«La cruna» di Salvatore Contessini su La recherche
![]() La cruna
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autori: | Salvatore Contessini |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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Scrivo di quest’ultima raccolta di liriche di Salvatore Contessini, trasportato da un impeto di entusiasmo che sempre più raramente sento scaturire dalla lettura dei libri di poesia, per una sorta di trasandatezza nella forma e nel linguaggio che sembra avere contagiato molti testi che mi trovo tra le mani.
Che cosa c’è nelle pagine de “La cruna”, da indurmi il desiderio di alzarmi dalla poltrona e recarmi al computer a scrivere le poche righe che seguono?
A mio avviso, le poesie proposte da Contessini si compongono, unitariamente, in bellezza formale e contenutistica, a partire da elementi grezzi che fanno da sfondo ai versi e che rassomigliano molto a quelli che ho trovato nei quadri di un pittore come Monet, quando dipingeva paesaggi avvolti dalla nebbia o i fumi di falò nei campi la sera o roseti e glicini sul ponte giapponese del suo giardino. In tali opere, uno sguardo ravvicinato e puntuale mostra la materia grezza, essiccata, che compone fisicamente le pennellate, ma uno sguardo a distanza compone tale materia nella bellezza sconcertante dell’opera. Monet riportò sulla tela, con una ben determinata modalità pittorica – in analogia, Contessini riporta sulla pagina, con una ben determinata modalità linguistica – quella parte di realtà che lo aveva “impressionato” (la sua visione del mondo, le suggestioni, le intuizioni e le comprensioni), evidenziando un realismo autografato tutto personale, lo fece con pacata urgenza e decisione nel gesto del pennello – Contessini con la sua “penna”. Monet si rese conto che erano necessarie nuove modalità espressive, atte a pronunciare al meglio la varietà delle sfumature delle nuove sensibilità, che si stavano delineando nella società contemporanea, ma senza dimenticare le esperienze primarie dell’uomo di natura, stretto dalla modernità dirompente della società industriale che stava iniziando ad avanzare impetuosa; allo stesso modo Contessini sembra rendersi conto, e come lui altri poeti, della necessità di una nuova lingua atta ad esprimere la contemporaneità e ciò che l’uomo sperimenta nello sviluppo del suo stesso pensiero, dal punto di vista sociale, scientifico e tecnologico: se da una parte è necessario tenere stretta a sé la propria umanità, intesa come elemento che ha radici evolutive ben precise, dall’altra è necessario penetrare nell’oggi scientifico e nei nuovi paradigmi proposti dalle nuove interpretazioni della realtà che la scienza propone nel suo procedere. Nei versi di Contessini trovo l’anelito, allo stesso tempo pacato e compulsivo, a forzare il blocco della tradizione per espandersi in diversi fraseggi che possano rendere giustizia a un mondo in rapido cambiamento, a ogni livello. In verità, per contrappeso, qua e là nei suoi versi, il poeta occhieggia alle proprie spalle verso la tradizione, si tratta cioè di uno sguardo a tergo nella certezza che tutto torna, anche la fine, e, dunque, tutto riparte, ciò che è stato ce lo ritroveremo davanti come antico e nuovo guado necessario, si tratta di qualcosa di già visto, come ad esempio l’amore, ma inevitabilmente immerso in nuovi paradigmi e rinnovato dall’anima del poeta.
Contessini fa parte di quei poeti che non si arrendono davanti all’evidenza del fallimento della poesia nella società contemporanea e cavalca versi la cui incertezza semantica è la loro stessa forza, come in una sorta di principio di indeterminazione tra semantica e forza espressiva: siamo di fronte a un sistema poetico, a mio avviso non destinato a diventare un “campo morfico” a se stante ma uno dei passaggi possibili verso nuovi “campi mentali”, adatti a descrivere, nella visione d’insieme, “le nebbie e i fumi” che avvolgono i paesaggi individuali e sociali contemporanei.
Per concludere, esprimo la mia soddisfazione a Contessini per i temi e il coraggio del linguaggio che, come una corrente elettrica, attraversa tutta la sua bella raccolta e la illumina (ma questo non vuol dire che i versi siano puntualmente perfetti, a gusto personale, qua e là, li rifilerei, soprattutto dove a sbalzi succedono in rima, a vantaggio semmai di assonanze più ampie).
In una struttura linguistica, che a tratti riecheggia aulica, si riconoscono i piacevoli tratti di un idioma scientifico come un “occhiello di chiarore”: “[…] cruna d’ago da ricamo // o flebile lucerna di memoria.”
Poesia della settimana
La cruna
di Salvatore Contessini (Biografia/notizie)
Regressi
E se i sogni fossero finestre
su porte scorrevoli dei molti mondi?
Saresti stata un’altra vita
con le visioni sui risvegli d’oggi.
Demonica persecuzione
di un ramo che è seccato a vuoto.
(2011)
Quanti
La luce a maggio è onda che predice
libera brana a un capo sciolto
che spande armoniche fluttuanti.
La radiazione profetica di un moto
con una linea d’orizzonte scosso
per precipizi di coscienza inane.
(2011)
Molti mondi
Unioni parallele di vite arate
e produzioni di creature nostre
fanno di slittamenti d’anni scorsi
porte scorrevoli da valicare.
Quanti dei molti mondi affermano
la numerosità dell’esistenza
la debole coscienza del sapere
d’originaria astronomia.
(2011)
Trilogia da sosta
Io sono altrove e il nostro incontro
accade come ritrovo. Che sia al tramonto
di uno specchio d’acqua o all’umido
di un primo piano, tutto ritorna
come se fosse un ciclo,
tutto si assesta a irripetibile passaggio.
Un intervallo, il tempo costipato,
variabile d’imponderabile movente
indugia con funzione lineare
che vive di costante incrementale.
Le mie risorse di ragione
sanno di astratta previsione
la sorte di un arco temporale
bersaglio scorto per lecita saetta.
Dimmi del cambio ciclo
e dell’umore torvo
che attende i lumi.
Dimmi di un’asola di tempo
fatta colonna della storia.
Sappiamo solo l’entità che è stata
nella del salto che ci aspetta:
se occhiello di chiarore scorto
è cruna d’ago da ricamo
o flebile lucerna di memoria.
Fissiamo sguardo che si svolge indietro
contro l’abbaglio che genera lo specchio.
(2011)
Eterica
Ti ho cercata alla finestra,
poi al terrazzo,
ma era sbagliato il giorno,
il tempo era trascorso;
non poteva curvarsi fino all’indietro.
Niente dura niente, lo so
tutto ritorna come ciclo,
anche la fine.
(2014)
La probabilità del caso
Ti trovo al treno di ritorno
con la sorpresa dell’evento raro
che si trasforma nel dilemma.
Più che concetti m’occorrono parole,
statistiche che assolvano funzione
all’andatura che assumi da vestale
al tempo che hai esaurito simile al mio.
Due volte in direzione settentrione
due volte in direzione del ritorno
metà dell’attenzione a ogni verso
e inquieta si rivolge la domanda
su bizzarria del caso.
Elaborazione dati
Non sono più uno di voi
perché non lo sono mai stato,
non sono più quello che sono
perché mai riuscito.
Tutti abbiamo la cruna stretta
e il passaggio improponibile di cima;
nessuno valuta il paradosso materiale
come flusso di quantità indulgenti
e interstizi vuoti di sostanza:
si guarda al fulvo, si pensa la criniera.
Se l’esistenza pensiamo in ologramma
possono i sogni esprimere materia?
E’ l’interrogativo che galleggia
prima che sonno rotoli dal cosmo
e la coscienza tacitata trovi l’artiglio.
[ da La cruna, La Vita Felice ]