Donatella Giancaspero per Terry Olivi sul volume Uno sguardo dalla vita
![]() Uno sguardo dalla vita
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autori: | Terry Olivi |
formato: | Libro |
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Lo sguardo di Terry
Dalla prospettiva di queste poesie, raccolte col titolo Uno sguardo dalla vita (La Vita Felice, 2015), Terry Olivi osserva la realtà: quella presente, circostante, e quella trascorsa, ma presente anch'essa, sebbene nei luoghi segreti della memoria, ovvero in una dimensione intima, dove abitano i sentimenti, le sensazioni più intense, che dànno impronta e slancio all'esistenza.
Lo sguardo di Terry, dunque, muove dalla vita, la propria, scorrendo, come s'uno schermo, il fluire del tempo. Ed è appunto sul tempo che si concentrano l'occhio e il cuore della poeta; il tempo, inteso quale avvicendarsi di accadimenti, o, anche, trascorrere di stagioni. Tale appare nella prima sezione del libro, intitolata Calendario. Infatti, proprio di un calendario si tratta, poiché in esso sono rappresentati, da gennaio a dicembre, tutti i mesi dell'anno. L'autrice li disegna con tratto fresco e lineare e li dipinge con le tinte che offre ai suoi occhi “la tavolozza della Natura”, come scrive.
È, dunque, il colore la cifra costante che caratterizza questi acquerelli poetici: il giallo di Marzo, l'amaranto e il viola di Aprile, oltre al bianco delle margherite, dei meli, dei biancospini, oltre alla cromia particolarissima degli iris e dei giacinti, che “hanno rubato i colori / del mare delle isole di Venere”. E, ancora, sfogliando il Calendario, è il rosso rubino in Maggio, che spicca nel roseto del Colle Oppio, oggi “un po' abbandonato a se stesso”, commenta Terry Olivi. E, fra tante rose, una cattura il suo occhio, “Una pendula / mollemente ondeggiante / al soffio della brezza, color granata scuro, / i petali rinsecchiti / come foglie d'autunno” […] rosa granata / rosa appena appassita / già lontana dalla vita”: chiude così la poesia, sfumando in malinconia la melodia primaverile del canto.
Ma ci domandiamo il motivo di tanta attenzione al colore e anche al dettaglio, come riportano molti suoi versi. Ci domandiamo il perché di uno stile che privilegia la linearità verbale, la forma libera, lieve, il costrutto agile e, proprio in virtù di questo, fortemente incisivo, come osserviamo soprattutto nei suoi eleganti haiku, posti a separare, l'una dall'altra, le cinque sezioni della silloge. La spiegazione, semplicissima, risiede nel fatto che Terry Olivi è anche fotografa, come testimonia l'immagine da lei scattata, posta alla fine del volumetto: ritrae una scultura realizzata da Andreau Alfaro nel 1979. E la scelta di Terry, qui, non è casuale, poiché l'opera s'intitola Lebenskraft, ossia La forza della vita, quella vita, appunto, da cui guardano queste poesie.
Fermare l'istante nell'immagine, fermare il pensiero nella parole poetica, ovvero fermare il Tempo. E, a questa aspirazione, si ricollega la cura con cui Terry Olivi data le sue poesie: in ciascuna, infatti, è indicato luogo, giorno, mese, anno di composizione.
Annotare i dettagli significativi della vita sul calendario del cuore, per conservarne tutto il valore, per riviverne l'originaria emozione: questo fa Terry Olivi e lo evidenzia in modo specifico nella seconda sezione, intitolata Radici, dove descrive i suoi luoghi di origine situati nelle Marche, con particolare riferimento a Macerata.
In Radici, lo sguardo di Terry fotografa gli oggeti di una realtà rurale e antica: l'aratro, ad esempio, “tirato dai buoi dalle corna arcuate”, tramandato da una generazione all'altra di uomini, fino a diventare solo ricordo; il caldaio, dove “la nonna girava girava / la polenta / con regolare perfetto / moto circolare”; il grande tavolo di castagno; la tinozza; i panni lavati nel fiume e asciugati al vento... Profumo di candida biancheria ricamata a mano, piegata, riposta in vecchi armadi; sapore di cose semplici, genuine, conservate in dispense di legno: questo evocano i versi di Terry, quando ci parla delle sue radici.
E, proprio dall'atmosfera descritta nelle poesie dedicate a Macerata, traspare un chiaro richiamo al borgo leopardiano: la piazza, l'“ariosa loggetta”, l'“antica torre, la Torre dell'Orologio”, le “vecchierelle” intente a conversare di sera, sedute “sulle sedie impagliate / addossate ai bassi muri”; il cimitero e suoi cipressi... E, ancora, viale Leopardi, a onorare, in ultimo, la memoria del grande poeta.
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Ci introducono a Canto di città, terza sezione del libro, nove haiku, nove flashes scattati per lo più a Roma, tranne uno, in Ungheria, e un altro a Marina di Palo.
È una suite ispirata al tema della metropoli, questo Canto dalla sonorità dissonante e rumorosa, orchestrata, a tempo di Marcia, con “le trombe e i tamburi” dei clacson; è la colonna sonora del film cittadino, che si ripete ogni giorno, a Roma, con la gente che “passa distratta / un po' dentro di sé / un po' fuori di sé”, on the road, sullo sfondo di giganteschi cartelloni pubblicitari, che rivestono le facciate dei palazzi in restauro; la gente, quel “popolo marciante della metro”, come Terry scrive in Epos contemporaneo.
Eppure qui, in questa realtà così vorticosa, Roma, a un tratto, sembra ritrovare una dimensione a-temporale, quel “tempo senza tempo”, che aleggia sui tetti, sulle case “rosate / i terrazzi coi limoni / e gli olivi te salutant, Terry Olivi!!!”, scrive la Nostra ne L'ascensore di cristallo, giocando col suo cognome...
Sì, il gioco, il sorriso, l'ironia, sempre nella giusta misura, che Terry esprime, anche quando affronta tematiche assai delicate, che indurrebbero a riflessioni tristi, come quella dei genitori anziani, in Tempo finale, la penultima sezione; i genitori, non più autosufficienti, in particolare il babbo, sulla sua carrozzella, “nuova, / lucida / quasi una Ferrari”, dice Terry, pronta a sfrecciare sul lungomare di Palo. Ed ecco che, dal presente, spiccano il volo i ricordi: “Ed io rivedo te giovane / le corse in montagna tra le ginestre profumate, / le camminate notturne per tornare / a casa a piedi sotto la luna, / le scarpe consumate con i chiodi e senza / il cammino di te adulto in città / e poi e poi...” (Ma che bimbo è questo?). Qui, all'ironia si sostituisce la commozione del rimpianto, mantenendo comunque sempre alto il tono poetico. Perché non è proprio nel carattere della nostra autrice abbandonarsi a un facile, scontato sentimentalismo, col rischio di scivolare nella retorica.
Infine, a un tempo Andante con moto quasi allegretto (come titola l'ultima sezione), Terry Olivi ci propone le poesie che vanno a chiudere la sua pregevole raccolta, volgendo ora su se stessa quello sguardo saggiamente ironico, che ormai ben conosciamo. Così, il tempo che passa non la preoccupa, non la intristisce, non la piega al rimpianto. Al contrario, pare aprirla al sorriso, al gioco verbale, alla battuta; pare infonderle nuova energia creativa, poiché il tempo, trascorrendo nella vita, giorno per giorno, anno dopo anno, compensa in altra forma ciò che sottrae... “E se la vita iniziasse alla fine?”, si domanda di colpo Terry, come abbagliata da una meravigliosa ipotesi; e se un amore “riprendesse la propria storia dell'ultimo incontro? […] La fine sarebbe l'inizio” (Zerouno – zerodue – duezero – unozero).
Tornare indietro, riavvolgendo il nastro del proprio vissuto, per poter dire che nulla è mai concluso... Sarebbe appunto come leggere la vita da destra a sinistra, con lo stesso senso che ha da sinistra a destra, proprio come nel palindromo: questo sarebbe la vita, per sentirla ancora Vita. E gli occhi da essa sempre ad essa rivolti, per prolungarne la vibrazione, il battito: che non si arresti mai il cuore, non si cancelli lo sguardo, di Terry e nostro, nel buio della morte.