Ilaria Palomba per Marco Colletti con «La Materia non esiste»
![]() La materia non esiste
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autori: | Marco Colletti |
formato: | Libro |
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articolo su https://poesiainverso.com/2024/05/16/marco-coletti-la-materia-non-esiste/
La materia non esiste di Marco Colletti (La vita felice), è un libro dall’andamento poematico, diviso in 3 sezioni: Mens, Cor, Sensus, con una meravigliosa postfazione ungarettiana dell’autore.
Emerge qui prepotente il pensiero poetante e la poesia pensante, forte l’eco rosselliana, specialmente in alcune poesie in cui è citata, come anche Ungaretti e Montale; quest’ultimo ripreso e ribaltato, non in una confutazione ma in un atto d’amore. Sono amore e follia i temi più presenti, quindi vita e morte; e l’estrema eleganza che Marco riesce a trasmettere in ogni verso per parlare di cose ultime è davvero quella fusione di poesia e filosofia auspicata da Hölderlin. Perché la materia non esiste? È un inganno, come nelle filosofie orientali, il velo di Maya? È la mente a dominare o a essere sconfitta? O è forse una sfida quella lanciata da Colletti nel voler rovesciare l’ipermaterialismo del tempo presente in una spiritualità diffusa in cui Dio è in ogni cosa, e il bene e il male sono uniti. Orientale, pagano e cattolico – il cattolicesimo è intriso di paganesimo – Colletti ci porta sul bordo, sul precipizio estremo da cui o si esce profondamente mutati o si esce morti. L’amore onnipresente è il tormento della perdita, peso e perdita di rosselliana memoria. I corpi sono avvolti da una luce piena di grazia e malizia, e qui ritrovo Pasolini, dove lo strazio di scrivere è la verità dell’adulto nel suo ritornare all’infanzia mediante la rammemorazione. Nel passaggio tra le ere geologiche, l’estinzione della specie, e l’eternità ritrovata con Rimbaud. Un amore interrotto prima di divorare e essere divorati. Una vita che è morte, dove Giobbe sopravvive e il poeta resta a osservare attonito il presente svanito nel paesaggio, ascoltando il caldo e la sua luce, su un balcone sospeso sopra il tempo. La follia è il nido incantabile di chi tenta di cantare l’indicibile e i rami d’oro della mente volano via. Una gabbia dorata di parole che hanno occhi, le tante morti che ci portiamo dentro, il mito, un crepuscolo celeste nell’intermittenza dell’ombra. Nella poesia come nella vita non c’è ragione, solo vette da scalare, la voce dello specchio tra Eco e Narciso. L’apertura all’oltremateria.
Lo strazio di scrivere la verità è
il mio nuovo gioco da adulto. Ma
se il tempo non esiste, è anche
saltare a campana sul vialetto
asfaltato di un giardino. Quel
gessetto innocente, ma graffiante
che disegna croci a caselle
e numeri, calpestate a salti alterni
con voci allegramente stridenti.
Chi poggia il piede perde, ma
la vera vittoria è mentre entrambi
i piedi restano sospesi per aria.
Per un istante. Ma se il tempo
non esiste, per sempre.
*
Non mi resta che cantare tra i nodi
di questa malattia, anche semplicemente
sognare di cantarli quei nodi, che sono
gli opalini fantasmi dei suoni. Grigiocinabro
che spacca la mente, nella tempesta
che s’apre e ritorna, il ciclo martellante
della memoria, confusa tra le spine
di questa siepe. Potare, potere e lieve
annaspare tra i fiori, senza pistilli, senza
più odori. Sfiorare quelle immobili ragnatele
di rugiada con i guanti della vita, in quella
visione che è già morire.
Le ragioni della poesia
Certo, la vera poesia si presenta innanzi tutto a noi nella sua segretezza. È sempre accaduto così. Più giungiamo a trasferire la nostra emozione e la novità delle nostre visioni nei vocaboli, e più i vocaboli giungono a velarsi d’una musica che sarà la prima rivelazione della loro profondità poetica oltre il limite di significato.
G. Ungaretti
Nella poesia non c’è ragione.
Come nella vita non c’è ragione
di esistere. Chiunque la voglia
trovare non vi entrerà mai. Ma
rimarrà sempre a citofonare
fuori da un cancello, a cercare
chiavi, a implorare un guardiano
per passare. Intravedere, tra
le sbarre orlate, quell’interno
sfocato da raggi e pulviscoli
e solo immaginare.
A dire il vero c’è chi tra quelle
sbarre si fa sottile, come nella
metafora dell’ago e del cammello,
e riesce a passare. Si perderà
però e questo è il suo prezzo.
Senza cercare sarà sempre
un trovare, smarriti e stupiti
da rami snodati, mari e montagne,
da ciò che abbiamo dentro, non
importa se anche dentro l’altro.
È l’Eden mai perduto. Ognuno
che costruisce la sua nuova
poesia in quella di un altro.
Eco e Narciso: il triste amore
tra la voce e lo specchio,
il corpo che si discioglie
in parola e il corpo che annega
nella limpidezza dello stagno.
Lo stagno che quelle stesse parole
hanno prefigurato. Tra me e voi.