G. Musetti su La società delle letterate
![]() Le sorelle
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autori: | Gabriella Musetti |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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di Marina Giovannelli
in Letterate Magazine, LM Home, Poesia
L’ultima raccolta poetica di Gabriella Musetti dal titolo Le sorelle, è dedicata “a Michela e Francesca”, ed è a queste due giovani donne che l’autrice si rivolge in maniera diretta nelle due parti che costituiscono il libro, tra loro diverse per intonazione eppure simili nelle motivazioni profonde.
Nella prima, “Allegoria della dissipazione”, che si sviluppa in venti liriche e due prose con un andamento poematico, ricorrono parole come ‘separata’, ‘separazione’, ‘spaccatura’, ‘giri a vuoto’, e, ripetutamente, ‘dissipazione’, a dire una condizione di estrema difficoltà dopo un evento traumatico di perdita (d’altri e/o di sé).
Chi scrive vuole porgere aiuto per ripristinare un contatto fra la giovane in crisi e una realtà sfuggente, impervia, difficile, pure inevitabile e senza alternative, tanto meno quelle cui la ragazza sembra volgersi e che minacciano di spezzare definitivamente il legame che gli umani tra loro intrattengono.
L’aiuto prospettato è di vicinanza e affetto più che di concreto appiglio a certezze, poiché queste non ci sono se non nell’intimo convincimento di un ‘valore’ intrinseco dell’esistenza, senza conforto di trascendenze (almeno non dichiarate), senza bagliori di facili promesse. Dalla propria fragile soggettività (si osservi quell’io fra parentesi), che si apre con franchezza alla confessione riguardo ai limiti dell’esperienza: – «(io) non so dirlo» – l’autrice rivolge un appello non tanto alla volontà, che vacilla, quanto alla responsabilità, come prerogativa dell’umano.
Alle due prose liriche è affidato il compito di delineare con apprensione i contorni notturni nei quali trovano dimora le passioni sconvolte della ragazza sofferente: quel «lasciarsi andare alle cose», quell’«accanimento in uno spazio chiuso», sempre però ribadendo la necessità di cercare un senso, «sebbene un senso oscuro».
Nella seconda parte, più aerea e distesa, se pur percorsa da qualche brivido di inquietudine non esplicitata, la protagonista è Michela, colta nel giorno del suo compleanno, poi mentre attraversa i giardini posti lungo la salita che porta al tempio di Kannon, “la Misericordiosa”, a Kamakura, città imperiale del Giappone, e ancora intenta a sistemare la nuova casa o ad essere il centro di una festa, gioiosamente vestita di verde.
Con parole lievi Gabriella Musetti osserva e registra lo scorrere degli eventi, il mutare delle situazioni, l’oscillazione dei momenti di vita tra aspettative e quotidianità, riconoscendo nelle vicende di Francesca e Michela quelle caratteristiche di contraddittoria vicinanza e difficile complicità che contraddistinguono il rapporto di tutte le sorelle, che vivano vicine o lontane, che siano simili o diverse, che si frequentino o meno. Lo scritto finale, Sorelle, affronta proprio questo tema del rapporto a volte tormentoso, a volte idilliaco, in ogni caso irrinunciabile perché derivante da quell’origine comune che non si può disconoscere, rapporto analizzato con altri mezzi anche nelle belle pagine di Donatella Franchi che, partendo dai diari delle sorelle Brontë, traccia possibili percorsi figurativi per sé e per altre artiste che volessero cimentarsi con quello che ha chiamato “Il gioco delle sorelle”, librini di immagini e parole per costruire mondi personali.
La complessità strutturale di questo libro e le modalità della scrittura impongono una riflessione più ampia su che cosa sia “poesia” oggi. Non c’è dubbio che quella di Gabriella faccia parte di un genere poco frequentato, quello di una poesia “di pensiero”, fondata sul presupposto che la parola sia capace di cogliere le realtà fluttuanti dell’umano sentire e valutare, di dare loro corpo rendendole comunicabili. Lontana da astrazioni e pseudo misticismi, la parola di Gabriella tocca persone, corpi e menti che stanno al mondo con consapevole insicurezza, si impegna nel rendere di volta in volta dicibili i traumi dell’età, della solitudine, della malattia, svolgendo senza ostentazione quella funzione “civile” di cui tanto si sente il bisogno. Non si commetta l’errore di ritenere “impegnata” solo la parola che nomina la guerra, l’evento scandaloso della cronaca contemporanea, lo sconcerto della deriva politica. Si riconosca l’importanza di questa attenzione al quotidiano delle vite, alla dolorosa normalità delle relazioni difficili in un ambiente sempre più avvelenato dalla chiusura entro il proprio angusto orizzonte personale.
Leggo nei versi di Gabriella non solo la preoccupazione per la sorte delle sorelle amiche «belle / quando camminano per Novara» ma per la più generale fragilità di ogni vita che non sappia guardare attorno a sé con la necessaria forza, con il necessario coraggio di considerarsi ‘parte’ di un insieme più vasto.
A me pare che una delle strade più interessanti per la poesia contemporanea sia propria questa della ‘presa’ su una realtà complessa, fatta di persone in carne ed ossa che si incrociano, a volte toccandosi a volte ignorandosi, che hanno paure e speranze, che amano e che soffrono, che non dimenticano e che cercano uno sguardo.
Ovviamente serve una parola limpida, non abusata, credibile. Gabriella ce ne dà un notevole esempio.
Gabriella Musetti, Le sorelle, La Vita Felice, settembre 2013, 56 pagine, 10 euro