F. Casadei su Bagnoli
![]() Casa di vetro
|
|
autori: | Corrado Bagnoli |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Leggere il nuovo libro di Corrado Bagnoli (Casa di vetro – La Vita Felice) è come stare dentro il disordine della vita: un “caos” di volti, personaggi, vicende, drammi, sguardi. Un susseguirsi di luoghi, miserie, fame; di botteghe di artigiani, treni e attese. Di infermità, e di morte. Di paesaggi, colori, vite vuote e vite rinnovate da incontri gratuiti. Di pescatori di anime, di oratori, di angeli, di stelle che danno luce alle notti oscure.
E i visi di alcuni tipi umani (mamme, padri, preti, pittori) da cui traspare il volto buono del mistero che - per chi sa attendere e vedere - prima o poi si manifesta con “i suoi angeli” consolatori che rinnovano lo sguardo sul reale.
Un succedersi di accadimenti senza sosta, un passare da un quadro all’altro. I quadri, i dipinti, come metafora del giorno, dei giorni della vita con i suoi colori. Momenti - alla lettura - di profonda emozione che intenerisce; altri di narrazione piana, ma mai assopita, sempre viva com’è viva la vita.
Non sono un critico letterario - non ho il dono della sintesi di un Davide Rondoni, autore dell’incisiva prefazione -, per cui mi sono lasciato prendere dalla lettura e trasportare come fosse un’onda; talora fragorosa, piena d’impeto fino al dolore, talora dolce e commovente, come nell’incontro con Laila o con la carità di un prete o di un architetto che coglie il genio del protagonista, il pittore-operaio-calciatore Pierantonio. Una lettura, in altri frangenti, dolente, piena di malinconia; ardente in altri passi come un fuoco che dà vigore, che sigilla.
Il protagonista si lascia fare, come creta che cede ad un disegno che non conosce, ma a cui si affida. Non gli sono risparmiate prove e fatiche, ma è come se le affidasse ad una volontà che non può volere il suo male (“che non hai, sempre, mai, niente /davvero nelle tue mani”). Ascolta le parole paterne di un prete di fronte alla morte della madre («Devi essere contento, gli dice (…). Hai fatto quello che la gente non dice/non si parla mai delle cose grandi./Di quello che hai fatto te, lo sanno in pochi:/tua mamma lo sa, si è svegliata per dirtelo/e poi è andata via…»). Sa cogliere la bellezza dell’amore nel volto di una ragazza, tanto che per ottenere il suo “sì”, si fa centonovantatré viaggi col treno da Milano al mare («Laila è un soffio bianco di diciannove anni dentro/un vestito a fiori (…)le dice,/ torno. Centonovantatré volte, prima di portarla/via, di averla chiusa non solo negli occhi/ma nella vita intera…»). Sente tutta la grandezza d’animo di Mario, l’architetto che gli dà spazio, lo lascia volare là dove lo porta il cuore, cioè verso il carisma della pittura. E’ pieno di riconoscente trepidazione di fronte al figlio che sta venendo alla vita («Un figlio è la misura della tua pazienza../distanza da guardare come si guarda un fiume,/acqua che va e si perde e si ritrova, indietro/non ritorna…Ma tu gli hai/detto il mare, non puoi capire come, quando,/per quale terra ci potranno arrivare, dopo/quali notti, un giorno»).
E termina, il poema, con alcuni versi - da cui è preso il titolo, Casa di vetro - che possono essere interpretati in tanti modi, ma che credo contengano anche una dichiarazione esplicita di poetica da parte dell’autore. Penso che Corrado Bagnoli, attraverso i protagonisti dell’opera raccontata, voglia come esortare il lettore, potenzialmente ogni persona, a fare della propria casa un luogo trasparente, dove si giunge e si parte, dove si accoglie e si custodisce il tesoro. Un’apertura e un’accoglienza, la stessa che il protagonista ha sperimentato nel percorso della sua vita. «La casa, anche lei, un’altra cosa,/di vetro (…). Casa che non è più casa, cosa di vetro/volto, braccia nel mondo, tutto/portato lì perché sia portato ancora,/custodito e ritornato».
Il tutto con una scrittura limpida e senza fronzoli. Un poema tutto da leggere, da meditare.
Franco Casadei
Cesena 4 settembre 2012