Loredana Magazzeni su «Enclave» di Bruno Brunini
![]() Enclave
|
|
autori: | Bruno Brunini |
formato: | Libro |
prezzo: | |
vai alla scheda » |
Loredana Magazzeni su “Enclave” di Bruno Brunini
Lo sguardo di Brunini, in questa raccolta di poesie, riflette il senso di una comunità, che soprattutto nella prima sezione, “Periferia” e nella terza, “Naufragi”, include i migranti, le minoranze, luoghi, voci, persone che incontriamo ogni giorno nelle situazioni più diverse, in queste enclave delle periferie. Ed è uno sguardo attento all’altro da noi, attraverso il quale il presente, in cui a prevalere è l’anomia,la precarietà esistenziale, il senso di insicurezza, comincia ad aprirsi all’autore, con quel tono di magia, interpretando il pensiero di Gregorio Scalise, una magia che si affida alla parola poetica come qualcosa che va oltre il puro accadimento.
Quella di Brunini è anche una poesia molto visiva, non descrittiva, ma partecipativa, che svela, che mostra, senza eccessi, con pacatezza, dove possiamo ritrovare l’archeologia dei luoghi che emergono come frammenti di un tempo dimenticato, a cui la poesia può ridare significato, come accade anche nella seconda, delle tre sezioni che compongono il libro, dedicata al lavoro.
La realtà della fabbrica, la condizione straniante di chi ci lavora, vengono infatti raccontate nei risvolti più aspri, ma sempre attraverso una scrittura non realistica, magica, leggera, rarefatta, dove la parola diventa bullone, attrezzo, pane, ciminiere, lavoro, pietra, che si carica di tutto il proprio peso e della propria memoria, ma che poi attraverso la poesia arriva a una rarefazione e a un superamento del reale.
Nei diversi modi e percorsi di questa raccolta, in cui si manifestano il tempo incerto della storia e le lacerazioni dell’esperienza personale, si riconosce l’azione dell’autore di testimone importante ed empatico di quello accade nella nostra realtà.
Attraverso questi mondi di confine senza orizzonte di Enclave, riportati in una dimensione che riguarda un destino collettivo, si percepisce nella scrittura una specie di serenità amara, che però non è rassegnazione, ma presa di coscienza di dover farsi carico di quello che c’è intorno a noi, inseguendone il molteplice divenire, con la forza espressiva di una parola poetica che diventa forma di ricerca e di resistenza.