M. Cecchetti per A. Toscano
![]() Doso la polvere
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autori: | Anna Toscano |
formato: | Libro |
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Marisa Cecchetti, su alleo.it, per Anna Toscano
Anna Toscano, Doso la polvere

C’è tanta fatica nell’ultima raccolta di Anna Toscano, Doso la polvere, (La Vita Felice ed.), si manifesta nella scelta lessicale e nell’anafora che batte talvolta fino all’ossessione: “la depressione è bianca, di quel bianco lancinante…/di quel bianco lattiginoso…/di quel bianco sporco…/di quel bianco placenta…/di quel bianco albume…/di quel bianco-viola/ che sono le labbra dei morti.”
Sullo sfondo Venezia, con il ritmo di un passo che la percorre tutta: “La storia dei miei passi / si disfa tra nebbie calli e canali / sole e sonni epocali.” E va oltre: “La storia dei miei passi / ti porta a Montparnasse in rue de la Gaité”, e porta anche a Siviglia “Siviglia è fili a stendere / incenso santo / cancelli a chiudere”. E’ un passo lungo, in una solitudine in cui entrano solo i pensieri insieme alla contemplazione della bellezza: “C’è un filo rosso e teso / attraversa Venezia /la attraversa dall’acqua al cielo./ Ciondoli e pendagli / i colonnati le cupole i rosoni, / perle infilate / le finestre i lampioni i balconi.” . Ma Venezia non dà altre risposte, si contrappone con la sua stasi, e invita a guardare solo nello “specchietto retrovisore”: “Il futuro non esiste / il futuro non arriva / nella mia città: / per quanto il mio passo sia lungo / per quanto si abbia il favore del vento / il 2 non va a più di 22 km orari.”
Il tu, l’altro, arriva e se ne va, comparsa che lascia il ricordo di “ lenzuola bianche sulla pelle” e di “mani che tremano con / un cuore che batte / forte, sulla mia schiena.” E’ l’assenza a predominare su tutto, allora il passo aiuta, insieme al pensiero: “Macino passi e macino pensieri / l’inchiostro finisce a volte /allora apro il cassetto della scrivania /quello grande quello centrale e cerco /trovo passi e trovo pensieri /perché io penso con i piedi.”
Un vuoto che pesa è quello lasciato dalla scomparsa dei propri cari, non è servita a trattenerli l’implorazione di “non prendere quel treno” che porta “al di là della soglia”. Comunque loro rimangono nel ricordo dei vivi, presenze che rimandano ad una continuità che non si spezza, che non è legata alla fisicità. E la loro assenza porta ad una diversa consapevolezza di vita, ad una maturità ed a una forza non ancora sperimentate: se c’è una persona cara che aspetta in quell’altrove, se ne va la paura, non solo di vivere, ma anche di morire: “Ho capito / che stai al di là della soglia /oltre la distanza /perché io non avrò paura / sapendo che mi aspetti.”
Il ricordo accompagna ed aiuta, ma deve esserne dosata la polvere, perché c’è la vita ancora, e questa chiede di essere difesa dall’aggressione del dolore: “E’ che non voglio più / vedere troppo, vedere tutto.”
Rimangono i colori delle stagioni, e immagini luminose e rincuoranti di intimità:
“La neve a marzo è prendere / la panna con le mani, / leccare il cucchiaio dell’impasto / uvette sparse sul tavolo. / Marzo con la neve è assopirsi / nel calore della tua parte di letto, / e svegliarsi con la primavera / impigliata tra i capelli.”
Marisa Cecchetti