Mangialibri G. Paolo Grattarola per Silvia Rosa
10.12.2014
![]() Genealogia imperfetta
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autori: | Silvia Rosa |
formato: | Libro |
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L’arcana influenza delle sublimi evocazioni di uno scenario naturale sembra resistere alla magia misteriosa, alle fondamenta di un esercizio creativo ricco di innumerevoli e autentiche suggestioni. Inconsapevolmente l’animo ha fatto arte del proprio inconscio, ritmandolo al tono di una voce poetica che invece cova in sé l’enigma, la compresenza di molti segni linguistici nell’unico effettivamente esibito. Talvolta il vigore ardito del verso si smorza inspiegabilmente e si sperimenta il limite circoscritto di un rapido presente, che lascia nell’animo sapori amari di fugacità e sensazioni profonde che si vorrebbero prolungare oltre la realtà di un breve tassello temporale: “Esistere è un sussurro,/ l’ombra rapida di una nuvola/ che nasconde la luce caduta in sorte/ al centro di un bosco di intenzioni”. Una sintassi piana e lineare assume le sembianze di una superficie nella quale l’inevitabile insorgenza dell’ombra, della nostalgia infinita dell’altro che poteva essere e che forse non sarà: “Dopotutto nelle mani non resta/ niente della notte dei giorni/ degli amori dei nomi propri detti – una litania/ infinita – infinite volte al vento”…
Silvia Rosa, classe 1976, vanta al suo attivo alcune raccolte poetiche, testi in prosa e il saggio Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile (1860 – 1960) uscito da Ananke nel 2013. In questa nuova pubblicazione non manca di personalità e di energia. Si espone e si declina con onestà al cospetto del lettore con un bruciante desiderio di rivolgersi a un 'tu' privo di sembianze identificative, a un’entità straniante che vive nell’impalpabile spazio dell’indefinito. L’alterità e l’insopprimibile necessità di comunicare, di far sapere che esiste per evitare di perdersi nell’anonimato di un io smarrito nel vuoto della totalità, costituiscono dunque il motivo conduttore di tutte le poesie contenute nella silloge. Attraverso una versificazione sciolta e scevra di archetipi formali ma che rivela nondimeno una certa robustezza di accenti, la parola rincorre invano l’immagine, non riuscendo a trovare l’aggancio tra i due opposti e rassegnandosi dolorosamente alla ricerca del senso di quanto è già trascorso, al di là del quale c’è comunque la poesia.