G. Stefancich per S. Contessini
![]() Dialoghi con l'altro mondo
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autori: | Salvatore Contessini |
formato: | Libro |
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Dialoghi con l’altro mondo.
di Salvatore Contessini
Nella raccolta che precede questa, Una tempesta di parole, Salvatore Contessini offriva ospitalità a numerosi poeti: colleghi, amici, casuali incontri di penna, le cui parole comparivano sulla sua pagina, elicitando le sue risposte. Con questi “estranei”- non usuale presenza in un testo firmato da altri - l’autore sentiva di aver qualcosa da spartire, e si arricchiva della loro presenza, segnalando al tempo stesso la sua generosa disponibilità ad accoglierli e dar loro visibilità ma anche il suo personale bisogno di “parlare”, di instaurare rapporti poetici.
Qui, nei Dialoghi con l’altro mondo, parla ancora, ancora intesse conversazioni con altri poeti, undici diversi poeti, uomini e donne, anzi sei donne contro cinque uomini, ma questi non li ha mai conosciuti di persona. Sono tutti morti, e tutti volontariamente, togliendosi la vita, nell’attrazione dell’abisso (Contessini, Dial. 1), molti in età giovane: è meglio morire presto, dice Contessini (Dial. 9) e poi nel Dial. 10 componi quel passaggio all’oltre che non conosce la vecchiaia.
A questi ormai abitatori dell’altrove, della città dei sonni eterni (Dial.6) Salvatore Contessini rende omaggio non formale ma fortemente sentito, anche e soprattutto a chi di omaggi in vita ne ha ricevuti ben pochi, per la brevità dei loro giorni e le difficoltà di farsi apprezzare.
Con loro entra in fruttuosa e fluida relazione, non fa domande che non avrebbero risposta, ma interseca la sua voce con i versi che essi hanno lasciato. È sorprendente la sua camaleontica capacità di adattare il suo dire ad ogni singolo interlocutore, creando con ciascuno degli undici un’unità poetica coerente e coesa per intendimenti, riferimenti, sintassi e lessico.
Salvatore Contessini è poeta da sempre difficile, che non vuole concedere niente al lettore. Anche qui esige da lui impegno costante per la comprensione del testo che è complesso nei contenuti e con scelte lessicali spesso preziose: le libagioni, la dolenza, le vite predicate, il segnacolo, il pelago, l’ultimazione, talvolta decisamente ostiche come arilli e strigile, glaciano lampo, crina assilli, uncina tempo. I molti riferimenti mitologici, diffusi in tutti gli undici dialoghi, contribuiscono ad un’atmosfera antica e grave ma costituiscono anch’essi possibilità di inciampo nella lettura giacché vanno dai più ovvi Averno, Campi Elisi, Acheronte, Cocito, Stige, le Erinni, le Muse, Sileno, alla città di Dite, ad Angizia, ad Argia, non necessariamente noti ai più. Interessanti alcuni accorgimenti linguistici sparsi qua e là quali l’allitterazione “per parole primigenie per poco” e la più ardita ”salme oltre il salmastro mare”, l’inattesa rima baciata in un testo privo di rime tra “inverno e Averno” e la rima interna di ”singolo fiore scarlatto di colore”, poi il gioco “chi genera creazione e chi reazione” e l’altro “altèra ego” , ovviamente coniato sull’alter ego.
Il nucleo del libro è il grande disagio, l’inabilità di stare al mondo, espressi con le parole “dolore, sofferenza, tormento, anche terrore” a cui l’ineluttabile via d’uscita appare la morte. E sul tema della morte sempre presente, continuamente citata, osteggiata e corteggiata, che sgomenta e tenta, si concentrano tutti i dialoganti, con versi che intrecciano le parole dei futuri suicidi con quelle dell’autore che li interroga, parole incisive, pregnanti e forti su cui non è possibile non soffermare l’attenzione: la morte era più semplice di quanto credessi, Sexton (Dial. 4), nella mente vi è un esile vicolo chiamato morte, Sexton (Dial. 4), vivo ho attraversato il lago della morte, Coppola ( Dial. 7), il suicidio è in noi fa parte della nostra pelle,Toma ( Dial. 9), ti prego, lasciami morire, Ruggeri, ( Dial. 10), tanto per citarne alcune.
Eppure Dialoghi con l’altro mondo non risulta lugubre ma di grande forza vitale, forse perché l’attrazione per sorella fine ( Dial. 7), per questo porto di pace ( Dial. 1), va di pari passo con il grande amore per la vita: suicidi pallidi folli ancora d’amore per la vita, Pavese ( Dial. 5), questa non ancora consumata è appena sufficiente a dire quanto l’abbiamo amata quanto non ci è bastata, Contessini ( Dial. 6), forse perché le due sono inestricabili: ad un amore che si stringe con la morte, Contessini (Dial. impari ), vita, morte, la vita nella morte, morte, vita, la morte nella vita, Michelstaedter ( Dial. 1), col filo della vita nostra sorte filammo a questa morte, Michelstaedter (Dial. 1), perché la vita con la morte si tengano per mano, Contessini (Dial. 1).
Nel suo congedo al lettore, interno all’ultimo dialogo, affidando questi “testi d’esistenza” allo “scrigno della memoria”, Contessini dice di aver compiuto “un viaggio di pensiero”. È questa infatti una meditazione a più voci sui temi alti del nostro esistere su cui siamo tutti chiamati a riflettere, ma espressa qui nella alta lingua della poesia.
Giovanna Stefancich
italianista e docente di linguistica