F. Greco per Orlando
![]() Mi fa male una donna in tutto il corpo
|
|
autori: | Matteo Maria Orlando |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Recensione di Francesco Greco su "Mi fa male una donna in tutto il corpo" di Matteo M. Orlando, su proloco del salento.it
Versi d'amore alla donna che fa male al corpo
Non è facile scrivere versi d’amore nel III Millennio. Bisogna misurarsi con la memoria. E con i grandi poeti che ne hanno scritto: da Saffo a Goethe passando per Tagore e Prevèrt. Il confronto scatta d’istinto.
E’ una tematica che non concede alibi, con cui non si può bluffare: se l’ispirazione c’è, bene, sennò è meglio che le poesie restino inedite, al limite rottamarle.
Eppure Matteo Maria Orlando, alla sua seconda prova a distanza di un anno (nel 2011 era uscito col delizioso “Dietro la lanterna”, Terre Sommerse), riesce a farsi leggere e questa nuova raccolta, “Mi fa male una donna in tutto il corpo”, Edizioni La Vita Felice, Milano 2012, pp. 64, € 10 (collana “Agape”, squisita prefazione di Giuseppe Caruso, bella foto di copertina di Renato Capece), conferma la vena di freschezza e di novità (Matteo è nato nel sud della Puglia, a Corsano, nel Leccese, ha appena 24 anni e studia Giurisprudenza a Roma, inoltre manda avanti “Elettreratura”, un progetto musico-elettronico-poetico che testimonia la sua verve geniale e l’originalità della ricerca intrapresa).
Il titolo di questa nuova raccolta è preso da un testo di Jorge Luis Borges, mentre Caruso in prefazione vola alto citando il prof. Keating interpretato da Robin Williams ne “L’attimo fuggente” (film-cult USA del 1989, guarda caso l’anno della caduta del Muro di Berlino e alcune tirannie dell’Est europeo), che teatralmente straccia davanti agli studenti un saggio sulla poesia del professor Prichard, ma anche Leopardi e “L’infinito”.
Il volume contiene 24 poesie, per lo più brevi. Il rischio di un giovane autore è che si inoltri nelle asprezze degli sperimentalismi, espedienti spesso utili a nascondere un’ispirazione vacillante come una padronanza della lingua vaga e incerta. Alla stregua di Rimbàud e Jhon Keats, in stato di grazia, (l’euforia che dà l’amore) Orlando si pone invece al crocevia del tempo, la storia, i luoghi, le koinè per comporre versi già maturi per una donna idealizzata che richiama i cavalieri medievali (“…il cosmo si flette / al suo passaggio”; “tutto / porta il tuo nome”; “dolce sangue di donna / a tutto doni un senso”), portatrice di energia dolce, creativa, maieutica di cui un uomo vorrebbe contagiarsi per dare un senso al sentimento e all’erotismo.
“Portami lì / dove il ventre della terra non trema / il fratello non cade / e il binario non muore”, chiede il poeta, lupo che vaga nella selva dell’idioma in cerca della parola “che ti sia specchio”, ma anche delle “Pallide / le tue mani somigliano allo scrigno d’Otranto”.
Posseduti da Eros, la realtà si trasfigura in un mondo sognato, desiderato, dove l’isola che non c’è è a portata di mano: così “Cesare scampa alla lama dei vili”, mentre “semini resurrezioni nei regni post-atomici” (“Altissima”) e “Gli astri tratteggiano il tuo volto / sullo specchio dei vent’anni” mentre “Leggo / sul tuo palmo / l’esatta geografia / dell’universo”.
Sino all’apoteosi finale: “Sei l’isola che l’esule / rimpiange / nell’ultimo sospiro”. Orlando rivergina il mistero dell’eterno femminino, donna mistero senza fine bello: la restituisce alla sua antica essenza. In fondo i capricci di Elena fecero scoppiare una guerra sanguinosa, il Re d’Inghilterra rinunciò al trono per amore di una divorziata americana e il mito di Marilyn Monroe dura da 50 anni. Alziamo gli occhi al cielo pare dirci Orlando: il XXI secolo non può essere surrogato dal trash di Lady Gaga…