G. Montieri su Pini
Anatomia della fame
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autori: | Stefano Pini |
formato: | Libro |
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Recensione a firma Gianni Montieri per Pini su Poetarumsilva
Stefano Pini – Anatomia della fame – ed. La Vita Felice 2012
Dice già molto il titolo della prima e riuscita raccolta di Stefano Pini. La fame è : la paura, il distacco, il vagare in un tempo che ancora non è, una città che a volte scompare o tarda a manifestarsi realmente. Inquadrature in campo lungo sul deserto. Deserto (o città) che a volte si fa tappeto dove stare stesi non è così facile. Anatomia perché è il corpo lo snodo centrale di queste poesie (come sottolinea bene Sebastiano Aglieco nella nota critica d’apertura). Il corpo del poeta, di un’altra (o altre) figure, dei luoghi. Il corpo osservato da dentro e fuori. Un corpo distante o vicino. Unità di misura di partenze e ritorni, del perdersi e del ritrovarsi. <> // Porti al collo il peso dell’esilio, un movimento / sacro costretto all’asfalto. / Disperdiamo i margini del corpo / quel che non è fame, desiderio, rumore bianco. Pini oscilla tra inquietudine e consapevolezza. Si percepisce nitidamente l’angoscia, lo smarrimento della giovane età e lo smarrimento dei nostri tempi, dal quale nessuno di noi può sottrarsi. Il disincanto che consente di guardare tutto da diverse angolazioni e coglierne le sfumature. Profondo è lo sguardo. L’accortezza con cui il poeta osserva e registra i mutamenti dell’animo, la precarietà del vivere. La consapevolezza sta, invece, nella scrittura. La cura con cui ogni parola è stata scelta, la disposizione dei versi, la musicalità, la direzione verso la “comprensibilità”. Stefano Pini sa che quando si scrive poesia ci si mette a nudo ma ha capito che quando il lavoro sui testi finisce è tempo di rivestirsi ché qualcun altro si approprierà delle parole che egli ha scelto. C’è, poi, un’altra consapevolezza più malinconica, amara se vogliamo, che nasce dall’esperienza, delle cose che si sanno già a trent’anni, quella forse che spinge a scrivere. Ogni stagione termina così / senza riuscire a trattenere i colori / proveremo ancora, aggrappati alla peste. Una bella scoperta la poesia di Stefano Pini, un libro che vale la pena leggere.
Gianni Montieri
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Il cemento e l’erba
rallentano fino a sfilare le ombre:
quattro del mattino, viale Umbria,
un tram in corsa
diciannove fotogrammi al secondo
non verso casa o un porto, non verso.
Una stanchezza satura
attorno al collo come seta.
C’è già stato tutto: le lacrime e il vuoto.
Ogni semaforo una steppa, figure sparute
che scavano l’aria.
Ogni fermata un sobbalzo, una supplica:
polvere di ferro sospende l’alba
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Più ci avviciniamo
più ci scopriamo pallidi:
lo specchio riflette inconsistenti
luci del traffico che giocano
con il nostro doppio
mentre arbusti di plastica
la Milano invisibile
si disfanno le gocce d’acqua e fuoco.
Non accade altro prima dell’alba.
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