L. Mari su Pini
![]() Anatomia della fame
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autori: | Stefano Pini |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Articolo a firma Lorenzo Mari pubblicato sul blog Angoscia dell’influenza: la parola contro l’allarme il 19.1.12
Paesaggi in-umani 3./Stefano Pini, “Anatomia della fame” (La Vita Felice, 2011)
Dissipazione, idiosincrasia, infrazione, caos – in questi quattro movimenti si scompone la fame sul tavolo anatomico (e poetico) di Stefano Pini, fresco esordiente presso La Vita Felice (Anatomia della fame, infatti, è stato pubblicato nel dicembre del 2011).
Complementari alla nozione artaudiana della fame – nozione persa in forma e sostanza da molta poesia contemporanea – i titoli delle quattro sezioni della raccolta tentano addirittura di ampliarne il significato, costruendo passo passo, parallelamente, la poetica dell’autore.
Tenere questo ritmo, o comunque assumersi la responsabilità di queste dis-sezioni non è affatto facile, e forse l’autore finisce per perdersi, a tratti lambiccandosi tra il didascalico e il canzonettistico, mentre persegue questi obiettivi, che, se non sono ideali, evidenziano di certo la forza senza sconti degli assoluti.
Beninteso: la parola di Stefano Pini è tutt’altro che debole, come si intuiva già nei testi pubblicati tempo fa sul blog di Sebastiano Aglieco.
Ottiene, anzi, i risultati maggiori quando introduce un simil-discorso diretto nel corpo del testo, dando il via a intermezzi che, non sempre prosastici, creano una polifonia indotta nell’orecchio del lettore/ascoltatore, affascinandolo – ammaliandolo.
Nella canzonetta entra allora, con un’energia dirompente, la voce tagliente di un Emidio Clementi, cui non accidentalmente si deve una delle poche citazioni testuali della raccolta, oppure si fanno largo certe chiuse illuminanti, favorite da una versificazione ritmicamente consapevole e figurativamente matura – anch’esse, oggi, infrequenti.
Il tavolo anatomico-poetico, dunque, resta lì, in attesa di essere esplorato più a lungo e a più fondo. Occhio e bocca, sguardo e parola, danno segno di essere pronti a indagini più ampie e articolate, preparano una poesia di grande futuro.
Se riusciremo a salvarci, mi chiedi.
Se le vie dei padri saranno luce
scintille per il linguaggio, almeno.
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Mentre riveli l’incisione
misuro la profondità calando i polsi nudi
nel diluvio del tuo nome.
La notte non ha più occhi,
sei la sola legge viva che conosco.