Intervista a Ilaria Vassallo - Opera prima - a cura di Rita Pacilio
19.06.2017
![]() Una muta vitalità
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autori: | Ilaria Vassallo |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Intervista a Ilaria Vassallo - Opera prima - a cura di Rita Pacilio
articolo su http://www.sanniolife.it/sanniolife/?p=23295
- Cosa rappresenta per te la poesia?
La poesia è per me uno spazio libero, uno spazio in cui il tempo e il reale si fermano, scandendo la possibilità in ogni sua forma. Su carta bianca tutto diventa realizzabile, tutto è così eternamente universo, senza alcun limite che possa decretare la validità o meno di un pensiero inciso in versi. Fare poesia è coltivare ogni volta il proprio io, è dare anima e agio a fantasie, è alleggerire il rigore della realtà che ogni giorno mi vede più stretta in essa, è sostenere la libertà di questa mente che fugge da questa vita presa così com’è e dà perciò il via a fluttuanti pensieri che si fanno spirito e/o fumante astrazione necessaria nelle idee di chi legge. La poesia mi sta salvando dall’idea di un’esistenza rigorosa e senza vie d’uscita, perché coi miei versi, mi sento cielo, su una terra così lontana dal sole.
- Da cosa scaturisce il tuo progetto poetico? Chi o cosa ti ha ispirato?
Il mio progetto poetico scaturisce dall’analisi di ogni minuzioso pensiero, spazio, ambiente della realtà che vivo, la realtà più intima e personale che riempie ogni momento di quotidianità. Si fa spesso poesia parlando di grandi ideali, grandi utopie sociali, politiche, filosofiche, eppure intanto il mio mobile in soggiorno è lo stesso ogni giorno, mi dicevo, è qualcosa che è diventato ormai sfondo della mia esistenza, è quello che mi accoglie in silenzio e che, se potesse parlare, meglio di tutti potrebbe raccontare il mio più vero io. Mi hanno ispirato dunque le mura di casa mia, i centimetri quadri e la polvere nell’angolino …, tutto questo sa di me, sa di vera poesia se solo nei versi gli si dà voce e anima.
- Un libro di poesia vuole cambiare, rinnovare, ripercorrere, ripetere, ribadire, stupire … segnala al lettore altre ‘azioni’ poetiche che più si accostano al tuo progetto di scrittura in versi.
Il mio libro di poesia vuole alleggerire, ispirare, sostenere e far galoppare la mente. Tutte azioni che reggono e fanno tentennare, che rassicurano e lasciano in sospeso, senza una via d’uscita. È dunque la dinamicità a dominare, non esistono punti di equilibrio, non esiste realtà tangibile se non quella che si vive nell’io più interiore. Un percorso che mira quindi a continui colpi di scena, dovuti a possibilità di vita in ogni angolo, a voci e anime, vive anche solo nella mente di chi le sta pensando. È un progetto che mira ad alleggerire con la fluidità degli spiriti che si fanno spazio, a ispirare con i molteplici punti di vista, a sostenere perché ogni posto e fatto ci sono culla se considerati dal pensiero e a far galoppare la mente perché è a questo che in fin dei conti mira la lettura: tenerci perennemente allenati con la palestra delle idee.
- Il linguaggio poetico deve necessariamente essere pervaso da tematiche personalistiche? Cosa pensi al riguardo?
Il linguaggio poetico non deve essere necessariamente pervaso da tematiche personalistiche poiché talvolta è proprio da abbandoni della soggettività che nasce la possibilità di poter essere anche piacevolmente niente, in false ma belle parole messe su carta. È anche questa un’opzione che non va esclusa, un limite che non ci deve essere. Talvolta la soggettività di un poeta, l’interesse personale ricade nell’essere patetico e statico; fare poesia è anche aprirsi ad altri mondi con gli stessi occhi, esporre versi che possano dirsi scritti per parlare di opportunità emotive variegate e non solo miseramente per sé. Il linguaggio pervaso da tematiche personalistiche è già proprio nell’animo di ognuno, la bellezza è donare passi e sospiri ai pensieri più normalmente stravaganti che attanagliano i poeti e l’animo del mondo.
- La scrittura di un’opera prima spera in una comunicazione, civile, etica, estetica, filosofica, psico-sociologica? Quale è l’obiettivo primario: la bellezza del verso fine a se stesso, il significato, il significante?
La scrittura di un’opera prima spera in una comunicazione. Non importa di che tipo essa sia, penso sia di fondamentale importanza l’incisività con cui la si scandisce nei versi. La comunicazione filosofica è forse quella che più di tutte accomuna i diversi autori, poiché seppur in diverse tematiche, è inevitabile che venga a galla una certa aderenza a un filo conduttore. L’obiettivo primario è il significato, penso non esista cosa più valida del concetto mentale, anche e soprattutto in poesia, pur non escludendo talvolta la grande importanza che assumono il significante e la bellezza del verso fine a stesso, che smorza e crea tepore, attesa, armonia, a seconda dei versi compagni a cui è unito.
- La sofferenza e/o il silenzio sono condizioni indispensabili per fare buona poesia? C’è chi sostiene che la poesia sia morta. A cosa serve la poesia, e soprattutto, serve qualcuno e/o a qualcuno?
La sofferenza, il silenzio non sono assolutamente condizioni indispensabili per fare buona poesia; talvolta sono l’esuberanza, l’elettricità, il piacere e l’equilibrio a scatenare i versi più emotivi, più vibranti. La poesia non è morta, la poesia morirà quando morirà tutto, nemmeno l’estinzione della sola umanità potrà permetterne la morte. La poesia serve su piatti d’argento, doni per chiunque la legga, e serve agli stessi autori per farne patrimoni, per l’elaborazione, lo stimolo di novità, di visioni, di pensieri che determinano crescita, maturità in ogni stesura successiva. La poesia è forse l’anima più grande che si alimenta di menti e nutre le stesse quando la scoprono. A cosa serve, dunque, se non a rendere vive e attive le menti che la coltivano?
- Scrivono tutti e leggono in pochi. Secondo te è un luogo comune? Tu leggi poesia? Da quanto tempo? Chi sono gli Autori classici e contemporanei che hanno influenzato il tuo percorso poetico?
Non scrivono tutti e leggono in pochi. Forse si è vicini al luogo comune dei numerosi scrittori solo quando ci si trova nell’ambito, e questo è quasi inevitabile, facile notarli! Osservando e vivendo soprattutto i miei coetanei, mi accorgo che il più delle volte i pochi che leggono sono coinvolti fin troppo dai libri che hanno avanti e coloro che scrivono temono addirittura di proporsi. C’è un’ampia fascia poi, che non azzarda a mettere parola propria su carta, talvolta pur leggendo poesia; è un mondo che non si conosce e non si indaga questo, ma c’è, e la poesia è il rifugio di molti. Io leggo poesia da qualche anno e sono fermamente convinta che solo la lettura possa permettere di migliorarsi ampiamente. Gli autori che più hanno influenzato e stanno influenzando il mio percorso poetico sono senza dubbio classici quali Montale con la poetica degli oggetti e Ungaretti, e Maurizio Cucchi di cui ho avuto il grande onore di ricevere la postfazione, dopo averlo studiato con interesse e aver scoperto con grande piacere affinità con la mia poetica e con lo stile che avevo intrapreso già in precedenza.
- Quale poesia del tuo libro vorresti fosse letta maggiormente dai lettori?
Vorrei fosse letta maggiormente la poesia numero 38, “il buio mi chiama”. È forse addirittura la stessa che leggo più raramente, quella a cui dedico meno spazio nei momenti di dibattito, ma è senza dubbio quella che nei miei pensieri, pur essendo paradossale, vive con più verità. Vivo di quei versi ogni giorno, e se solo il lettore cogliesse l’estenuante voglia veritiera, che c’è, di vedere fili di cotone sgretolarsi e danzare nell’aria, di fluttuare assieme alle mattonelle della mia camera, capirebbe quanta ragione c’è in quei versi, e soprattutto quanta ce n’è in ogni pensiero che possa essere prodotto dalle nostre menti. Magari fossi criticata da qualche oggetto che si accinge a dominare le mie poesie, spesso mi dico. “Una poesia – scriveva Giorgio Caproni – dove non si nota nemmeno un bicchiere o una stringa mi ha sempre messo in sospetto”. E si riferiva alla presenza di cose comuni, vecchie, superate, rotte, grandi o piccole, che rappresentano l’ordinarietà concreta dell’esistenza umana.
- Nel tuo futuro prevedi altre esperienze editoriali? Perché?
Nel mio futuro prevedo altre esperienze editoriali perché sento la continua necessità di dar vita ai miei insani mondi, che su carta si fondono in una strana perfezione di parole che spesso sembra sappiano vivere così tanto bene insieme. Non escludo progetti interamente in prosa per ulteriori sperimentazioni e a cui sto già lavorando, ma la poesia rimarrà sicuramente la parte più libera e sana in termini di scrittura. Mi auguro di poter rinascere ancora e ancora in nuovi libri, in nuove parole e farmi spazio ogni volta tra orecchie ed occhi che intanto vagano in altro. Vagare, di notte, davanti a un foglio bianco, tra pensieri su ombre d’anime che mi circondano, è forse la cosa che più mi fa sentire viva.
Ilaria Vassallo (1998) è nata a Nola e vive a Tufino, in provincia di Napoli. Sin dai primi anni dell’adolescenza, nutre una passione intensa per la scrittura poetica accompagnata da letture e studi su poeti contemporanei. Studentessa del quinto anno del Liceo Scientifico “Enrico Medi” di Cicciano (NA), ha frequentato il “Laboratorio di poesia” del poeta e critico Carlangelo Mauro. Di prossima pubblicazione, sul n.33, giugno 2017 di “Capoverso – rivista di scritture poetiche”, un suo saggio sulla poesia di Maurizio Cucchi.