Marco Ercolani per Luigi Cannillo con «Dal Lazzaretto»
https://ercolani.art.blog/2024/04/15/mentre-sono-altrove-luigi-cannillo/
MENTRE SONO ALTROVE. Luigi Cannillo
È un atto complesso entrare in questo libro di Luigi Cannillo, Dal Lazzaretto (La Vita felice, 2024) con le chiavi giuste per esplorare il mondo dolente che il poeta ci descrive con pudore, a ciglio asciutto. Occorre restare discosti dall’ingresso principale e vedere da lì ciò che resta, in “futura memoria”. La poesia, sfuggita nelle mongolfiere o immersa nelle grotte di corallo, espone, nella metamorfosi delle scene, il dolore dei non più vivi, vicinissima all’angoscia dei superstiti. La voce di Cannillo è una linea non increspata, riservata e quasi silenziosa, che trattiene antiche voci in una misura segreta e personale, dove la nostalgia della memoria è anche costruzione di un discorso austero, malinconico ma non triste, attento a registrare le minime inflessioni dei destini nella scrittura, senza eccessi lirici. Libro intenso e compatto, Dal Lazzaretto, dove il ritmo poetico si annida in musiche sommesse; le virgole appaiono ma non i punti, perché non sembra esistere una fine, un a capo, per la voce che evoca e narra, poeticamente, una dolorosa continuità. Una lieve aura da “olocausto” getta la sua ombra su questi versi, che però si riservano sempre una nicchia di tenerezza autobiografica, legata ai luoghi prediletti. Alla fine della lettura, non si è certi di avere colto tutto lo spirito del libro ma resta la gioia di essersi accostati a un contrasto di ombre, gentile ma crudele, che qui ritrova la sua voce remota dal muto Lazzaretto.
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Anche la carta col tempo
si logora, il biglietto postale
si apre a fatica, si rilegge
il grigioverde sbiadito
fino alla data del timbro
maggio settantaquattro
Ma la volontà della madre
versata sul foglio resiste
il pollice calcato sulla penna
chiudeva ogni vocale in un sospiro
dal tavolo di marmo di cucina
Non è più solo dei corpi adesso
la distanza, non più provvisoria
Nessuna lettera che la misuri
Ci separa forse una linea di schermi
come lenzuola animate dal vento
Forse tu accarezzando un sipario
segui col dito le parole – e le ripeti
come fosse musica per il figlio
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L’ultimo atto: la polvere sulle cornici
lucidare i vetri, carezzando i profili
Ognuno i suoi caduti da celebrare
La memoria spalanca le terrazze
e le ombre si rianimano in corpi
colti all’ultimo scatto, nello slancio
di un sorriso in posa per sempre
L’origine appartiene al sapere
mentre il distacco lotta col mistero
Pietà per il destino che ci aspetta
nel ritratto che si va compiendo
La mia casa con la finestra aperta
e il vento che mi cerca
mentre sono altrove
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Dorme il Lazzaretto
trasportato da un treno
che lo fa scivolare nel tempo
Le valigie aperte, le smorfie
di chi lotta con il brutto sogno
Hanno spento le luci in corridoio
e il gomitolo di ombre
si gira lento su se stesso
Sospesi i ricordi in un convoglio
quello che conta adesso
è il panorama che ci sta aspettando
ancora sfumato al finestrino
Dormendo scorrono le stazioni
in paesaggi come lampi
mentre l’arco profondo della notte
porta a destinazione ignota
Dormono insieme nel suo labirinto
le vite perdute e le attuali
condividono racconto e itinerario
il movimento che ci sveglia e ci assopisce