Lina Salvi per Marco Bellini
![]() Sotto l'ultima pietra
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autori: | Marco Bellini |
formato: | Libro |
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Marco Bellini,Sotto l’Ultima Pietra,(La Vita Felice, 2013)
È naturale immaginare che il nucleo narrativo su cui incide l’ultimo libro di Marco Bellini - Sotto l’ultima pietra - sia un viaggio personale attraverso i luoghi, il tempo, la memoria. Lungo il corso dell’Adda, in un campo profughi, o poco importa se lungo un sentiero anonimo, sterrato, per giungere a quel che si può celare sotto l’ultimo anfratto, ultima pietra, presenza pulsante e viva. Si tratta anche di un viaggio alla scoperta della poesia e per la poesia che può nascondersi ovunque, basta solo avere voglia di cercarla, di accettarla.
Gli elementi che percorrono il libro sono i luoghi nativi, della memoria e della maturità, ma anche i luoghi d’elezione immaginifica, più vivi nei ricordi del poeta. Ricorre spesso in queste poesie la terra, come elemento materico, terra di concime, quella con cui ci si sporca le mani, o che annerisce le unghie. Si tratta di un legame indissolubile a cui affidare gli ultimi gesti o demandarne il senso: “…strappano il loro perché ancora/ dalla terra sporca condivisa con le talpe. /Forse…cercano l’abitudine/ alla terra, forse… per domani la terra”. (Pag. 37). Ma la terra è anche confine, luogo privo di ogni centralità, luogo sbagliato: “Alle spalle, fermate con i sassi lungo linee regolari, le tende;/ sotto: la terra sbagliata, quella che nessuno chiama casa. (pag.29), che oggi può avere un nome, ma domani possono spostarla sulla cartina.
Il poeta sembra voler raccontare tutto il precario, l’incertezza della vita che scalfisce così anche il corpo, le vertebre, una tibia, la rotula. La terra è anche oggetto di contesa, che suggerisce la lotta per il suo possesso, condita da schegge di granata, che può tagliarti le suole, che fa paura. Si risale anche alle origini, nominando la casa, l’orto, dentro gli anni della propria esistenza, una figura paterna mischiata alla terra, alle macchie di pomodoro, sempre uguali.
Esiste anche un desiderio di rivendicazione, di riscatto che trae la sua spinta evocativa dalla pianta grassa alta ventidue centimetri che un paio di volte all’anno spinge fuori le spine, o quel fiore viola. (Pag.55). Ed ecco il manifestarsi di nuove geometrie o geografie liquide che ridisegnano dentro specchi, nuovi confini, nuove provenienze o destinazioni. Qualcuno sfogliando il fango, vi leggerà una spaccatura, trattenendo con decoro memorabile il passato, abbracciando il futuro lungo la traiettoria di una tangenziale. Componendo certamente un proprio puzzle, mischiando gli elementi più cari. Cercando sotto l’ultima pietra, immergendosi nella sua più naturale bellezza.
Lina Salvi