Novità poesia: Marco Bellini- Sotto l'ultima pietra
![]() Sotto l'ultima pietra
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autori: | Marco Bellini |
formato: | Libro |
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Nella raccolta Sotto l’ultima pietra si coglie l’unica alternativa possibile di poesia e di pensiero di un dinamico viaggio necessario per l’autore che ci persuade, nello spazio aperto, ad impastare, simbolicamente, gli universi antropici manifesti/impercettibili con la consapevolezza e il coraggio di riconoscerne limiti e confini, senza scampo.
Il lessico poetico tende a manovrare, con volontaria chiarezza, la geografia interna ed esterna della semplice e complessa combinazione del reale che si modifica tra esperienze, ricordi, visioni, ma soprattutto, percezioni differenti della parola autentica con cui si misura il cosmo. La pietas scava nelle forme, nei luoghi, negli accadimenti umani visibili e tragici per entrare nel teatro del corpo delle cose che trasudano di quotidiano, così da mostrare le prospettive che non sfuggono allo sguardo doppio e polifonico del poeta.
Bellini non si sostituisce a stereotipi linguistici e subliminali. Penetra, invece, con profondo svelamento, la fessura del vero, ne riconosce la molteplicità dei destini, li attraversa, fino alla radice più impenetrabile rivelandoci l’emblematica e sottile fragilità umana.
dalla sezione SEGUENDO L'ACQUA (L'Adda)
La radice
Nelle valli che guardano Bormio
la nascita dalla morte dei ghiacci
come il predatore dalla preda.
I rumori dei millenni sciolgono gli spigoli,
i gocciolii muovono le pietre, si scoprono i fossili.
Finisce un tempo solido, il primo rigagnolo
tra i muschi e il filo spinato di una guerra
cerca un solco; ne farà un letto.
L’ombra del muso, sopra si muove un camoscio.
Da lì si stacca verso paesi appoggiati
luci gialle, pentole e tinozze per i giorni.
Saranno trecentotredici chilometri.
Scomposto il braccio
Il lago portò un corpo, una restituzione
incerta, una confessione tra le barche
a riposo. Scomposto, il braccio piegato
a indicare le case di Pescarenico, il lavatoio
le mani di donne chinate e il sapone
a levare i sogni, le bottiglie d’acqua
appena discoste dalle porte, così
per la distanza dei gatti. La somma del tempo
in quella carne faceva ventidue anni
il nome non si leggeva.
Domani ne avrebbero parlato
se non c’era altro.
dalla sezione SOTTO L'ULTIMA PIETRA
Le dita sulla rete
(Un campo profughi nel terzo millennio)
Alle spalle, fermate con i sassi lungo linee regolari, le tende;
sotto: la terra sbagliata, quella che nessuno chiama casa.
Stanno in piedi, lo sporco dietro le orecchie, le mosche
sulle pieghe sudate; tengono le dita sulla rete, guardano
lo spazio, una linea diversa che sia una proposta.
Chissà se provano a fare il conto: la distanza dalle colline
che ogni notte si spengono e mettono a letto le cose,
una sedia, una coperta piegata di fretta. Oggetti lasciati
nell’urgenza del distacco, o forse per appartenere ancora.
Là tra i ciuffi e le rocce, si tiene la possibilità
di tutte le direzioni, un’altra luce, un ritorno. Lo sanno,
domani niente sarà più vicino e la coperta ancora perduta.
A qualcuno toccherà fermare lo sguardo, tenerlo sopra,
misurare il perimetro, la rete che tiene fuori la paura
e dentro li fa stranieri. Si dovrà mettere qualcosa al servizio:
un passo, o l’avanzo sporcato del tempo gettato. Lo sappiamo,
qualcuno dovrà guardare sotto l’ultima pietra.
dalla sezione DNA
Ti ha scelto la primavera, quei giorni
colorati nei diari, per chiudere il cassetto
e andare contromano al sole.
è il corpo che si ferma, così
l’acqua gettata che rallenta piano sul pavimento
il tegamino per il tè sull’angolo del tavolo.
Un senso che ti è venuto a noia
la voglia di non spiegare, i figli lontani
tornati prima del senso di colpa
ti guardano: «poverina».
Prima la sedia, poi il tappeto
(e se possibile ancora più giù) così accoglienti.
Basta; le briciole di pane sono interrotte
già si erano fatte rade, hai allungato la mano
toccato la terra che ti ha presa
sotto l’ultima mollica, con tutto il tuo silenzio.
dalla sezione GEOMETRIE LIQUIDE
Geometrie liquide
Il mondo dentro lo specchio ha confini certi
e noi siamo fuori, andiamo cercando
le forme geometriche fissate nelle conchiglie.
Colonne di spigoli e luce il quarzo
impermeabile al tempo, il suo attraversare
l’onestà della permanenza, domani ancora lì
dove aderiscono la provenienza e la destinazione
nella stessa sabbia o roccia
a replicare la serenità dell’ombra
ad ogni interrogazione sfuggita alle nubi.
Noi dentro un atto di buio andiamo fuggendo
quel tratto del caffè, la caduta
dal beccuccio alla tazzina
quello spandersi liquido con il ventre molle
la forma di un aroma
esposto e subito perso
nella stessa sabbia o roccia.