Franca Alaimo per Salvatore Sblando con «Lo strano diario di un tramviere»
![]() Lo strano diario di un tramviere
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autori: | Salvatore Sblando |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Lo strano diario di un tramviere di Salvatore Sblando, Ed.La vita felice, 2020
Il testo d'apertura e quello conclusivo della silloge Lo strano diario di un tramviere, che evocano entrambi una morte (il primo quella di un compagno di scuola, nel 1979, quando l'autore frequentava la scuola elementare; il secondo quella del padre, nel 2020), costruiscono una cornice tematica entro la quale si sviluppa la poesia di Salvatore Sblando. La parola che la veicola, scarna ed essenziale, sembra gocciare sul bianco della pagina, come a volere esprimere il massimo della sua significazione all'interno di una faticosa ricerca di senso spesso delusa.
Rari, infatti, sono gli approdi e gli stupori; prevale piuttosto un tono perentorio, corrosivo, in cui dimensione pubblica e privata si sovrappongono, sottolineando non solo un assillo ideologico e sentimentale, se non un'interrogazione etica, ma anche un percorso biografico innestato negli eventi e nelle problematiche storiche di un quarantennio: l'emigrazione a Torino dei genitori, la nostalgia per la città d'elezione, il disprezzo sociale per gli ultimi, i ritorni, il mestiere di tramviere all'interno di uno spazio urbano, in cui inaspettamente s'innestano odori siciliani di menta, pomelie e gelsomino.
La figura della morte s'intreccia archetipicamente con quella dell'amore, ché quest'ultimo raramente si apre alla leggerezza, e invece appare come minacciato dalla insoddisfazione e da una struggente tensione comunicativa che talvolta sfocia in vere e proprie lacerazioni interiori, veicolate da un'espressione spezzata e sintatticamente convulsa.
Ma certamente l'amore che più brucia i versi di Sblando è quello per il padre malato di demenza (e lo confermano i pensieri che aprono le varie sezioni del libro): esso viene raccontato in tutta la sua disperante fragilità, secondo una progressione cronologica, che giustifica il ricorso al termine “diario” all'interno del titolo.
La cura, la custodia del corpo e della mente ormai infragiliti del padre, trasformano il rapporto filiale in una problematica indagine del proprio sé, ora travolto da un'empatica condivisione, ora da disorientanti e insieme struggenti capovolgimenti di ruolo, ora da una fiammante tenerezza, ora da un senso doloroso di impotenza e di scacco.
Non minore spazio ha in questa silloge la riflessione sulla poesia, “epifania” e “unica/ testimone/ e figlia/ del mio breve/ passaggio”, e, dunque, spazio d'eternità di contro il disfacimento, di contro quell'urlo “Dietro casa tua”, “Dentro casa tua” che accompagna la prima esperienza infantile della morte e che sembra essersi prolungato nel tempo fino al “pianto di Marco” durante la cerimonia funebre in onore del padre, ormai senza vita, di Sblando.
L'amore per la poesia, nutrito da moltissime letture (Prima di iniziare/ a scrivere/ leggo/ sempre), lascia trasparire alcune figure di riferimento, tra le quali il ligure Montale, la peruviana Bianca Varela, i siciliani Daìta Martinez ed Emilio Paolo Taormina, da cui probabilmente gli deriva la struttura compositiva dei versi, tutti brevi o brevissimi, che vanno letti come piccole esplosioni sonore dentro il silenzio della memoria e dell'emozione.
dicembre 2020