupola celeste, / l’ebbrezza ad ogni passo / e gravità di lune.” E l’amore, la passione “non è caduta / ma fiamma d’ascensione, / la verità, la via, / un dio che perdona.” La donna è angelo “venuta da cielo in terra a miracol mostrare” che Dio ha perdonato perché ha preservato in lei “il frutto e l’euforia / la gloria del giardino” o perché, assimilata al divino è anche croce e allo stesso tempo delizia. Croce e delizia.
Per il poeta, novello Ulisse, la donna è “l’àncora, la riva, / la sabbia fine del riposo” su cui il naufrago spera di approdare. Allo stesso tempo può essere creatura passionale e diabolica capace di condannare all’inferno, per il solo fatto di non esserci.
Talvolta si assiste ad una fusione degli elementi fisici della donna con la geografia dell’universo, la corporeità femminile è ritenuta superiore rispetto al paesaggio “Non vale oceano / col suo sfacciato azzurro, / l’iride accesa quando mi guardi e ridi, / non vale golfo né rotondità di duna / la curva a rientrare e spandersi / dei tuoi fianchi a vista…”
Esiste però una stagione ricorrente per il poeta, l’inverno.
“Non svegliarmi / se non sei primavere da portarmi”, “Non seminare stelle / nel mio buio” scrive Palmieri. Meglio continuare a dormire nel proprio letargo, nel proprio inverno perenne, piuttosto che essere svegliati senza la certezza di una luce piena che conforti l’animo se colei che giunge non reca in mano le gemme della primavera.
L’atteggiamento quasi misògino, ma più propriamente di autodifesa, continua in versi come “Non ti avvicinare, / non voglio ancora sogni / da buttare”, “Tienimi lontano”, “Non ti accostare troppo”.
Procedendo nella lettura non mancano toni sarcastici e aspri come quando si dice “Ti sei fermata all’argine / all’ovvio di parole / che altri, non io, / hanno razziato…” oppure “Non avresti dovuto dire / devi andartene via, / non avresti dovuto dirlo”.
Amare vuol dire anche essere capaci di ricominciare “Non raccontiamoci più / chi siamo stati”, “guardami / io sono nato adesso / dimmelo, / non sono mai esistita”, di tollerare gli anni, gli sbagli, la polvere del tempo che inevitabilmente rende tutti “meno amanti / ma nelle mani strette / più compagni.”
Avviene, leggendo gli Studi, di immedesimarsi in molte situazioni, si tende infatti a fruire proiettivamente di una poesia, leggendola come se il poeta l’ abbia scritta per il nostro particolare caso, così la poesia diventa oggetto mnestico, generatore di ricordi, suscitatore di atmosfere. E in tal senso, data la condivisione socializzante mi sembra che siano stati superati i limiti della lirica. Non solo, nel linguaggio lirico sono intervenuti aspetti che rendono attuale il genere: predilezione del prosastico e della dimensione dialogica sul piano formale probabilmente per la ricerca di una modalità espressiva più comunicativa e aperta mentre si rileva l’irruzione del quotidiano e una maggior attenzione al corpo e all’erotismo sul piano dei contenuti. Si tratta di un’ispirazione in cui si fondono passato e presente, sogno e realtà, riflessione e sentimento, speranza e disincanto. È poesia che cattura e coinvolge nel suo cerchio suggestivo fatto di attacchi, dissolvenze, recuperi.
Una nuova forma di soggettività si esprime dunque in questa silloge, il poeta attinge al suo vissuto che si intreccia ad alcuni temi esistenziali, “siamo appena / carne pesante e voce”, “ho provato ad ogni morte / un po’ della mia morte”, “qui solo tempo e polvere / i sogni ad anni luce”, “io lo vedo chi sono / io non sono” .
Quel titanismo sentimentale, quell’eroico entusiasmo giovanile che ricorda qualche grande autore romantico riemerge di tanto in tanto garantendo continuità con il passato e caratterizzando il livello espressivo, lessicale e formale come notevole, maturo e convincente.
Deborah Mega