G. Linguaglossa su Palmigiano
13.07.2012
![]() L'appropriato governo del fuoco
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autori: | Alessandra Palmigiano |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Recensione di Giorgio Linguaglossa su "L'appropriato governo del fuoco" di Alessandra Palmigiano, pubblicata su blog Moltinpoesia
Non siamo proprio alla teatralizzazione dell’io come avviene nel genere di poesia frequentata nell’occidente dell’epoca della stagnazione ma in un sotto-genere che elegge il «tu» quale destinatario dei testi-missiva; Alessandra Palmigiano opta per l’esplicita forma dialogica del «tu» e parla con un misterioso lettore «implicito», una specie di «doppio» (?) della propria coscienza, oppure con il lettore spettatore, etc. Leggo nel risvolto che l’autrice si occupa di «logica»; e non c’è dubbio che è una poesia che riscuote il plauso della sfera razionale del lettore senza penalizzare, direi, neanche l’emisfero deputato alla immaginazione del lettore. Palmigiano racconta sempre un evento preciso (un non-detto, un implicito) con il massimo risparmio di parole e con il massimo di elusività, ecco la ragione della incisività del verso lineare di questa poesia, che termina proprio lì dove deve terminare, ma il significativo è nel verso successivo: si nasconde in una omissione, in un patto tacito, nella elusione, nel non-detto. La traduzione in inglese dei testi ci aiuta a metterci in consonanza con il linguaggio dell’autrice, se non altro per la nota predilezione dell’inglese per le forme attive e pragmatiche.
Il lettore viene dunque posto davanti ad un evento-racconto, il non-detto, l’inesplicito, da cui può trarre una indicazione (ma non di vita e mai di rotta esistenziale). Non c’è un versante «edificante in questa poesia», il lettore non viene disturbato con eccessi enfatici. E questo è un punto a vantaggio dell’autrice che mostra una sicurezza di dizione e una icasticità del lessico di accorta fattura. È una particolare poesia di inazione, di impliciti, di non-detto questa dell’autrice che vive ad Amsterdam. Non si tratta, credo, soltanto di un metodo di composizione ma è anche e soprattutto un metodo di addestramento alla vita, esercizio militare dell’anima, esercizio spirituale:
Last Night Conversation
con un oceano ed un continente in mezzo
attiviamo canali,
sondiamo le reciproche intenzioni:
parlando d’altro, come facciamo sempre
le mie scelte, i miei gradi di libertà –
ma la tua voce diventa più profonda
e mi chiedi se mi puoi chiamare a casa:
ogni cosa al suo posto,
ogni cosa al suo posto,
fatta salva un’inezia:
vedi, la notte in cui mi stai parlando
è qui dalla mia parte per intero.
Se prendiamo ad esempio la composizione base della poesia di Alessandra Palmigiano, ci accorgiamo che l’autrice compone come riprendendo il filo di un discorso abbozzato nella pagina precedente, e così via, si può leggere il libro a ritroso, dall’ultima alla prima composizione e nulla cambierebbe del senso complessivo. Perché non c’è un senso né complessivo né dell’attimità, né parziale, né provvisorio. Le composizioni entrano subito nel tema dialogico: c’è l’introibo ad un obiectum esistenziale, per lo più un «negoziato», un «patto» tacito, un sortilegio:
qualcuno, anni fa, ad un dopopranzo
mi parlava di un certo, e alquanto ostile, negoziato:
per spiegare le mosse della sua controparte
fece sul tavolo il gesto di un cerchio con un dito,
su cui la controparte si muoveva, a chiuderlo,
a rendere perfetta la sua incontendibilità.
allora, quel qualcuno la seguì sul cerchio per riaprire:
muovendosi non in verso opposto, ma nello stesso.
C’è una componente «sacrale» in questo metodo ma è un «sacro» nutrito di falso e inautenticità «Non si dà vera vita nella falsa» scriveva Adorno in tempi non sospetti in Dialettica dell’illuminismo. Nel frattempo, il mondo è diventato integralmente falso, immagine fasulla, e l’«io» è una forma di questa immagine, il «tu» è immagine (falsa), il tempo e lo spazio sono immagini (false non soltanto in quanto relative). E così via. Il segreto è nell’assenza. E sarà compito del lettore proseguire l’indagine nell’atto della lettura, nell’atto dell’investigazione. In questo genere di poesia è prioritario l’atto della investigazione. La poesia si costruisce come descrizione e interpretazione del non-detto, del non-accaduto. Il momento dell’analisi precede appena d’un soffio il momento della deduzione; l’analisi è, insieme, retrospezione e prospezione, osservazione del dettaglio e visione dell’insieme, visione panoramica dell’io e del tu. Di qui l’abbondanza di deittici.
Una procedura rigidamente sottoposta alla struttura, alla logica della sintassi. Il metodo di scrittura della Palmigiano consente lo scorrimento delle proposizioni, è una procedura che rimanda ai rapporti di inferenza e inerenza tra l’io e il tu, ovvero, un percorso duale, relazionale dal quale ciò che si è definitivamente assottigliato sembra essere la «sostanza», le stoffa delle relazioni umane. La stessa abbondanza di deittici, dicevo, cioè di quelle unità pronominali e avverbiali che si possono rintracciare in questa poesia, sono una spia delle relazioni spaziali e temporali che si organizzano intorno al «soggetto», che costituisce il principale punto di riferimento, il semaforo «significazionista (?)» e relazionale delle composizioni.
osserva bene questo posto, fattene
un’immagine: guarda
e ricorda i miei libri, il tavolo
il vino che ti verso, ciò che vedo
dalla finestra.
non è importante ciò che ti dico
o come ti intrattengo:
guarda gli spigoli in mezzo a cui vivo,
come non ho
ancora niente da perdere qui,
tocca il mio catastrofico vantaggio.
la mia vita è l’uovo che mi cova
e qui ti aspetto.
*
se tu fossi per me nella mia vita come uno di quegli strumenti
al fondo della cui perfezione non si riesce ad arrivare:
un cesello, oppure un coltello dal bilanciamento infinitesimo
che inducono la mano alla sua presa, come ad un miracolo;
se così fosse, potrei accettare allora la rinuncia,
in cambio del miracolo, ad arrivare al fondo della comprensione tua.