Marta Meli (Report Cultura 11 3 18) per Adua Biagioli con «Il tratto dell'estensione»
![]() Il tratto dell'estensione
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autori: | Adua Biagioli Spadi |
formato: | Libro |
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Domenica, 11 Marzo 2018 10:53 Report Pistoia
Marta Meli (Report Cultura 11 3 18) per Adua Biagioli con «Il tratto dell'estensione»
“Il tratto dell’estensione”: l’antologia poetica di Adua Biagioli presentata alla San Giorgio
di Marta Meli
Pistoia – Cosa fa un poeta? E perché lo fa? Chi è il poeta? Dov’è e la poesia? E qual è la sua fonte originaria? “I poeti sono coloro che sollevano il segreto del vento”.
Questo verso soave è l’anima della risposta di una grande poetessa pistoiese: Adua Biagioli Spadi.
L’autrice era presente ieri pomeriggio alla biblioteca San Giorgio, assieme alla critica letteraria Ilaria Minghetti, per presentare il suo ultimo libro, “Il tratto dell'estensione” (La vita felice, Milano, 2018).
Si tratta di una raccolta di poesie che sono il frutto di un dedito lavoro durato più di due anni, dal 2015 al 2017. Un'opera originale in cui l'autrice si intercala all'interno di una lettura poetica sull'essere umano e che è fase di passaggio tra due stagioni poetiche autoriali. Nei componimenti il lettore si trova di fronte alla germinazione naturale del crescendo emozionale, un percorso che fluttua intorno alla realtà ricercando una possibile rinascita nel luogo interiore. La parola poetica si fa linea e traccia della verità, segno e constatazione, fino al candore e all’autenticità della visione. La voce poetante fa il suo ingresso nel destino in cui annoda ricordi, cammini e l’abisso segreto dell’amore.
“Un’accurata simbologia degli elementi della natura che partecipano a donare l’ordine ritmato alle parole, ricche di allegorie, come nella fragilità della foglia tremante – ha detto Ilaria Minghetti – e un colore che richiama le sue doti e passioni artistiche, come la vita paragonata al rosso-ciliegia, richiamo all’energia di un fiorire ed uno scorrere continui”.
Ispirata - in parte - dalla profondità e dalla poesia di metà ottocento della Emily Dickinson che tutti conosciamo, Adua Biagioli decide di mettersi a nudo ancora una volta. E si racconta: “La raccolta è nata da un momento di fragilità, da una serie di dubbi e di incertezze che hanno poi fatto posto al coraggio, così la poesia si è mutata in forza, rinnovamento, nutrizione, ritrovato senso”.
Adua Biagioli Spadi è nata a Pistoia nel 1972. Maestra d’arte, ha frequentato il corso di laurea in Lettere moderne presso l’università di Firenze e, qualificata Operatrice culturale dal 1995, si è dedicata alla scrittura e alla poesia. I suoi testi sono presenti in numerose antologie e hanno ricevuto interessanti premi e riconoscimenti. La sua prima raccolta di poesie, “Come pensieri”, è stata pubblicata nel 2011, la seconda raccolta, “L'alba dei papaveri”, nel 2015. Nel 2017 ha pubblicato "Farfalle", un piccolo libro d'arte a tiratura limitata di pezzi unici contenenti una poesia e disegni dell'autrice.
Nel luglio dello stesso anno lo stralcio di una poesia tratta da "L'alba dei papaveri" è stata scolpita su una stele di pietra ubicata in località San Pellegrino di Sambuca Pistoiese, nell'ambito del progetto culturale “Parole di pietra” per la valorizzazione della cultura e della montagna.
Il titolo del suo ultimo lavoro pubblicato è molto particolare: è un ossimoro che definisce l’essenza dell’opera. Come ha spiegato Ilaria Minghetti: “Una poesia che è immagine e colore insieme, un titolo dove per tratto si vuole intendere preciso, netto, definito, quasi come fosse una guida, all’estremo opposto della frase-titolo è presente il suo contrario, l’estensione, che è infinito”.
Questa raccolta, forse la più intima mai realizzata dall’autrice, è suddivisa in tre sezioni, definibili come tappe esistenziali: “La linea fragile”, “Il segno possibile” e “Perdersi non più”. Ciascuno di questi passaggi ricorda il cammino della vita e dell’esperienza; inoltre ogni nota introduttiva inizia con le parole di un autore molto affine ad Adua Biagioli: David Grossman. Ad esempio, ne “La linea fragile”, troviamo la seguente frase: “Notte fonda. Mi sono alzata e tutto mi gira intorno. Ho paura di quello che scriverò”.
Leggere Adua Biagioli significa percorrere una strada, la nostra. Un percorso a ostacoli seguito dall’armonia del tempo tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che potrà essere; un lungo abbraccio tra sofferenza e gioia, tra ciò che è vuoto e ciò che è pieno, tra paura e coraggio, tra solitudine e amore. In tutte queste espressioni non è presente però un'unica accezione, positiva o negativa. Al contrario bene e male si armonizzano a loro volta, creando un crescendo sinfonico di sentimenti, colori, essenze ed emozioni. Accettarsi, riconoscere i propri errori – spesso fortunati – agire, comprendere ed infine con grande volontà amarsi, sperare, vivere.
“Nella prima sezione è presente l’osservazione del dolore, l’ascolto di sé, l’oggettivazione, l’insegnamento – ha precisato Ilaria Minghetti – poi arriva la forza, la reazione, mentre nell’ultima sezione troviamo la consapevolezza e conseguentemente l’equilibrio necessario a dominare, almeno in parte, la propria vita”.
“Infine, capire che l’essenza della vita è nei frammenti – ha concluso la critica letteraria – cogliere il frammento significa cogliere la bellezza, come fa Adua quando esprime in un verso “l’irripetibile ebrezza dell’essere”.
La speranza è carica vitale, la resa impedisce la crescita, l’evoluzione, lo scopo. L’amore è vigore, l’amore è fonte e parte della vita anche quando sembra silente, assente, inesistente. Tutto nasce anche dal dolore. Talvolta deriva dal marciume, dall’odio, dal buio, dalle lacrime. Ma il silenzio è prezioso, è ascoltare quella voce interiore, è saper stare bene con noi stessi e poi con gli altri.
Sembra essere necessaria, così, questa duplicità di ogni cosa riflessa nel cammino che è la vita. Come recitano alcuni versi dell’antologia: “La vita è in-dolore”. È sia assenza, sia presenza. È niente. È tutto.