Giovanni Agnoloni per Saverio Bafaro
![]() Poesie del terrore
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autori: | Saverio Bafaro |
formato: | Libro |
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Poesie del terrore, Saverio Bafaro, ed. La Vita Felice (Collana Agape)
(prefazione di R. Deidier e illustrazioni di Piero Crida)
La poesia di Saverio Bafaro - poeta cosentino trentaduenne, giunto ormai alla sua quarta silloge di versi - è fatta di carne e sangue, e vive di paradossi e spiazzanti rinterzi. E, soprattutto, di una ricerca che affonda nell’oscurità. Sonda i grumi rappresi dell’essere più buio, le zone più fastidiose della coscienza, là dove si annida l’Ombra junghiana. Vi è, in essa, una componente fortemente perturbante, una decisiva misura di orrore.
Il titolo parla di terrore, a dire il vero. Ma – come recentemente ho avuto modo di riflettere, durante una conversazione facebookiana con un brillante studente e lettore della mia traduzione del romanzo A Special Place di Peter Straub (ed. Anordest) – tra terrore e orrore c’è una differenza. Il terrore è la reazione iniziale, di fuga, di spavento estremo. L’orrore è l’essenza dell’esperienza del sublime, nel senso burkiano del termine, come ottimamente ha illustrato nei suoi lavori il Professor Giuseppe Panella.
Ecco, in Poesie del terrore sono presenti entrambe le dimensioni: troviamo infatti lo ritrazione istintiva dettata dallo spavento (ovvero, appunto, il terrore), come in
Ci siamo svegliati per scoprire il cuore essere una spugna di sangue coagulato [pag. 48];
ma anche la dimensione archetipica e quasi misterica del Perturbante, che personalmente accosto al termine orrore, e che si distingue per la sua sottigliezza e insidiosità, come (per fare un esempio “tolkieniano”) la tentazione dell’Unico Anello per uno spirito sia pur forte come quello di Dama Galadriel. Penso a versi come questi:
C’è un buco nella foglia d’Autunno che dà dall’altra parte [pag. 24],
che formano quasi un haiku, e paiono alludere a percorsi simbolici viscerali, a territori gravidi di simboli, come le vie del sogno/incubo, in cui si sciolgono nodi intimi passando attraverso l’esperienza del fuoco interiore. Si accede così a una sorta di dimensione ctonia, che si richiama a contenuti primordiali, all’inconscio collettivo.
Questo è il territorio della notte oscura dell’anima, terreno dal quale, istintivamente, tendiamo a ritrarci, ma commettendo un grave errore, perché sottrarci all’esperienza dell’orrore - in questo senso specifico – significa rimandare un confronto comunque inevitabile: quello con gli spaventosi guardiani della zona centrale del nostro essere, dove soltanto possiamo trovare la Risposta. Nel Centro; nel Cuore.
Invocando la bellezza che confina con la paura [pag. 35].
Qui c’è tutta la carica di dramma della caducità e del limite della natura umana. C’è il nostro bisogno di prendere coscienza delle più recondite radici archetipiche della nostra coscienza, per liberare il potenziale di Luce – e di Eterno – che è in noi.
Rimane irrisolto il punto se questo “viaggio in poesia” farà emergere, all’orizzonte, tale soluzione. Ma non è questo lo scopo di Poesie del terrore. Il suo significato è fornire una premessa, una riflessione, nel senso letterale di rispecchiare le dinamiche interiori di ricerca e ritrazione, di fuga e ritorno, di sprofondamento e riemersione, che segnano i passaggi più cruciali della nostra vita interiore.
L’esito, poi, dipenderà da ciascuno di noi: da sé, e dal Sé.
Giovanni Agnoloni