Novità poesia - Fruttorto sperimentale di Anna Maria Dall'Olio
03.03.2016
![]() Fruttorto sperimentale
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autori: | Anna Maria Dall'Olio |
formato: | Libro |
prezzo: | |
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«V’amo, io, libri».
La tematica sociale, ultramoderna, richiama oggetti, sentimenti, arrivando in modo brillante, scorrevole e diretto al nocciolo, un po’ come aveva operato Ungaretti a suo tempo.
La metrica stessa, incalzante e sconvolta dai canoni convenzionali, trova nel fiume della poësis la folgorazione per creare, osare e liberare quanto l’occhio e il cuore umano vede e sente. Ne scaturisce il senso dell’esistenza, intrisa di consapevolezza, drammaticità, fragilità ed esternazione per quell’essenzialità base/segreto del vero viaggio su questa madre terra.
Il tempo cura, la voce «urla» e non si ferma, testimoniando la verità mutatis mutandis di un mondo che agisce e reagisce, ma dove in primis siamo noi che con la «voglia di imparare/partecipare/inventare», possiamo poi ottenere qualcosa di unicamente diverso.
dalla prefazione di Annamaria Pecoraro
A Pescia, badalì
La chiorba mi dole, ir bombo m’allomba,
or che fo, son vecchio, m’accallo sur divano,
stamane ‘un ho attuìto, enno tutte grane,
or aùgno ir teleomando, or che fo.
Tutt’un grand’armanacca’ un aggeggià
tutt’un arrocchettìo tutt’un arruzzolìo,
un troiaio gli è divento ir mondo,
un tremoto, ‘un mi ci rinvengo punto.
Bastraoni barcocchiano su’ pà.
Biasciaostie, boddoni, un appicciùme.
Budelli s’avvorgolano alle mane.
Tutt’un buscionaio. Proprio un canaio.
La mi’ vita, l’ho fatta. Badalì.
Spengo tutto. ‘Un mi resta che morì.
A Pescia, guarda un po’
La testa mi duole, l’alcool mi stanca,/ ora che cosa faccio, sono vecchio, mi sistemo sul divano,/ stamani non sono riuscito a fare tutto, sono tutti problemi,/ ora afferro il telecomando, ora che faccio.// Tutto un almanaccare un aggeggiare/ tutto una situazione confusa un rumore confuso,/ un male assoluto è diventato il mondo,/ un terremoto, non mi oriento per niente.// Giovinastri riempiono il padre di botte./ Baciapile, grassone, un appiccicume./ Donne poco serie s’avvolgono alle mani.// Tutto un ginepraio. Proprio un casino./ La mia vita, l’ho fatta, guarda un po’./ Spengo tutto. Non mi resta che morire.
I miei occhi non si chiusero
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Papà mamma tutti salparono.
Ultim’ora. Livorno. Traghetto brucia.
Papà mamma tutti perirono.
I mieiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Sulla nave son nata.
Con lei sulle spiagge deserte,
con lei sul banco di scuola.
All’improvviso ci svegliammo:
sognammo gente salvata dal babbo,
sognavamo grumi di fumo.
I miei occhiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il dito sempre puntato sul babbo
In mezzo a tanti ma tanti marinai.
Presto si disse stop alla ricerca.
Il mouse sempre puntato sul traghetto,
poco dopo partii per altro mare.
Cosa come di chi la colpa. Cerco.
I miei occhi nooooooooooooooooooooooon
I miei occhi non si chiusero.
Percorsi incandescenti
gironi d’inferno roventi
per ore pascolai per morti.
I morti non mi vollero
i miei occhi non si chiusero.
[Si fa riferimento alla tragedia del Moby Prince, il traghetto che, la sera del 10 aprile 1991, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo al largo del Porto di Livorno. Nel rogo successivo allo scontro morirono 140 delle 141 persone a bordo del Moby Prince tra equipaggio e passeggeri. Unico superstite, il mozzo Alessio Bertrand.]
Giardino sperimentale
Ultim’ora: il Giappone è fuori dal mare.
Case senza spazio sprecato
luoghi mattinanotte saturati
per demoni propri non resta posto.
Su tutto: sovrana luce imperante
e dilaga la musica incessante:
la notte è giorno, giorno è notte.
Terra di passaggio di folle
la presa diretta del disincanto
l’offerta che bilancia la domanda.
Ultim’ora: il Giappone è dentro il mare.
Un terremoto serpeggia s’irradia
con lingue di drago tsunami incalza:
affonda statistiche e le certezze.
Fukushima, bara di luce schiantasi:
immortalati spasimi facciali
strazi smorfie menomazioni.
Maestri occidentali, tracciate
tre cerchi attorno alla centrale
sedete: non potrete scongiurare
la spirale sconfinata d’energia
a basso costo (non di vite umane)
nel nostro giardino sperimentale.
[Il disastro di Fukushima Dai-ichi è una serie di quattro distinti incidenti occorsi presso la centrale nucleare omonima, a seguito del terremoto e maremoto del Tōhoku dell’11 marzo 2011.]