D. Santoro per A.G. Marigo
![]() L'essenziale curvatura del cielo
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autori: | Adriana Gloria Marigo |
formato: | Libro |
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Adriana Gloria Marigo, L’essenziale curvatura del cielo, La Vita Felice, Milano 2012
Ha nel titolo la sua chiave di lettura questa seconda raccolta di poesiedella padovana Adriana Gloria Marigo. Già l’immagine della curvatura del cielo ispira quella del cosmico abbraccio; abbraccio, da una parte, proteso verso noi mortali, dall’altra – come pure suggerisce il dipinto di Kushiro Marsh in copertina – accogliente il nostro slancio verso la sua altezza. In una mistica unio con il creato.
L’attenzione per il cielo, già peraltro richiamata in epigrafe da un distico del poeta Pierluigi Cappello, spiega il motivo di questo libro, protagonista del quale è l’amore, nell’accezione più alta del termine. Un libro che si fa dialogo tra l’io narrante e un “tu” in cui si profila ora l’alter ego della poetessa, quale io-orante disposto all’incontro con il sé; ora la voce dell’“altro” – il divino? l’amato? chi può dirlo? – con cui interloquire, cui domandare ascolto; ora ancora la voce della natura, attinta con «occhi di ninfa», còlta nella sua figurazione solenne, nella sua trionfante e fascinosa bellezza, al cospetto del cui “impero” ogni nostra predizione rivela il suo smacco, la sua precarietà («Qui cadono tutti i vaticini. // La tua voce di oracolo soave / s’infrange contro l’alloro»; un Tu, insomma – scrive nella postfazione Eros Olivotto – «capace di regalare identità e coesione all’universo sentimentale dell’autrice e che indica nell’amore, un amore, la vera ragione di questa silloge».
La predilezione per il cielo, come spazio aperto sia al mero stupor che al dialogo con il trascendente, è aspetto indicativo per sottolineare, a livello formale, la spazialità di questa poesia verticalizzata, prevalentemente pronunciata verso l’alto, sicché i frequenti spazi bianchi che circondano i versi (si noti, d’altronde, la distribuzione degli stessi al centro pagina) concorrono a tradurre anche graficamente quella vastità, quell’apertura alla visione del mondo dell’autrice, al suo farsi parte integrante dell’universo, a fondervisi in esso alcioniamente («mi feci curva di luna», «mi feci vertigine d’ala»), sì da splendere «di luce intrinseca / cui l’ombra s’adagia / e si perdona», sì da attingerne la magnificenza per il tramite del verbum poetico che fa dire alla nostra: «mi feci libellula di parola». Simile a una libellula, consegnata alla luce, è difatti l’ascendere ad astra della Marigo. In agilità ed eleganza. Qualità, quest’ultima, in cui possiamo individuare nondimeno la cifra espressiva della raccolta; un’eleganza che traspare dalla tenuta ritmica dei versi, spesso brevissimi, in cui la parola poetica rivela tutto il suo potere evocativo, come in questo testo, composto di una sola quartina e dal taglio epigrammatico: «inizia un bel mattino // il sole fa il sole // sta in alto: / una dominazione» in cui la concentrazione espressiva emerge, oltre che dalla brevità del componimento, sia dai monosillabi «un», «bel», «fa», «sta», sia dall’equivalenze sonore demandate alla complexio («il sole fa il sole»), all’assonanza («ole»/«one») e al lungo sostantivo finale, funzionale al “panismo” della scena.
Daniele Santoro