Dario Capello per Stefano Vitale con La saggezza degli ubriachi (su pioggiaobliqua.it)
![]() La saggezza degli ubriachi
|
|
autori: | Stefano Vitale |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
https://www.pioggiaobliqua.it/nuovo-poesia-stefano-vitale/
Il tono, la spada, la preghiera
Nota su Stefano Vitale, “La saggezza degli ubriachi”
Primo viene il tono. Lo stesso termine indica un sistema di sostegno, una “langue”, una tonalità per il musicista e anche una disposizione volitiva, come “enèrgheia”, nel vivente.
Qui, nel libro in questione, “tono” è affermare una presenza e una sintonia col mondo, nonostante tutto, senza illudersi di voler capire. Dice bene Alfredo Rienzi quando ci ricorda la “veemenza concettuale” che innerva il mondo poetico di Vitale. E ciò comporta una concreta assunzione di responsabilità.
Sulla pagina questa energia prende frequentemente una direzione eroico-marziale, attestata da una discreta ricorrenza di lessemi quali “rabbia”, “ring”, “duro combattimento” e così via. Tutti indicatori metaforici di una tonalità yang dinamica e virile, qui e là persino eroica.
E' la spada. Ma non combatte alla cieca. Resta forte, in inquietudine, una continua interrogazione di senso. Ecco la domanda che brucia, sempre scandita, insaziata, di una forma e di un senso. Ricerca di una forma che, economizzando, abiti e faccia vibrare tutta quella forza, quella verve, quella sovrabbondanza di energia. Il “punto fermo da cui ricominciare”, o ancora, in controcanto sull' eco di Montale, “una parola certa e precisa \ che ci rassomigli una volta per tutte”.
Ma la stessa idea di perfezione, ci ricorda Stefano Vitale con bella concisione, è una “bestia della notte”. In questa immagine della bestia della notte si concentra l'inquietudine da insonne di chi sa, in piena consapevolezza, che ogni domanda posta deve (sottolineo questo deve) venire riassorbita da una penetrazione successiva.
Solo così, inghiottita dai suoi stessi rimbalzi (quante torsioni, quante rovesciate nella poesia di Vitale) la parola, guidata dal canto, rivela il suo essere preghiera. E per preghiera intendo parola che agisce, Quella parola che convoca forze, anche sconosciute. E sono le stesse forze già presenti in figura di spada, come indicatrici di una volontà, di una presenza. In fondo, la spada è anche la forza del distacco.
Nel farsi della poesia di Vitale ogni voce deve entrare in risonanza con altre voci interne e sottostanti, consegnate a una legge che non appartiene del tutto al singolo elemento. Sono voci in contrappunto. Così, ad apertura di pagina, avviene che ci sia una linea che permette al lettore di seguire la bella sonorità e il filo sintattico, e al tempo stesso che ci sia anche una distorsione, una scalfittura che prefigura varie direzioni del testo. E sull'onda di queste riflessioni “musicali” vorrei ricordare una poesia, fra le tante, che mi è parsa davvero cruciale. E' quella ispirata dal quartetto di Mozart, “delle dissonanze”. Ne riporto soltanto la clausola profonda e suggestiva: gnomica.
“L'inquietudine nasce dalla leggerezza / non serve battere i pugni, strapparsi i capelli / basta l'incanto d'una carezza / per rendere terribile lo sguardo,”
Di fronte a versi come questi si può riprendere ciò che Victor Segalen scriveva a proposito delle Stele: “costringono alla sosta in piedi, faccia a faccia con loro”.
Dario Capello