Giancarlo Baroni per Alessio Brandolini con «Il tuo cuore è una grancassa»
![]() Il tuo cuore è una grancassa
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autori: | Alessio Brandolini |
formato: | Libro |
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Nel recente libro dell’editore, traduttore e poeta Alessio Brandolini Il tuo cuore è una grancassa (La Vita Felice, 2022) prevalgono sentimenti di preoccupazione e di sconforto che causano un malessere esistenziale. Ne sono colpiti sia il singolo che la collettività. Tale disagio provoca ansia («l’assalto dell’ansia che tutto divora»), affanno («un nodo che mi soffoca»), insonnia, angoscia («sotto la corteccia arde l’angoscia»), sbandamenti, debolezze e paure («occupiamo luoghi fragili, precari: come difendersi dagli assalti?»), tachicardie («col cuore che rimbomba»), apatia e malinconia («trascuro i colori delle foglie / e del tramonto, l’allegro volo delle rondini», «le pareti del mondo: tutte di un grigio spento»), cupezze («storie sgradevoli frenano la gioia»).
Di fronte al Male «l’io vacilla», viene «assalito da un esercito di spettri», soffre di vertigini (il «terrore del baratro, del vuoto») come se gli si spalancassero «voragini sotto i piedi».
A questo Male si potrebbe dare forse un nome: Covid, ma in realtà si tratta di una entità più globale e multiforme che da sempre assedia l’uomo manifestandosi in certi periodi e momenti storici con particolare asprezza. Nel volume, composto in prevalenza di versi e solo nell’ultima sezione di prose poetiche, sono numerosi i riferimenti alle sofferenze che ci affliggono da alcuni anni. Ne cito alcuni: «Si era sparsa la certezza che potevamo vivere in libertà, non sentirci prigionieri ma vennero giorni scagliati in fondo al dirupo»; «Avremo un porto sicuro o un’altra tempesta?»; «Ora siamo inseguiti / da una valanga e non usciamo da mesi»; «All’alba la vita ha un nuovo inizio: / non sono prigioniero, posso uscire / a passeggio, incontrare un amico, / lungo il tragitto».
Rinchiusi in casa per proteggerci, quasi reclusi, crescono in noi isolamento e solitudine, afasia e silenzi, ostilità e rabbia, smarrimento e disorientamento: «Il labirinto è la mia casa eppure mi perdo / soffro per mancanza di aria e di luce». Cerchiamo di salvarci dai disastri e dalle bufere («lotto a mani nude contro la bufera»), dalle spine e dalle ferite, scovando un incerto e precario rifugio («ci rifugiamo / nella grotta, giù in cantina»), un temporaneo riparo, inoltrandoci in un tunnel di speranza («per salvarci avanziamo nel tunnel»). Per raggiungere uno spiraglio luminoso e «l’allegria della luce» occorre attraversare il buio («tra noi una parete di ombre da superare»); l’ombra non è l’opposto della luce ma una sua parte che bisogna percorrere, rappresenta il «lato oscuro della purezza».
Scrive Francesco Tarquini nel saggio introduttivo intitolato appunto Dalla parte dell’ombra: «A questa natura duplice della memoria, a questo essere il passato al tempo stesso oggetto del desiderio e prigione da cui fuggire, si tenta di contrapporre in chiave di salvezza i frammenti del presente».
Brandolini non si arrende alla delusione e al disincanto, alla paura e alla tristezza: «Avanza il timore del male / ma resiste la gioia saldata alle foglie». Basta un’apparizione improvvisa, un lampo di bellezza, per ritrovare contentezza ed entusiasmo («la cresta dell’upupa dona tra le foglie / degli ulivi sorprendenti ponti di gioia»); è sufficiente un mormorio marino per riprendere il dialogo uscendo dal proprio isolamento («Ti scrivo e rifletto sul mare del Salento / che carezza i corpi, sussurra frasi azzurre»). Anche la distanza può rivelarsi benefica (« mi assale / la nostalgia di te che spargi allegria nell’aria») e altrettanto l’attesa («dopo il gelo verrà l’estate e ricostruiremo tutto dalle fondamenta»).
Giancarlo Baroni
What’s the point of forgetting
if it’s followed by dying?
“Che senso ha dimenticare,
se poi alla fine si muore?”
Iosif Brodskij
L’allegria della luce
Ho lasciato che le cose accadessero
ora mi ritrovo nel bosco e il sole
non purifica. La notte non dormo
e di giorno corro a valle tra le foglie
che bruciano e il fumo è un segnale
di addio. Guarito ma non posso
sollevare un braccio per fuggire dal male
che sa di sangue infetto, di ulivi
mutilati dal gelo e per salvarli
occorre potare a corto. Uno sguardo
alla corsa e l’inarrivabile meta taglia
in quattro. Nulla di grave eppure
si vive nel presente, tutti i giorni
come se fosse avvenuto un disastro.
Avrei voluto un movimento trasparente
più vicino a noi. Il frutto dell’amore
non è il vuoto o la rabbia, la bocca piena
di terra: serve la giusta intesa tra cuore
e mente. Strappo erbe infestanti tuttora
sorpreso dall’incessante allegria della luce.
Chiamo e nessuno risponde
Avremo un porto sicuro o un’altra tempesta?
Lo scoprirò avanzando, non solo questioni
domestiche ma qualcosa di più primitivo
che ha lasciato tracce sul bordo del dirupo.
Tre anni ed è come se ne fossero passati
più di venti. E il corpo stanco cosa risponde?
Avanzo con calma e mi scontro
con un muro. Entro e mi siedo
davanti al fuoco, snudo le ossa.
A terra un piccolo lago, nuoto
per riflettere su ciò che accade
e non capisco, volti alieni pronti
a colpirmi: mi salvo con un grido
che fa vibrare la casa. Fantasmi
per strada e nei freddi sguardi
sfoglio la loro storia che si lega
a un’altra e a un’altra ancora.
Scruto il cielo, le stelle e passa
la paura. Perché si sono nascosti
tutti? Chiamo e nessuno risponde.
Il cane dalla voce rauca
Non dimentico nulla e piano avanzo oltre
lo stagno, nel bosco farò un giro più largo.
L’aria satura di parole schiette che affilano
i pensieri, il fiume rimanda a un malessere
che sa di rallentamenti e corse travolgenti.
Scaravento la testa all’indietro e la vedo
dileguarsi all’orizzonte. I passi risuonano
e soffro nel vedermi così malridotto:
mi evitano persino i gatti del Foro Romano
poi arriva l’assalto dell’ansia che tutto divora.
Abbaia un cane dalla voce rauca ma qui ci sono
i ricordi più belli: vie d’acqua e di fuoco. Troppo
tardi per restaurare la casa? Così stanco
da assorbire frasi che uccidono, allora svengo
e crollo a terra. La pioggia lava i tetti, il ciliegio
che ha dato pochi frutti. Nessuno apre e penso:
qualcuno si nasconde? Le ombre benevole
del bosco mettono in fuga la paura, mi mordo
un braccio, pianto il coltello in una mano. Ora
sulla corteccia del faggio scorre il nostro sangue.
Torno da un lungo viaggio
Quando la Beatitudine tirò fuori cento Ali –
E con tutte fuggì –
Emily Dickinson
senza essermi spostato da qui, faccio
domande per ascoltare la mia voce.
Sul monte la luna rivestita di lividi
sempre uguale eppure strana perché
questa notte il suo volto mostra altre
tragedie, ha ricevuto nuovi colpi.
Ha gli occhi abbattuti eppure sta lì
e osserva quieta, parla guidandomi
fuori dal pozzo. Le porte si chiudono
crollano muri a secco che segnalano
confini. Arduo reagire con distacco
a ciò che accade, ogni giorno in lotta
per avere un brandello di beatitudine.
Cerco un modo sicuro per staccarmi
dai ricordi e spiccare il volo da tutto
ciò che fa male, dall’odio che riveste
i nostri cuori. Sorrido agli angeli
che ci osservano: statue o custodi?
Torno da un lungo viaggio, ho visto cose
atroci e gli incubi mi pesteranno a lungo.
Frasi gioiose nel cielo stellato
a Laura
Non voglio più restare chiuso nell’antica
casa, lotto a mani nude contro la bufera.
Il futuro è l’ombra che nasconde l’intimo
lavoro, la polvere celata sotto il tappeto.
Non riesco a capirti, strappi gli appunti:
fai bene, sono storie strane venute fuori
dall’insonnia, dal disastro. L’acqua lima
i sogni che scorrono, lo sconforto esalta
l’urlo, spezza le linee d’ombra del paese
il ronzio delle strade ma se poi si muore
a che serve lasciarsi i ricordi alle spalle?
Via in canoa ma la corrente
frena il viaggio, ogni giorno
in attesa che il bene si svegli.
Ascolto e capisco: purtroppo
ho sulle spalle più male del tuo.
Esitano i rimorsi, allora ti dico:
regalami di nuovo tutto
il tuo amore e domani scriverò
frasi gioiose nel cielo stellato.
Al fiocco di neve
Stretto a te per non cadere ancora più sotto.
Per salvarci avanziamo nel tunnel, lottiamo
col vuoto che trucca e abbatte ricordi: l’incendio
l’abbiamo spento con l’acqua piovana del pozzo.
Una lucertola dagli occhi di pietra
racconta di un mondo dove il fuoco
deve restare sempre acceso. Scruto
vette, la nebbia che lenta si dirada.
Salvo all’ultimo momento
sotto i frammenti del presente.
Temo il muro forgiato dal buio
che blocca il viaggio, tutto porta
alla gabbia del passato. La strada
fa paura senza vie di fuga: vivere
in altri luoghi? Al fiocco di neve
sulla mano vorrei offrire l’eterno
e trasformare la vita quotidiana
in stabile forza: basta un istante
e il fiocco di neve è già acqua
sporca che svelta scorre tra le dita.
Con la testa mozzata
Isola Tiberina: sfioro le barche
in fondo al Tevere, fango tra le dita.
Mi lascio portare verso il Tirreno
spinto da una corrente primitiva.
Una volta avevo amici ai quali rivelare
le mie angosce, gli amori, le mie storie
e un cane che ascoltava a orecchie basse.
Turbato da un vento che non conosco
cerco frasi utili a ricucire gli strappi
e non le trovo. Sempre la stessa visione
torno da un passato ingombrante e duro.
Ho di me una strana memoria: osservo
persone a passeggio ridere pur avendo
la testa mozzata sotto il braccio. Fustigo
il corpo e fuggo quando scorre il sangue.
In piazza Trilussa con una mia proiezione
a vent’anni: a passo svelto dalla parte
di ponte Garibaldi, supero il fiume e rido
tutto contento avendo davanti agli occhi
l’esaltante prateria di un prodigioso futuro.
La vita degli insetti
Strappo la foto che di te non ha
più nulla. Restano i sassi dei viaggi
e sui terrazzi vasi di fiori. Chiamo:
un fratello non risponde. Maggio
e la grandine scuoia l’estate ma
gli uccelli cantano ancora. L’amore
può essere il grido d’aiuto di chi
cade e per rialzarsi ha solo l’aria
dove appoggiarsi. Non più
le mani forti del padre, ora ci sono
soltanto i muli a scalpitare sul tetto.
Cade la linea, la scarsità di contatti
genera spavento. Lascio la pista.
Anche da lontano trasmetti calore
stesa con la luna tra i capelli. Cani
randagi tra le rovine e l’erba nutre
le stelle. Studio la vita degli insetti:
piccole ali, infiniti dettagli. Ti scrivo
mentre dormi con minuscole farfalle
sugli occhi e sul ventre petali di rosa.
L’amore smisurato
Presto faremo i conti. Entrambi in fuga
ma in opposte direzioni e questo
fa male. Da giorni ho in gola un nodo
che mi soffoca: quando riavrò la tua
contagiosa allegria, il tuo folle
e smisurato amore? Il cane sanguina
ancora e abbaia col muso scuoiato
per via dello sforzo di liberarsi
della catena. Qualcuno al buio ha preso
la mira e gli ha sparato da una finestra.
Il labirinto è la mia casa eppure mi perdo
soffro per mancanza di aria e di luce.
Prigionieri in serre da quando abbiamo
smarrito perfino la memoria delle buone
parole ma felici di essere sopravvissuti.
Posso leggere, scrutare ancora i monti
che pungono il sole d’agosto e chiudermi
in bagno alle sei del mattino a sbrogliare
la stramba matassa dei sogni. Ogni giorno
avanzo lento e poi arretro in punta di piedi.
Grancassa
L’aria qui è buona e sulla montagna c’è un bosco che ti conosce e ti parla, sa che esisti e il sole asciuga la rabbia. La nostalgia è il deserto che annaffi al mattino, nessuno ti rema contro, se non te stesso. Il sogno ricorrente? Scalci nell’acqua e i pesci fuggono dall’amo, dalla morte. Vuoi buttarmi fuori dal letto? Eppure ci conosciamo bene, da bambini giocavamo assieme, per me sei più di un fratello! Ti piazzi sulla soglia e mi blocchi: quanto tempo è passato? Hai scoperto voragini e grotte sotto la casa. Dovremmo rivestirci di luce, sfidare i fantasmi. Seduto davanti a Fontana di Trevi osservi nell’acqua le donne amate e quelle intraviste tra la folla in continua trasformazione. Il tuo cuore è una grancassa che a lungo risuona in alto fra le nuvole come una cannonata, e ami ancor di più chi ti sta accanto: con poche parole vi siete sostenuti lungo il tragitto e assieme a voi sono cresciuti figli, alberi e fiori, cani e gatti.
Alessio Brandolini, Il tuo cuore è una grancassa
(La Vita Felice, 2022, pagg. 104, euro 15)
ALESSIO BRANDOLINI
è nato a Frascati nel 1958 e vive a Roma dove si è laureato in Lettere. Ha pubblicato i libri di poesia: L’alba a piazza Navona (1992, Premio Montale – Inedito), Divisori orientali (2002, Premio Alfonso Gatto – Opera Prima), Poesie della terra (2004), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007; anche in spagnolo: Mapas colombianos, Colombia 2015), Tevere in fiamme (2008, Premio Sandro Penna), Il fiume nel mare (2010, Finalista Premio Camaiore), Nello sguardo del lupo (2014; anche in spagnolo: En la mirada del lobo, Messico 2018), nel 2017 Il volto e il viaggio (con disegni di Stefano Cardinali) e nel 2022 Il tuo cuore è una grancassa. Nel 2016 è uscita l’antologia Il futuro è un campo incolto (1992-2014) e nel 2021 l’antologia Città in miniatura (2004-2020). In Costa Rica sono state pubblicate le antologie En el ojo del lobo (2009) e Desde otro planeta (2014), in Colombia Llamo desde otro planeta (2016) e in Argentina El camino de regreso (2019). Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti Un bosco nel muro. Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina Fili d’aquilone, rivista web di «immagini, idee e Poesia». Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.