Loredana Magazzeni per Lucianna Argentino con «Le stanze inquiete»
![]() Le stanze inquiete [2^ ed. 2021]
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autori: | Lucianna Argentino |
formato: | Libro |
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Le stanze inquiete degli ultimi
Lucianna Argentino
“Tu mi capisci, vero?” chiede la donna dallo sguardo “intriso di probità e di tiriamo avanti”. Le “stanze” di Lucianna Argentino lo sono nella doppia accezione metrica, di blocchi semantici, di moduli poetici inanellati l’uno all’altro e di stanze come luoghi vissuti, in cui si dipanano vite che in singoli brevi e acuti flash raccontano esistenze “senza lingua né cittadinanza”. Le stanze contengono nomi: Giuseppe, Anna, Rosina, ciascuno col suo carico di esperienza e di umanità, definito a volte da motti, brevi battute, altre da particolari come le unghie smaltate di argento, volti affilati, con una volontà documentaria, sociologica, attestata da documenti (lettere, disegni), quasi in una moderna Spoon River. Come un sismografo la poesia di Lucianna registra gli improvvisi smottamenti dell’anima, le frasi brevi, le sentenze, che contengono storie familiari, espedienti che mettono in atto gli ultimi per sopravvivere. Goliarda Sapienza parlò e scrisse del carcere come di un’università. Anche qui, il lavoro di cassiera in un supermercato di quartiere, in mezzo alla gente, è diventato una scuola di vita, una scuola di realtà dove riconoscere e portarsi dietro le anime degli altri, anime al macero, anime estinte, ma anche anime ariose, in cui abita “un dio partorito ogni giorno”. Queste poesie sono un osservatorio irregolare di vite minuscole o grandi, a seconda dei punti di vista, di casalinghe, bambini, anziani, disoccupati, precari, barboni, senza fissa dimora, badanti, vedove, mogli abbandonate diventate Erinni, anziane signore tornate bambine, un universo carico di rabbia impotente e a volte di frustrazione. In questa attenzione all’umano c’è un’attenzione che raggiunge anche il mondo animale e vegetale, fino alla lumaca nel cespo di lattuga. Tutti i sensi vengono mobilitati, anche l’olfatto che registra odori, (gli odori mi commuovono, mi raccontano vite/diversamente vissute”), anche il tatto. Questi personaggi sono degli antieroi, come Linda che riconosce nel suo grido il corpo straziato del figlio morto, non sono gli eroi delle trasmissioni di Fazio, hanno “lucciole sulla pelle” e nelle mani “l’odore della nascita”. La cassa del supermercato diviene una soglia da cui transitano vite coi loro fardelli colorati e pesanti di storie, come quella di Silvio, alcolizzato mistico che regala disegni di simboli religiosi deliranti dietro gli scontrini. È un libro delle ore, un libro di meditazione scritto a lato del luogo di lavoro, luogo angusto che comprime, ma invita colei che “preme e scalcia”, cioè la poetessa, a nascere alla scrittura.
Argentino si rispecchia nello sguardo degli ultimi, come loro attraversa una soglia, oltre quei piani che la separano dall’armadietto degli abiti, dai foglietti di poesia custoditi, nati “per fame e per sazietà”. Un universo di vite precarie, minime, quasi invisibili cui dare testimonianza attraverso il dialogo e il rifiuto dell’indifferenza. Nella loro restituzione, la poesia si fa laboratorio di ricerca dove esperienza personale e collettiva, pensiero e linguaggio vanno verso l'elaborazione di un possibile altrove, un’umanità per cui la parola poetica diventi una forma di denuncia e di resistenza.
Loredana Magazzeni