Deborah Mega per E. Maltese
![]() Per tre lune
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autori: | Elisabetta Maltese |
formato: | Libro |
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ELISABETTA MALTESE E LA PAROLA “ONESTA”
di PER TRE LUNE (ED. LA VITA FELICE)
L’attributo “onesta” con cui ho sentito di definire la poesia della Maltese richiama il noto intervento dal titolo Quello che resta da fare ai poeti che Umberto Saba scrisse nel 1911 per “La Voce” e che fu rifiutato e pubblicato solo nel 1959, in cui rivendica la necessità di una poesia che si liberi delle belle apparenze, per ricercare un’autenticità simile a quella di una confessione intima. Dopo aver messo a confronto due grandi della nostra storia letteraria, Manzoni e D’Annunzio, conclude dicendo che l’onestà del Manzoni consiste nella “costante e rara cura di non dire una parola che non corrisponda perfettamente alla sua visione”. D’Annunzio sarebbe invece poeta “disonesto”: perché “si esagera o addirittura si finge passioni ed ammirazioni che non sono mai state nel suo temperamento”, al fine di ottenere “una strofa più appariscente, un verso più clamoroso”.
Della silloge Per tre lune di Elisabetta Maltese, edita da La Vita Felice, colpisce la capacità di far poesia con piccole cose, con una semplicità onesta che diventa, nel corso della raccolta, pregevole misura di parole e di sentimenti.
In epigrafe un proverbio indiano “Prima di giudicare un uomo, cammina per tre lune nelle sue scarpe”, da cui è tratto il titolo, esorta a non giudicare nessuno se prima non lo si conosce a fondo.
Le quattro sezioni in cui è suddivisa la raccolta sono introdotte da citazioni di Nietzsche, Boll, Green Ingersoll, de Beauvoir; in ciascuna ricorre l’undici come numero dei componimenti.
Non a caso la prima poesia della raccolta reca il titolo “Endecasillabi”.
“Io scrivo per legittima difesa”, così esordisce la Maltese, che travasa nella pagina il calore dei sentimenti e l’accumulo di emozioni interiori “Custodisco il tuo segreto / e l’ultima carezza”, la delusione di certi momenti “è primavera, sai? Ma tu / rimani freddo, umiliando le primule,” la delicatezza tutta femminile di alcuni stati d’animo “In bianco e nero / cammino in dissolvenza / frasi frammentate / e musica / a danzare il gran finale.”
Le parole sono controllate, a volte restano impigliate in gola, “se torneranno saranno di sasso” scrive. Sasso e pietra ricorrono più volte nel corso della raccolta, simboli di un’immobilità nella quale a volte ci si ritrova, nostro malgrado.
Il tono è determinato “Delle donne è la pazienza”, “delle donne è il coraggio”, il gesto voluto “Così mi sopravvivo alla tua assenza / fioccando note mentre neve cadi / come in palla di vetro capovolta”. Ricerca l’attimo Elisabetta Maltese, scrive per comprendere e comprendersi “Di ciò che accade sappiamo le cause / l’aspetto della curva e la tangente”.
Nonostante la giovane età, l’autrice sembra nutrirsi di arcaica saggezza, “I figli si baciavano di notte”, scrive, di musica, “conto le mie sillabe come note / di un notturno”, di limoni gialli.
Un’attenzione particolare è rivolta alla natura come fonte di vita e desiderio di coesistere nei suoi elementi “Nel continuo mutare le parole / congedo i giorni a dieci passi dal tramonto / e m’innaturo”. “Rimaniamo vivi, proviamo almeno / le braccia ampie intrecciate come rami / facciamoci radici in questa sosta”, perfino la paura “ si colora di verde / fingendosi prato”.
Su tutto emerge la capacità di risanare le ferite e di ricominciare “E si rinasce si rinasce sempre / chè carta vince pietra lo sappiamo / da bambine”, per il “ciclico ricambio cellulare / chè nata femmina educata madre / mi permetta di partorirmi donna / dichiarando vita”.
Come su una tavolozza la Maltese dosa i colori abbinandoli alle emozioni, sente le cose fino a farne parte, “Sai che a scavare dentro / si fanno neri gli occhi / neri come imposte spente / di un giorno che è altro tempo “, oppure “ Siamo rosso che non tinge”, “è distanza difficile / da misurare e a guardarla il sorriso / si finge sasso bianco” o ancora “Di gelsomini profumerò quest’aria / dipingendola di giallo / perché non sia ombra il volto / il fiume in piena appeso alle pupille”.
In Per tre lune non ci sono slanci magniloquenti né fuochi d’artificio ma belle immagini nutrite di pensiero e riflessione, lessico elegante, costante richiamo alla tradizione esoterica, un’apertura di spirito che scalda il cuore infine l’ansia e l’urgenza di una necessità vera, quella della scrittura.
Deborah Mega